Premi anti Trump
Oscar 2019, miglior attore Remi Malek, "Green Book" vince come miglior film
Una commedia di amore e amicizia, Green Book, ha vinto l'Oscar per il miglior film alla 91ma edizione degli Academy Awards. Non era fra i favoriti ma era in qualche modo in perfetta linea con una serata i cui temi di integrazione hanno monopolizzato l'intera cerimonia. Insomma, una sorta di Oscar buonista anti Trump. La storia del viaggio del musicista Don Shirley e del suo autista nell'America profonda e razzista degli anni Sessanta, ha vinto tre statuette importanti, oltre a miglior film, anche migliore attore non protagonista, Mahershala Ali e migliore sceneggiatura originale, scritta tra gli altri da Nick Vallelonga, attore e sceneggiatore italoamericano che si è basato sulla reale esperienza del padre, che fu davvero l'autista del musicista jazz in quell'epico viaggio che sfidò la segregazione razziale e l'intolleranza del tempo. Ali non è stato l'unico attore afroamericano a vincere in questa serata di rivincita per le minoranze. Regina King, per Se la strada potesse parlare, è stata la prima della cerimonia a stringere in mano una statuetta: migliore attrice non protagonista. Poi Spike Lee, per BlacKkKlansman, ha ottenuto il premio per la migliore sceneggiatura non originale e ha infiammato la platea degli Oscar con un discorso molto politico: "Le elezioni 2020 sono dietro l'angolo, ricordiamocelo, possiamo fare una scelta di amore e non di odio". Ha ringraziato la bisnonna e "che era stata una schiava. Rendo omaggio a lei e ai nostri antenati, grazie al loro sacrificio siamo qui, grazie per aver costruito il Paese e sopportato il genocidio dei nativi". E poi c'è Roma, di Alfonso Cuaron, regista messicano che vinse l'Oscar per Revenant con Leonardo di Caprio. Il suo è un altro film dalla forte connotazione sociale, grande favorito della vigilia, che racconta la storia della domestica di famiglia nell'infanzia del regista messicano, a Mexico City. Roma, prodotto da Netflix, ha vinto premi importanti: miglior film in lingua straniera, miglior regista, migliore fotografia. "Questo film è dedicato ai 70 milioni di collaboratori domestici che lavorano nelle nostre case e che di solito sono relegate nello sfondo dei nostri film - ha detto il regista messicano - Gli immigrati e le donne proiettano il mondo in avanti". E poi c'è Rami Malek, vincitore dell'Oscar per il migliore attore protagonista con Bohemian Rhapsody. "Sono il figlio di immigrati egiziani, americano di seconda generazione, non ero la scelta più ovvia ma a quanto pare ha funzionato". Insomma, altro che Mahmoodn. Bohemian Rhapsody è il film che ha vinto di più, quattro statuette, le altre però tutte tecniche: montaggio, sound editing e sound mixing. Anche il premio per la migliore attrice protagonista è andato a Olivia Colman, straordinaria sovrana malata ne La Favorita. Ha battuto Glenn Close, che, nominata sette volte agli Oscar (questa volta per The Wife) non ha mai vinto. Praticamente la Toto Cotugno dell'Academy Awards. La Colman ha battuto anche Lady Gaga che si è rifatta con il premio alla migliore canzone, Shallow, da A Star is Born, forse il film dal risultato più deludente della serata che, a fronte di otto candidature ha portato solo quella andata alla cantante.