Gli insulti nei reality show?
I reality show sono pensati per “scatenare la rissa verbale” e quindi essere apostrofati con un’offesa in quel contesto non è reato. Nemmeno se l'offesa viene replicata fuori dal programma data la “naturale tendenza del pubblico all'imitazione di quanto apparso in televisione”. La Cassazione ha assolto dal reato di diffamazione un naufrago, Samuele Saragoni, che partecipò al primo reality show trasmesso nel nostro paese da Italia 1, 'Survivor', e che apostrofò con l'epiteto 'pedofilo' un altro concorrente, Franco Mancini, per le attenzioni che rivolgeva a un’altra concorrente molto più giovane . In proposito la Suprema Corte (V sezione penale, sentenza 37105), si è allineata al giudizio della Corte d'Appello della Capitale che aveva osservato che “l'uso della parola 'pedofilo' era stato scherzoso, come evidenziato anche dal fatto che” il naufrago non famoso Samuele Saragoni “aveva inteso riferirsi alle attenzioni rivolte da Franco Mancini ad una donna molto più giovane di lui, ma pur sempre adulta”. Il fatto è che quando il reality è finito il naufrago continuava ad essere sfottuto con quell'epiteto anche a casa, dagli amici. Per questo si era sentito diffamato. Per la Corte di cassazione anche i “pesanti sfottò subiti” sono conseguenza “della notorietà volontariamente acquisita dal naufrago con la partecipazione a quella trasmissione televisiva” che porta una “naturale tendenza del pubblico all'imitazione di quanto apparso in televisione”.