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Frane, allagamenti, alluvioni: negli ultimi 70 anni in Italia danni per 61,5 miliardi
Roma, 31 mar. - (AdnKronos) - Inefficacia e impotenza dell’azione operativa, delle soluzioni e delle risposte tecniche a disastri idrogeologici che con sempre maggiore violenza feriscono l’Italia e l’Europa. A 25 anni dall’approvazione della Legge Quadro sulla difesa del suolo, i dati parlano chiaro: in Italia, negli ultimi 70 anni, frane e inondazioni sono state la causa di migliaia di vittime e di una serie di danni, pari a 61,5 miliardi di euro. Secondo i dati contenuti nel primo Rapporto Ance-Cresme, le aree a elevata criticità rappresentano il 9,8% della superficie nazionale e riguardano l’89% dei Comuni, su cui sorgono 6.250 scuole e 550 ospedali. Ad aggravare il quadro è il consumo del suolo, aumentato del 156% dal 1956 a oggi, a fronte di un incremento della popolazione del 24%. In Europa, solo nel 2014, piogge torrenziali, tempeste e alluvioni hanno ucciso migliaia di persone e provocato danni per circa 23 miliardi di euro. Numeri emersi oggi, presso l’associazione Civita, in occasione del workshop “Dissesto idrogeologico: le migliori pratiche di prevenzione”, organizzato da Cesi (Centro Elettromeccanico Sperimentale Italiano) con la partecipazione della Struttura di Missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Lo studio pubblicato su Nature Climate Change, coordinato dai ricercatori dell’Institute for Environmental Studies di Amsterdam, effettua la prima valutazione del rischio di alluvione in Europa e si spinge a fare previsioni fino al 2050. Dai dati emerge che tra il 2000 e il 2012 le inondazioni hanno provocato una perdita media annua di circa 4,9 miliardi di euro, che potrebbero salire a 23,5 miliardi entro il 2050, tenuto conto che la loro frequenza potrebbe aumentare da una media di una volta ogni 16 anni a una volta ogni 10, coinvolgendo più nazioni allo stesso tempo. La ricerca individua nella prevenzione l’unica via maestra da seguire. Le best practices da prendere a modello ci sono e consistono nell’utilizzo di soluzioni tecnologiche al problema. Un esempio è la rete di rilevamento fulmini italiana del Cesi (Sirf - Sistema Italiano Rilevamento Fulmini) che fa parte della rete pan-europea Euclid e monitora ogni singolo fulmine sul territorio nazionale, 24 ore su 24 tutto l’anno. Questo monitoraggio è utilizzato per l’allerta di nowcasting (previsioni a poche ore) alle strutture sensibili e alla popolazione. È infatti provata la correlazione tra la numerosità dei fulmini all’interno di un temporale o di un ciclone e l’intensità della precipitazione. La mappatura dei fulmini è dunque uno strumento affidabile in grado di segnalare i fenomeni intensi in formazione e in arrivo con qualche ora di anticipo, sufficienti a mettere in atto le procedure emergenza già pianificate. Nel 2014 i fulmini in Italia sono stati quasi 3,5 milioni, rispetto a circa 1,7 milioni nel 2013. Nell’anno appena trascorso è stato registrato il picco massimo dal 2000. Le Regioni più colpite sono quelle del Centro Nord, in particolare la Toscana, la Liguria e il Veneto. Importanti anche le tecnologie per il monitoraggio dei movimenti franosi. Cesi si occupa della progettazione e dell’installazione di sistemi automatici di monitoraggio di fenomeni di dissesto, di teleassistenza e di interpretazione in continuo dei dati raccolti per rilevare precocemente eventuali anomalie, emettere early-warning e attivare per tempo procedure di evacuazione delle comunità sul territorio. Il metodo Anp (Analytic Network Process), infine, permette di definire un rating dei progetti cantierabili e di identificare le migliori soluzioni progettuali, creando una vera e propria graduatoria sulla base della quale effettuare la scelta definitiva degli interventi da realizzare a fronte alle reali disponibilità economiche. Frane, allagamenti e alluvioni sono fenomeni che hanno accompagnato da sempre la nostra storia. "In particolare, il 2014 sarà ricordato come uno degli anni peggiori, in cui ben 19 regioni su 20 sono state colpite da catastrofi", spiega Matteo Codazzi, amministratore delegato Cesi, sottolineando che oggi, però, esistono strumenti tecnologici e pratiche operative che consentono di prevedere, monitorare e intervenire per ridurre il rischio e i danni. "Non esistono bacchette magiche, ma tanto lavoro e migliaia di piccoli e medi cantieri. In otto mesi ne abbiamo aperti o riaperti 783 investendo 1.072 milioni dei 2,3 miliardi recuperati e non spesi negli ultimi 15 anni", aggiunge Erasmo D'Angelis, responsabile #italiasicura di Palazzo Chigi. "Il 20 febbraio il Cipe ha stanziato i primi 700 milioni per il piano di investimenti da 1,2 miliardi per le 14 città metropolitane. Abbiamo finalmente un piano nazionale che prevede 7.152 opere in tutte le Regioni, il 90% da progettare, e abbiamo definito una spesa mai finanziata in Italia per 9 miliardi complessivi".