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Caretta caretta, dopo 12 anni chiude il centro recupero Brancaleone

AdnKronos

Roma, 14 dic. - (AdnKronos) - Il tema ha tenuto banco per tutta l’estate: le caretta caretta. In tanti hanno seguito con apprensione la schiusa delle uova sulle spiagge, altri si sono scandalizzati per le morti causate dall’ingestione della troppa plastica nei nostri mari. Poi, chiusi gli ombrelloni e lontani dalla visibilità che hanno questi temi tipicamente estivi, delle tartarughe marine ci siamo dimenticati un po’ tutti e nel silenzio succede che, dopo 12 anni di attività, chiuda uno dei più importanti centri italiani, il Centro Recupero Tartarughe Marine di Brancaleone, in Calabria. Dodici anni durante i quali il centro ha salvato oltre 600 tartarughe marine vittime di pesca e inquinamento, ospitato e formato oltre 1000 volontari e studenti, sensibilizzato circa 8.000 scolari e diverse decine di migliaia di turisti e visitatori della struttura. Poi, il centro riceve una lettera del Comune (da più di un anno commissariato per mafia), datata 8 novembre, che chiede lo sgombero dei locali. Il motivo? Ferservizi (Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane) non intende più rinnovare il contratto di comodato d’uso al Comune di Brancaleone per i locali della stazione ferroviaria che dal 2006 ospitano il Crtm e chiede, quindi, di tornarne in possesso. “Sulla decisione è intervenuto il presidente della Regione Calabria Oliverio contattando la proprietà dell’immobile che si è dichiarata disponibile a intestare la convenzione a nome nostro (l'associazione Blue Conservancy onlus, ndr) e non più al Comune. Ho avuto anche rassicurazioni da parte di un dirigente di Ferrovie, ma ad oggi non abbiamo ancora ricevuto nessun documento e intanto il centro, dai primi di novembre, è chiuso”, spiega all’Adnkronos il responsabile del centro Filippo Armonio. Insomma, bloccata ogni attività perché il centro, ad oggi, sarebbe abusivo. Con quali conseguenze? Intanto, non vengono più soccorse le tartarughe marine in difficoltà. “Dobbiamo rifiutare i recuperi, già non abbiamo potuto prendere in carico due tartarughe spiaggiate, e dopo 12 anni di attività vi assicuro che è una cosa brutta”, dice Armonio, che lavora al centro dal primo giorno, a titolo volontario. C’è poi il rischio di deterioramento per le strumentazioni e gli impianti dell’ambulatorio e della sala vasche: “diciamo che un mese di stop non è grave, ma se i mesi iniziano a essere 2-3 il rischio c’è”. Il centro, poi, portato avanti dai volontari, è uno dei pochi in Italia (insieme a quello di Lampedusa) ad autofinanziarsi e lo fa attraverso fundraising, merchandising e attività sul posto tra cui campi estivi e le visite delle scolaresche in primavera, e quest’ultime in particolare andrebbero già programmate. Ma va da sé che con il centro chiuso e il futuro incerto questo non si può fare. In più, a novembre – quando il centro ha chiuso – c’erano due tartarughe ospitate nella struttura, ancora non guarite, che sono state trasferite all’Università di Bari. Se dovesse chiudere il centro poi, Brancaleone perderebbe una struttura che finora ha rappresentato un fiore all’occhiello per il territorio: fa 5mila visitatori l’anno ed è un numero che pesa in una piccola realtà come quella di Brancaleone. E’ anche per questo “e perché ci conoscono da sempre, che le persone del posto, sin dall’inizio, ci hanno manifestato solidarietà, sono tutti dispiaciuti”. Insomma, perdere il centro (raccontato anche in un documentario della BBC) sarebbe una perdita per tutto il territorio. Ed è bene ricordare che la costa ionico reggina, quella di Brancaleone, è l’area più importante in Italia per la nidificazione delle tartarughe marine (specie da più di 20 anni inserita della lista Rossa dell’Iucn per il rischio estinzione). “L’80% dei nidi italiani vengono deposti su questi 50 km di costa”. Poi, c’è l’amarezza. “Il centro è la mia vita. Abbiamo passato un mese duro e siamo amareggiati perché la struttura non chiude per errori commessi da noi, ma per cavilli e rimpalli burocratici”, conclude il responsabile del centro.