Sostenibilita

L'Italia della 'maladepurazione', dal nord alle isole situazione critica

Roma, 22 ago. - (Adnkronos) - Intere aree non raggiunte da servizi di depurazione delle acque reflue; città che non hanno una rete fognaria o in cui il servizio di depurazione copre praticamente il 100% degli abitanti, altre in cui non si arriva al 25%. Secondo i dati Istat più recenti (2009), in Italia la copertura di un servizio di depurazione adeguato arriva al 76% circa del totale del carico inquinante prodotto, con l'82% nel Nord, il 79% al Centro e il 66% circa al Sud e Isole. La maglia nera della depurazione va a Sicilia (47,3%), Calabria (49,9%), Marche (52,5%), Abruzzo (53,8%) e Puglia che supera di poco il 60% della copertura. La Liguria tratta appena il 61% del carico prodotto e, stando a quanto rileva il rapporto Ecosistema Urbano 2011 di Legambiente, ha nel suo territorio l'unico capoluogo di provincia ancora non provvisto di impianto di depurazione, Imperia. Per quanto riguarda i capoluoghi di provincia, sono 5 i comuni in cui meno della metà della popolazione è servita da depuratore (Catania, 19%; Benevento, 20%; Treviso, 28%; Palermo, 32%; Nuoro, 40%) mentre 29 comuni sono in grado di coprire con il servizio almeno il 95% degli abitanti, tra cui 11 che arrivano praticamente al 100%. Al 2011 risultavano ancora 134 comuni (di cui 90 solo in Sicilia) senza depuratore, sul totale dei 168 comuni italiani ritenuti dalla Commissione Europea in violazione della direttiva sulla depurazione. A Catania, secondo i dati Istat del 2010, solo il 24,6% della popolazione è servito dall'impianto di depurazione. Depuratori non conformi sono stati individuati nel 2011 anche a Padova, Rovigo, Vicenza, Gorizia, Pordenone, Udine, Firenze, Brescia, Aosta, Forlì, Milano, Pesaro, Urbino, Perugia e Frosinone. Secondo i dati del Blue Book 2009 di Anea e Utilitatis, 9 milioni di abitanti (il 15% del totale) non sono serviti dalla rete fognaria e il 70% circa della rete fognaria nazionale è di tipologia mista: raccoglie insieme scarichi civili (acque nere e grigie) e acque meteoriche (acque bianche). In Calabria sono 18 gli agglomerati, che comprendono circa 90 comuni della regione, sotto procedura di infrazione dell'Unione Europea perché non hanno adeguati sistemi fognari, non garantiscono un efficace sistema di depurazione o non tengono in considerazioine il dimensionamento degli impianti e delle variazioni di carico legate ai flussi turistici, soprattutto nei mesi estivi. Lo rileva il rapporto 'Depurazione in Calabria: Tempo (quasi) scaduto" realizzato da Legambiente, Cittadinanzattiva e Unione nazionale dei consumatori. Secondo l'ultimo censimento Istat sullo stato del servizio a livello nazionale, in Calabria la provincia che ha la copertura peggiore del servizio di depurazione è Vibo Valentia con solo il 40,9% di abitanti serviti da un sistema di depurazione di tipo secondario o terziario; segue Cosenza con il 44,3% e Reggio Calabria con il 48,2%. Nel 2012 l'Arpacal ha eseguito 316 controlli su 126 depuratori su un totale di oltre 700 impianti presenti in tutta la regione. In provincia di Reggio Calabria nel 2012 su 65 controlli eseguiti (31 depuratori di 25 comuni) solo il 28% è risultato conforme. Critico anche il quadro della depurazione calabrese che emerge dalla 'Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Calabria' della Commissione parlamentare di inchiesta, approvata nel maggio 2011 e che denuncia la grave situazione in cui versano gli impianti, dai depuratori di Gioia Tauro e di Lamezia Terme alle fiumare calabre in cui i Noe hanno riscontrato diversi scarichi abusivi, e l'inquinamento del litorale tirrenico. Come se non bastasse, nel vibonese è emerso il mancato allaccio ai depuratori. Tutto questo nonostante la Regione Calabria si stata commissariata dal 1998 al 2008 per l'emergenza ambientale. E' la maladepurazione la priorità da affrontare da nord a sud della Penisola: sotto accusa ancora le foci di fiumi, torrenti e canali, dove la campagna 2013 di Legambiente, Goletta Verde, ha rilevato il 90% dei punti critici. Su 263 analisi microbiologiche effettuate, sono 130 i campioni risultati inquinati dalla presenza di scarichi fognari non depurati, uno ogni 57 chilometri di costa. E di questi campionamenti risultati oltre i limiti di legge ben 104 (l'80%) hanno avuto un giudizio di fortemente inquinato, cioè con concentrazione di batteri di origine fecale pari ad almeno il doppio di quanto consentito. Nessuna regione è risultata indenne: un mancato o inadeguato trattamento dei reflui fognari riguarda ancora il 25% dei cittadini, che scaricano direttamente in mare o indirettamente attraverso fiumi e canali utilizzati come vere e proprie fognature. Una criticità che non riguarda soltanto i comuni costieri, ma anche quelli dell'entroterra, causata non solo dalla cronica carenza di impianti ma anche dall'apporto del carico inquinante dei reflui che non sono adeguatamente trattati dagli impianti in attività, perché obsoleti o malfunzionanti. Molto spesso foci di torrenti e fiumi vengono fruiti da bagnanti; sul totale delle foci e dei canali risultati inquinati e fortemente inquinati da Goletta Verde, il 40% viene dichiarato balneabile dal Portale della Acque del Ministero della Salute. Il 35% dei punti presi in analisi, inoltre, risultano del tutto non campionati dalle autorità preposte anche se spesso questi tratti, pur trovandosi in corrispondenza di foci e canali, sono comunque frequentati da bagnanti. Dei tratti di mare definiti dal Portale come non balneabili per motivi di inquinamento, mancano nel 18% dei casi i cartelli di divieto di balneazione. La dead line è il 1 gennaio 2016. Da quella data scatteranno le sanzioni che la Ue ha comminato all'Italia, con sentenza definitiva, per non aver costruito sistemi di depurazione adeguati. Le multe sono salate, vanno da una tantum da pagare immediatamente, calcolata sulla base del Pil nazionale e che potrebbe essere di quasi 10 milioni euro, ad una ammenda giornaliera, calcolata sulla mora tra la messa in regola rispetto alla data di esecutività della sentenza, che potrebbe andare da 11mila a 700mila euro al giorno. Un salasso che sembra inevitabile, considerando che città ed aggregati urbani messi sotto accusa dall'Unione a causa del sistema fognario inadeguato sono oltre 800. La situazione più critica è nel Mezzogiorno dove non sono in regola città come Agrigento, Avellino, Benevento Campobasso, Crotone, Isernia, Napoli, Reggio Calabria e Salerno. Nel Centro, tra le città sotto accusa ci sono Chieti e Piombino, mentre al Nord Ventimiglia Sanremo e Genova coprono praticamente tutto l'arco del golfo. A Est, Vicenza e Monfalcone. Chi si sta dando da fare per evitare le multe (e rispettare l'ambiente) è Firenze dove la società Publiacqua ha aperto da un paio d'anni i cantieri per realizzare il progetto Ersa, acronimo che sta per Emissario di Riva Sinistra d'Arno, e che consiste nella realizzazione di una conduttura per raccogliere gli scarichi fognari fiorentini, che finiscono lungo la riva sinistra dell'Arno ancora non depurati, convogliandoli al depuratore di San Colombano. Nell'area, interessata dall'opera, vivono complessivamente 140.000 abitanti. Grazie al progetto Ersa, quella di Firenze sarà la prima area metropolitana d'Italia ad essere depurata al 100%. Tutti i reflui saranno condotti all'impianto di depurazione di San Colombano che già oggi tratta le acque provenienti dagli emissari della riva destra e della gran parte dell'area metropolitana che conta 350.000 abitanti. Il costo complessivo sarà di oltre 70 milioni di euro, partecipano al progetto per il 60% i 49 comuni interessati con carature diverse in funzione della densità abitativa e dell'impegno economico, e per il 40% da soci diversi, anche dell'area pubblica come l'azienda romana Acea.