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Pianeta in crisi per cementificazione galoppante, boom demografico e diffusione di biocarburanti

Roma, 9 ott. (AdnKronos) - Cementificazione galoppante, diffusione dei biocarburanti e crescita della popolazione mondiale "rischiano di mettere in crisi l’intero ecosistema terrestre" tanto che "entro il 2050 crescerà del 60% la domanda mondiale di prodotti agricoli", eppure "in due anni la sola California ha perso un'area grande come 15 San Francisco a causa della cementificazione". E' stato Gary Gardner, direttore di ricerca del prestigioso Worldwatch Institute di Washington, a lanciare l'alert, intervenendo all'XI Forum Internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura, organizzato a Napoli dall’associazione di giornalismo ambientale Greenaccord Onlus. Un pericolo doppio, quello della cementificazione, perché va ad aggiungersi a una crescente pressione sul sistema agricolo mondiale. Molti i fattori da considerare, secondo Gardner. "Dobbiamo considerare -ha rimarcato- che la domanda di prodotti agricoli sta aumentando a causa della crescita demografica, dei cambi di stile alimentare nei Paesi in via di sviluppo in cui si sta consumando sempre più carne e della diffusione dei biocarburanti". Un problema, quest’ultimo, che rischia di sottrarre cibo a chi ne ha bisogno. "Già oggi - è stata l'analisi del direttore dello storico istituto di ricerca di Washington- il 40% delle granaglie prodotte negli Usa sono realizzate per il settore dei biocombustibili. E la percentuale sale al 50% per le barbabietole da zucchero coltivate in Brasile e all’80% per il girasole prodotto in Europa". Ma per uscire dalla crisi ambientale "serve un cambio di approccio economico, industriale, culturale. A partire dalla riduzione degli sprechi di cibo" ha sottolineato Gardner. La soluzione ovviamente non è facile ma "è comunque inevitabile", ha osservato, se non si vuole arrivare a una condizione insostenibile entro metà secolo. E le vie d’uscita non possono riguardare un solo settore. Servono ad esempio, ha indicato Gardner, "interventi a livello di uso delle risorse idriche, per aiutare gli agricoltori a usarle meno e meglio" e in questo campo "i margini di miglioramento sono impressionanti". Le realtà più attente, ha rimarcato, "hanno già dimostrato di poter dimezzare i propri consumi". E poi, ha esortato con forza, "occorre ridurre gli sprechi di cibo che oggi si aggirano sui 56 chili a testa per anno in Nord America e a 13 chili nell’Africa sub-sahariana". Gardner ha quindi spinto verso un "inevitabile ripensamento nel settore biocarburanti". Ed a tutto questo, secondo il direttore del Worldwatch Institute di Washington, si deve però aggiungere anche un cambio culturale ed economico. "Dobbiamo cambiare il nostro approccio al cibo. Non può essere più considerato -ha detto- una merce come le altre ma deve finalmente essere riconosciuto come un diritto universale basato su principi etici invalicabili".