Mito sexy
Barbara Bouchet compie 70 anni: "Solo Tarantino crede ancora in me"
Settant’anni. E una vitalità, una grazia, uno humour, una voglia di raccontarsi che sono giovani, giovanissimi. Barbara Bouchet è stata il sogno proibito degli italiani, per un mare infinito di film negli anni ’70, e giù a seguire fino al presente. Lei, bionda, Venere leggera, ironica, a fare impazzire Lando Buzzanca, Lino Banfi, e con loro tutti gli spettatori. La nostra BB. Sexy come quella francese, e più lieve, più amichevole. La nostra BB compie adesso 70 anni. Ma sembrano venti di meno. Li ha compiuti a Ferragosto: ha festeggiato insieme alle amiche, quelle con le quali non parla di cinema. Vuole stare serena, lei. Il cinema ha preso un posto fin troppo grande nella sua vita: fin da quando era ragazzina. Il cinema era il sogno, la terra promessa di una vita nata tutta in salita, tra l’Europa e gli Stati Uniti. Barbara, lei è nata in quella che ora è Repubblica Ceca, e prima era Germania. Poi che cosa accadde? «Accadde che nel dopoguerra c’era molta miseria. La mia famiglia lasciò la Germania, e andò negli Stati Uniti, quando io avevo dodici anni. L’America era un sogno. Ma finimmo tutti a lavorare nei campi di cotone, nel caldo più caldo della California!». Anche lei, così giovane? «Tutti. Chissà che vita sarebbe stata, se non avessi trovato il coraggio di andare a Los Angeles». Andò per fare il cinema? «Avevo vinto un piccolo concorso di bellezza. Il cui premio era un provino a Hollywood. Ma era una truffa, quel provino non me lo fecero mai. Ma io a Hollywood ci andai lo stesso. Da sola, contro il parere di mio padre. Lui venne a Los Angeles per riprendermi. Ma io ero cocciuta. Non mollai. Gli ho dato un grande dolore, me ne sono resa conto dopo. Ma non potevo fare diversamente». Così rimase a Hollywood. Quanti anni aveva? «Quindici. Per mantenermi, da sola, ho venduto polli, venduto scarpe, ho fatto tutti i lavori. A vent’anni, Otto Preminger mi mise sotto contratto: e il mio sogno si avverava. Ho lavorato con Mitchum, Jack Lemmon, David Niven, con Marlon Brando». Poi, il suo arrivo in Italia. Dove è diventata una star assoluta. «Era un altro mondo. A Hollywood stavano tutti zitti quando giravano un film. A Roma, un caos! Ma in quel caos, ho conosciuto dei colleghi straordinari: Lando Buzzanca, Ugo Tognazzi, Lino Banfi. E registi come Salce, come Bolognini, costumisti come Piero Tosi...». Beh, li chiamavano «B movies». Ma alla fine non erano tanto di serie B… «In Italia li consideravano tali. Ma non mi è mai importato troppo: la gente amava quei film, io lavoravo bene, giravamo il mondo...». E poi era un mito per milioni di italiani. «Ma di quello, se è accaduto, non me ne accorgevo mica. Ogni tanto incontravo qualcuno che mi diceva: "Ho fatto tanti sogni su di lei", e pensavo: beh, sognare è una cosa bella!. Ma non ci facevo caso. Poi, a Venezia, quando ho incontrato Quentin Tarantino, ho capito qualcosa di più». Come è stato l’incontro con Quentin? «Sembrava un ragazzino! Gesticolava, mi abbracciava, mi ha detto "I'm a big, big fan of all your films!", e ha voluto vedere un mio film insieme a me, a Venezia. E un secondo guardava il film, un secondo guardava me... Non lo avrei mai immaginato nella vita!». Anche Martin Scorsese è tra i suoi fan… «Quando mi ha chiamata per Gangs of New York, mi ha baciato la mano e mi ha detto: "Signora, ho visto tutti i suoi film. Sono onorato che abbia accettato questa parte con me". Avevo i brividi». Adesso come vive quando non è sul set? «Mi piace dipingere. Quadri astratti. Amo Kandinskij, Balla, le avanguardie del Novecento. Ho avuto anche un dipinto esposto alla Biennale. E poi ho un sogno: aprire uno spazio per la danza. Dove persone della mia età possano ballare. Ma come vogliono loro, al ritmo e con i movimenti che vogliono. Perché la salute, come la felicità, è un fatto soprattutto mentale». E alla tv o al cinema, quando la vedremo? «Lo dico ridendo, ma sono in pensione forzata! Non ci sono ruoli per signore della mia età. Eppure ci sarebbe un pubblico enorme, straordinario. Tutte quelle donne che, a settant’anni, amano, si emozionano, sognano o in una parola: vivono nella pienezza del vivere». di Luca Vinci