Tiè
Come rosicano i comici ideologizzati per il successo di Checco Zalone
Avevamo scritto ieri dello spettacolare successo dell’ultimo film di Checco Zalone e delle sue ragioni, nonché del comico fenomeno di chi un tempo lo snobbava e ora se ne spaccia intenditore, fan e perfino esegeta. Credevamo concluso l’argomento, ma in sole ulteriori ventiquattr’ore si è scatenato un inferno peggiore di quello esaminato appunto ieri. Accanto agli amatori dell’ultimo minuto, stanno iniziando a sfilare i relativisti. Enrico Vanzina, che col fratello Carlo è una pietra miliare del cinema comico italiano, parlando dei clamorosi incassi di Zalone, ha dato importanza alla pioggia che «è arrivata proprio la notte dell’uscita del film». Se fosse stata determinante, ogni weekend piovoso decreterebbe un pari campione d’incassi: così, purtroppo, non è... Tuttavia, consigliamo a Checco di non portare in sala un film ogni triennio, ma ogni nubifragio, fosse vera la teoria meteorologica del suo successo. Va detto che, nel resto delle sue dichiarazioni, Enrico Vanzina dà atto che il personaggio di Checco sia «grande» e lo paragona addirittura a Totò. La vera acidità verso Checco risiede altrove. Giacomo Poretti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, ha detto: «Siamo lontanissimi da Zalone: lui pretende di fare satira, noi siamo surreali». Vero. È molto surreale rosicare per il successo altrui e farne pure pubblica dichiarazione. Francesco Bruni, sceneggiatore del regista Paolo Virzì, si è detto infastidito «che il suo successo venga brandito per prendersela con i “radical chic” della situazione. Cosa vorrebbe dire, che tutti gli altri registi sono sfigati e fanno solo film pallosi?». È come se la seconda arrivata a Miss Italia interrompesse la premiazione del concorso per esternare uno psicodramma al grido di: «Allora io sono seconda perché sarei una racchia?». Davvero incondivisibile e saccente appare l’ultima riflessione di Bruni: «Dovremmo essere contenti se solo un 5% degli spettatori di Zalone entrerà di nuovo nelle sale dopo questo periodo». Come a dire che Checco piace a un pubblico troglodita che al cinema va solo per lui. Se così fosse, i cinema italiani sarebbero chiusi da un pezzo. L’Oscar della rosicata acidissima lo vince però il comico Andrea Rivera. Sulla sua pagina Facebook ha scritto: «Ma perché se uno critica Checco Zalone è invidioso? Gente che dice che è laureato e suona bene! Sapete quanta gente laureata sta a lava’ i piatti? E quanti laureati a volte distruggono il nostro paese? Dipende il potere come li usa... E basta co’ ’sta storia che fa muovere l’economia... La sua de sicuro... Aridatece Troisi e Nuti... Anche se è impossibile. Grazie. Ps: se vuol esser davvero utile al paese visto che è pugliese venisse a Taranto magari donando l’8x1000 dell’incasso del film all’ospedale dove si combattono i tumori. Checco sei il benvenuto!». Regola dell’invidia vorrebbe che, se proprio non si riesca a non provarla, almeno lo si faccia in silenzio. La critica comunista a Checco identificato come capitalista è inascoltabile e patetica. Soprattutto perché l’ultimo quarto d’ora di Quo vado? è un chiaro messaggio ad aiutare i bimbi africani. di Gemma Gaetani