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Le radici delle ecomafie al Nord tra rifiuti, cemento e grandi opere
Torino, 17 ott. - (AdnKronos) - Le ecomafie non conoscono crisi né confini geografici che le releghino al Sud Italia, anzi: trovano terreno fertile nell'economia del Nord del Paese, come dimostrano alcune delle grandi inchieste che hanno acceso i riflettori sulla presenza degli ecocriminali al Nord, da Minotauro a San Michele passando per Mose. Nel complesso, nelle regioni del Nord solo nell’ultimo anno si sono registrati 5.608 episodi di criminalità ambientale, che hanno portato a 1.432 sequestri, 6.152 denunce e 30 arresti. Se la Liguria è la prima regione del Nord per illeciti ambientali, con 1.526 infrazioni accertate, e la Lombardia con 419 denunce e 262 infrazioni primeggia nel ciclo illecito del cemento, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna non vengono risparmiate dalle ecomafie che prediligono rifiuti e cemento. E’ questo lo spaccato sulla criminalità ambientale al Nord presentato oggi a Torino da Legambiente a "Fa’ la cosa giusta!" in occasione del convegno “Ecomafie al Nord. Conoscere i sintomi per creare anticorpi". Novità? No. Le ecomafie in questi territori "sono radicate da almeno 30 anni", spiega Laura Biffi dell’Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente. Una buona parte degli illeciti si concentrano nel ciclo del cemento, con 1.097 infrazioni, e in quello dei rifiuti con 1.376 illeciti. Alla crescita dell’economia ecomafiosa contribuisce in modo eclatante anche il settore dell’agroalimentare, con un fatturato che ha superato i 4,3 miliardi di euro. Un’attenzione particolare al Nord va anche posta al ruolo delle grandi opere quali Tav e Terzo Valico e alle possibilità d’infiltrazione della ‘ndrangheta. Gli appalti pubblici nel settore ambientale sono tra quelli più esposti alla corruzione e alla criminalità: sono ben 233 le inchieste ecocriminali in cui la corruzione ha svolto un ruolo cruciale, concluse con l’arresto di 2.529 persone e la denuncia di 2.016, grazie al contributo di 64 procure di diciotto regioni. La Lombardia è la prima regione dove il fenomeno corruttivo si è maggiormente diffuso con 31 indagini, seguita subito dopo dalla Sicilia con 28 inchieste, la Campania con 27, il Lazio con 26 e la Calabria con 22.