sostenibilita

Foreste come centri benessere: sprigionano oli essenziali (ma non a tutte le ore)

AdnKronos

Roma, 24 dic. - (Adnkronos) - Le piante e il suolo delle foreste sprigionano oli essenziali (composti organici volatili biogenici) che hanno effetti benefici sulla salute e sulla psiche. Tanto che, sotto assistenza psicologica e medica, in Paesi come Giappone e Corea la 'terapia forestale' è sostenuta dai servizi sanitari con risultati in termini psico-fisiologici riportati da una crescente produzione scientifica. Un 'centro benessere' gratuitamente messo a disposizione di tutti dalla natura, ma come un qualsiasi centro benessere ha i suoi 'orari'. Insomma, per ottenere il massimo è bene scegliere il momento più adatto della giornata e l'ambiente più adeguato alle nostre esigenze. Volendo riassumere i primi risultati di una ricerca scientifica condotta proprio sul tema, le foreste di conifere sono più efficaci di quelle di faggio e gli orari in cui danno il meglio sono le ore del primo mattino e quelle dopo mezzogiorno. Lo rileva uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche – HCT-Agrifood Laboratory dell’Istituto per la bioeconomia (Cnr-Ibe), in collaborazione con il Club alpino italiano e il laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile (Consorzio Lamma, costituito tra Cnr e Regione Toscana). La ricerca ("Temporal and spatial variability of volatile organic compounds in the forest atmosphere") è stata pubblicata dalla rivista International Journal of Environmental Research and Public Health. I composti organici volatili biogenici sono tra i principali elementi che concorrono a rendere l’ambiente forestale benefico per la salute delle persone, come dimostrato da numerosi studi scientifici che hanno esaminato la risposta fisiologica e psicologica a seguito della loro inalazione. Non tutti i siti e i percorsi forestali, né tutte le stagioni o momenti della giornata sono però uguali, anzi: le concentrazioni di questi composti cambiano nel tempo e nello spazio molto più rapidamente di quanto ritenuto finora. Tali concentrazioni sono tuttavia in gran parte prevedibili, consentendo di scegliere le situazioni migliori per sfruttare gli effetti benefici di tale ambiente. “L’interesse per le conifere e la loro valorizzazione del nostro laboratorio ci ha indirizzati verso lo studio delle proprietà trasferite da queste piante nell’atmosfera - dichiara Federica Zabini di Cnr-Ibe, ideatrice della ricerca - Un anno fa abbiamo cominciato a testare le proprietà bioattive degli aghi di abete bianco, ottenendo mediante cavitazione idrodinamica un estratto con proprietà antiossidanti significative”. Armati di zaino, scarponi e di un ‘naso elettronico’, da agosto a ottobre di quest’anno i ricercatori hanno percorso strade forestali e sentieri del Cai sull’Appennino Tosco-Emiliano, in particolare tra la Foresta del Teso in provincia di Pistoia e l’Abetina Reale in provincia di Reggio Emilia, scoprendo che la concentrazione dei composti organici volatili emessi da piante e suolo cambia radicalmente nel giro di meno di un’ora e di poche centinaia di metri. “Secondo le evidenze emerse incrociando i dati biochimici raccolti in foresta con i dati meteorologici - spiega Francesco Meneguzzo, ricercatore di Cnr-Ibe e membro del Comitato scientifico toscano ‘Fiorenzo Gei’ del Cai - emerge che gli orari migliori per cogliere gli effetti benefici della foresta sono il primo mattino e le ore dopo mezzogiorno, in giornate soleggiate e con vento debole. E che in montagna le foreste di conifere sono più efficienti di quelle costituite da solo faggio”. Occorreranno altri studi prima di poter costruire un modello generale per la selezione ottimale di siti, percorsi, stagioni e orari, dettagliando la composizione dei composti bioattivi presenti nell’aria forestale e correlandoli ai rispettivi effetti già verificati sulla salute delle persone. "Il nostro studio offre però una metodologia innovativa e ampiamente applicabile, oltre che i primi risultati”, conclude Lorenzo Albanese, di Cnr-Ibe. Un recente studio pubblicato su Nature valuta in almeno l’8% del Pil mondiale il valore economico delle aree protette, considerando soltanto gli effetti sulla salute mentale dei visitatori.