In sala

Dracula 3D: il nuovo horror di Dario Argento è tutto da ridere

Giulio Bucchi

  di Giorgio Carbone Il 22 novembre esce nelle sale Dracula 3D, il ventitreesimo film di Dario Argento. Qualche lettore vuol sapere com’è  (è stato presentato in prima mondiale lo scorso maggio a Cannes). Qualche altro pur non avendolo ancora visto, è sicuro che si tratta di una puttanata.  Da cosa lo arguisce? Dal trailer (che si può agevolmente rinvenire su internet). Se il trailer è brutto, il film deve essere orrido. Vado al cinema dal lontano 1948 e non ho mai assistito al contrario. Nel trailer assistiamo al meglio, il resto (cioè la pellicola intera) può essere (è) fuffa. Tra gli esempi più recenti, Silent Hill revelation  che ha un «prossimamente» da capolavoro dell’horror, bellissimo e  bugiardissimo, perché poi il  film completo si dimostra uno squallido videogame. Bene. Il Dracula di Argento è un brutto adulto annunciato da un brutto bambino (cioè il trailer). Non è come qualcuno ha voluto azzardare un revival degli horror inglesi della Hammer con Christopher Lee,  semmai dei terrificanti spagnoli degli anni ’70 quando la penisola iberica (non ancora affrancantasi dal franchismo) aveva il più brutto cinema d’Europa (oggi è un’altra musica,  gente come Jaume Balaguerò  e Guillermo Del Toro insegna horror al resto del mondo). Per un vigliacco scherzo del destino, il grande Dario s’è messo a copiare le antiche puttanate terrificanti di Jesus Franco, Lara Polop, Armando De Ossorio. Il livello qualitativo è quello: fotografia lurida, attori cani (persino Rutger Hauer: cosa di fa per i tre pasti quotidiani!), effetti speciali da area depressa. E per rendere l’operazione ancor più  deprimente, molti passaggi, non a grandissima richiesta, di Asia Argento discinta (arridateci Monica Bellucci). Qualche collega, dopo essere uscito sconvolto dalla visione cannense, ha azzardato un’interpretazione benevola. Il film sembra una parodia perché la è. Il grande Dario avrebbe voluto deliberatamente  prendere per i fondelli il genere (l’horror) che gli ha dato la fama. Un’ipotesi che ci sentiamo  di escludere senza incertezze. Tra le molte doti di Argento (anche umane, è di un’imprevedibile modestia) non c’è l’ironia. La fortuna dei suoi film più famosi (da Profondo rosso a Suspiria) nasceva dal fatto che riproducevano incubi che avevano tormentato il regista  nelle sue notti romane.  Con gli incubi  nessuno scherza. Semmai se ha doti creative (come Dario) li trasferisce sullo schermo. Morale, Argento è probabilmente bollito. Com’era evidente (per tutti tranne  che per Walter Veltroni) già qualche anno fa  quando La terza madre fu presentato incautamente al Roma Festival. In realtà l’età (72 anni) non sarebbe in sé quella della bollitura (il coetaneo Marco Bellocchio gira ancora ad alto livello). E difatti Dario prima ancora di aspettare l’annunciato insuccesso  di Dracula prepara  un remake di Suspiria. Se questa è la sua intenzione dia retta il regista romano a un suo fan della prima ora: torni ad andare al cinema. Ci andava ogni giorno quando ci incontrammo circa  40 anni fa.  Lui  era alla sua prima direzione,   L’uccello dalle piume di Cristallo,  però mostrava un’agghiacciante sicumera. «Sono sicuro di far bene. Dopo quattro anni  da critico cinematografico (uno, due film al giorno) credo di aver imparato tutto quello che c’era da imparare». Aveva ragione. Ma ora forse ha disimparato. E allora il consiglio è: torni in sala e si faccia un’abbuffata di film (Possession, Il nastro bianco) per capire come si fa oggi un film di spavento.