Intima

Laura Antonelli, la fine straziante di un mito: "Ecco come viveva negli ultimi anni della sua vita"

Giulio Bucchi

La fine di Laura Antonelli è una delle storie più tristi e strazianti del mondo dello spettacolo italiano. La diva di Malizia, una delle attrici più belle e carismatiche del cinema degli anni 70 e 80, ha vissuto un calvario fatto di accuse di spaccio di droga, processi, carcere, isolamento, una metamorfosi fisica e psicologica che l'ha di fatto resa irriconoscibile, negli ultimi anni della sua vita (è morta nel 2015), anche a chi la conosceva bene.  A testimoniare questa agonia, sul Corriere della Sera, è Francesca D'Aloja, scrittrice, attrice e regista che per alcuni anni è stata di famiglia con la Antonelli. La diva infatti era fidanzata con il fratello della D'Aloja. "Era più grande di lui e molto più grande di me, ma nonostante la differenza di età si stabilì fra noi un'intesa immediata. Forse in me riconosceva lo stesso ingenuo entusiasmo nei confronti di un lavoro che a lei aveva dato tanto ma che sapeva essere ingannatore", spiega. "Il declino verso cui sarebbe scivolata era ancora lontano, ma i segnali, seppur labili, erano già presenti, anche se nessuno di noi, di fronte alla bellezza ancora impressionante dei suoi quarant'anni, alla dolcezza della sua voce da bambina, alla gentilezza che avvolgeva ogni suo gesto, avrebbe mai potuto immaginare la pena che l'attendeva". La Antonelli poi lasciò il fidanzato della D'Aloja e le due donne si ritrovarono quando il compagno della più giovane, Marco Risi, venne a sapere che la Antonelli, dopo il carcere e le peripezie che l'avevano portata a perdere quasi tutto, era finita a vivere a Ladispoli in condizioni di estrema indigenza. La D'Aloja la chiamò al telefono: "La sua vocina da bambina faticava a emergere fra le parole impastate di tranquillanti e alcool però c'era, era ancora lì, cristallina e innocente. Le chiesi come stava, pentendomene amaramente subito dopo". Laura infatti era preda di deliri religiosi, sosteneva di poter parlare con i morti. Poi la andò a trovare: "Stava seduta su un divanetto sfondato in una stanza buia semivuota. Accanto un tavolino su cui era poggiato il telefono, di fronte una libreria sguarnita, con soli tre volumi. La abbracciai forte e faticai a non piangere. Lei sorrise e quello fu l'unico dettaglio, insieme agli occhi, liquidi e belli, che mi permise di riconoscerla. Il resto era scomparso".  L'ultima volta, scrive la D'Aloja, "volle farmi un regalo. Prese uno dei tre volumi, e sul frontespizio scrisse una dedica: A Chicca da Laura con tanti auguri e buona lettura. Era la Bibbia".