Teletribuno alla canna del gas
Il Lele Mora dei poveri infanga il Cav da Santoro
di Andrea Morigi Per Francesco Chiesa Soprani è giunto il momento di un’effimera notorietà. Dopo averla cercata invano negli anni scorsi attraverso interviste a Vanity Fair e a Novella 2000, ieri è approdato finalmente a Servizio Pubblico su La7 grazie a una serie di rivelazioni piuttosto stantie, già smentite a più riprese dagli interessati, su Silvio Berlusconi. Il succo della vicenda è un residuo della cronaca scandalistica del 2009: «Noemi mi disse di come conobbe il premier e mi spiegò che quando era minorenne, a Roma, ci fu un rapporto consenziente». Insomma, la ragazza di Casoria, divenuta famosa perché il Cavaliere aveva partecipato a una sua festa di compleanno, è ancora in grado di far rimbalzare sui media chiunque sparli di lei. Perfino Chiesa Soprani, mosso a suo dire da una passione civile che supera il rispetto della reputazione della involontaria protagonista, di cui afferma di essere stato «agente». Del resto, si giustifica, «questo segreto non fa male a Noemi, questo segreto fa male agli italiani. Di conseguenza non voglio che l’Italia venga governata o comunque che gli italiani non si rendano conto di chi è una persona». Un moralizzatore, insomma, tanto da dirsi addirittura disposto a rischiare la propria vita per denunciare che Berlusconi «non era amico del padre, e siccome questo lo so, lo voglio dire agli italiani. Italiani: non era amico del padre. Domani mi minacciano? Domani mi sparano? Sono contento così». Se divenisse il primo martire antiberlusconiano, sarebbe un’occasione di riscatto per uno che a Piacenza, dov’è nato, è noto come «il Lele Mora dei poveri». Aspirava a essere agente di star, senza essere mai uscito dal sottobosco del sottobosco del mondo dello spettacolo. Nel suo sito web, attualmente inattivo, si presentava così: «Da anni, si muove nello showbiz mettendo in contatto artisti, aziende, produttori televisivi ed organizzatori di eventi». Ora si definisce soltanto «imbrattatore di tele ed ex agente televisivo». Forse intendeva «imbrattatore attraverso la tele(visione)». Si ricava comunque, dai suoi profili su Facebook e su Twitter, un’inquietante serie di autoscatti che ritraggono i suoi tatuaggi: un’ascia bipenne sulla schiena, una svastica tracciata sul polso appena sopra la scritta che campeggia sull’avambraccio sinistro: «Io odio tutti». Tuttavia Michele Santoro, forse un po’ a corto di personaggi da invitare in studio, non può andare troppo per il sottile. Magari il conduttore e il suo staff hanno trascurato il contenuto di un messaggio del 30 marzo scorso, nel quale Chiesa Soprani individuava i suoi obiettivi: «Per me negri o meno rimangono degli indiani bastardi che vanno bruciati dopo aver restituito i due marò». Aveva appena cambiato orientamento politico. A Beppe Grillo, il giorno 28, aveva scritto: «Le tue idee sono troppo avanti per essere recepite da una classe dirigente stantia vetusta ed impolverata». Non ricevendo risposta, era andato all’assalto del finto profilo di Gianroberto Casaleggio, rimproverandolo: «Apprezzo la sua ambiguità ma non concepisco non dare fiducia al Pd sapendo che la si poteva ritirare al loro primo errore!». Inascoltato stratega, il 4 aprile si era rivolto al quotidiano La Repubblica, proponendosi così: «Io so tutta la verità su Ruby e queste bugie pro Silvio mi hanno stancato fatemi parlare!». Deluso dal silenzio di Largo Fochetti, il giorno successivo ci riprova con il direttore del Tg5, Clemente J. Mimun, che non raccoglie la provocazione indirizzata indirettamente a Mediaset perché il suo maggior azionista intenda. Il metodo assomiglia vagamente all’approccio nei confronti dei vip già utilizzato da Lele Mora e Fabrizio Corona, con i quali peraltro Chiesa Soprani ha intrattenuto una lunga collaborazione professionale. Ora forse è un po’ a secco di quattrini. La curiosità rimane, anche perché vanno a vuoto i tentativi di contattarlo al telefono per verificare l’ipotesi che la sua apparizione televisiva sia stata retribuita.