Piccoli schermi e canzoni
Sanremo, al Festival canta solo Fazio
In un’industria culturale che seguita ad avere come bussola un conformismo sempre più deprimente e inerziale, le schegge impazzite sono un’assoluta rarità. Una delle poche è Fulvio Abbate, scrittore palermitano nato nel 1956 e trapiantato a Roma, il quale esercita la sua scoppiettante militanza intellettuale compiendo scorribande un po’ in tutti i territori della comunicazione. L’ulti - ma esternazione l’ha consegnata al suo amico Roberto D’Agostino, per cui da ieri pomeriggio, all’in - terno di Dagospia, è possibile leggere (e già migliaia di utenti lo hanno fatto) un veemente invito all’ostruzionismo nei confronti della prossima edizione di Sanremo. «Caro Roberto, posso dirti che sto sperando nel boicottaggio del Festival?», scrive un Abbate in preda a furori per niente astratti. «Di più, ne sogno il blocco. Lo sogno in nomedi Situazionismo e libertà, il ripugnante movimento che ho fondato tempo addietro». Il bersaglio principale del narratore siciliano (di cui è appena uscito il nuovo romanzo, Intanto anche dicembre è passato (Baldini& Castoldi), bizzarro libro di «memorie reinventate» in cui l’autore immagina di avere avuto come zio Adolf Hitler) è un am biente politico-intellettuale che lui, interpellato telefonicamente, definisce così: «È il clientelismo dal volto umano di una sinistra che muove da Veltroni e va verso Renzi». Quelli di Abbate sono in effetti gli strali di unuomodi sinistra deluso. Un altro passaggio della sua missiva a Dagospia recita: «Ci pensi che per decenni abbiamo ritenuto fallacemente che la sini amstra fosse sinonimo di rivolta e invece era semmai un ente provinciale del turismo, una pro loco clientelare, ovviamente clientelismo dal volto umano, eppure pur sempre tale, condito di zuppa di farro, di tacco basso, di sobrietà del cazzo e della fica al post-patchouli?». Domandiamo ad Abbate in che modo potrebbe attuarsi un sabotaggio di Sanremo che rendamanifesta la presa di distanze da una sinistra come quella da lui così impietosamente descritta. «Sanremo è uno dei massimi simboli dell’ipocrisia che io denuncio. Non so di preciso in quali azioni (tassativamente non violente, è ovvio) potrebbe tradursi il boicottaggio del Festival, quel che è certo è che la fetta di coloro - specie tra gli stessi artisti e cantanti - a cui quest’ipocrisia fa schifo dovrebbe trovare il modo di rendere noto il proprio punto di vista producendo un minimo di disturbo. Come avveniva nel ’68 in occasione della prima alla Scala». Cosa, del Sanremo del prossimo anno, infastidisce di più Abbate? «La presenza pressoché in blocco della P2 culturale veltroniana del Paese: Fabio Fazio, Michele Serra e Francesco Piccolo. Me ne sbatto che il direttore musicale sia Mauro Pagani, ex collaboratore di De André: basta dare un’occhiata alla lista dei selezionati per capire che lavoro di uncinetto clientelare sia stato fatto». Qualche nome? «Per quale motivo c’è Cristiano De André se non per il fatto che Fazio e Pagani sono amici di famiglia di Dori Ghezzi? Esiste qualcuno che ricordi una sola canzone di Cristiano De André? Oppure Ron, col suo parrucchino… Ma perché queste cose devo dirle io, che Sanremo non l’ho mai sopportato, e non le dice qualche cantante o cantautore?». L’anno scorso, in tandem con Rudy Marra, Abbate si è a sua volta cimentato conunacanzone. Il titolo è“Da NordaSsudd”e ha un verso che fa: «Noi vogliamo andare oltre ilmatrimonio omosessuale e sogniamo per tutti il divorzio omosessuale! ». Roba capace di fargli venire gli incubi, a Fabio Fazio e soci. di Giuseppe Pollicelli