mea culpa

Ferruccio de Bortoli: "Il nostro tempo è finito"

Lucia Esposito

Poche settimane dopo l'addio dal Corriere, Ferruccio De Bortoli parla della sua esperienza, di politica, di quello che ha fatto e di quello che avrebbe potuto fare.  "Abbiamo avuto buoni maestri, siamo stati cattivi maestri. È successo nell' intera società : abbiamo avuto ottimi padri, che si sono sacrificati moltissimo, ma non sempre siamo stati all' altezza del nostro ruolo quando lo siamo diventati noi", dice in un'intervista a Il Fatto Quotidiano.  A proposito dell'informazione dice: " I poteri - quello politico e quello finanziario -dovrebbero essere osservati, analizzati, seguiti con maggiore scrupolo e rigore. Penso anche al funzionamento degli organi pubblici, alla burocrazia, a legami sotterranei". Parla poi di Matteo Renzi (lo aveva già fatto nel suo saluto ai lettori) "è uno straordinario comunicatore, un politico raffinato. E poi c' è il disfacimento del centrodestra, di partiti che si erano in qualche modo stabilizzati in un bipolarismo molto claudicante nella Seconda Repubblica...".  Un commento anche su Silvio Berlusconi: "Anche lui è stato un grande solista, ora incapace di passare il testimone: rischia di mangiare le proprie creature e di lasciare un' eredità che fa addirittura torto a quello che ha fatto".   Il lavoro - Ferruccio De Bortoli fa anche una riflessione sul giornalismo e sul suo lavoro: "Il giornalismo deve essere il più possibile acuminato, e contemporaneamente sapere che alla libertà si accompagna la responsabilità. Quando si sbaglia bisogna riconoscerlo. Per esempio credo che ci debba essere un maggiore rispetto per le persone: quanti abbiamo  condannato sulla base di inchieste che si sono rivelate totalmente infondate? Non ce la possiamo cavare con una breve in una pagina interna. Dobbiamo porci il problema di restituire a quelle persone la dignità. Più rispetto vuol dire anche più libertà". Poi parla di sè: "Sono diventato direttore per la prima volta nel ' 97, succedendo a Paolo. Credo che il nostro tempo sia finito. La nostra generazione non ha favorito ricambi, anche perché si sono affrontate negli ultimi anni molte ristrutturazioni, che purtroppo si sono risolte a danno dei giovani: si sono tutelati di più gli anziani. Ecco, questa responsabilità generazionale l' ho sentita. Cioè, se devo fare una critica a me stesso, probabilmente ho fatto crescere molti giovani, ma avrei dovuto fare di più e meglio. Dopodiché, è chiaro che noi siamo ancorati a una visione un po ' novecentesca della politica, dell' economia, della società. Ho notato che la mia capacità di interpretare la realtà si è costantemente ridotta. Mi sono reso conto che l' angolo di visuale con cui guardavo il mondo e quindi con cui facevo il giornale si era ristretto". Incapacità di stupirsi - Parla della malattia senile del giornalista: "Quando accade qualcosa e tu pensi di sapere già come andrà a finire. E allora, credendo di sapere, hai un atteggiamento un po' scettico e superficiale rispetto a quello che accade. Invece ti devi stupire, incuriosire, indignare. Sempre. Tu devi essere attratto dal sistema. Cioè, la tua carne, il tuo corpo, devono essere attratti dalle notizie. Ma quando tu ti soffermi sul ciglio -con la tua giacca e cravatta come faccio io -e giudichi dall' alto, sei superficiale, superbo. E alla fine fai male il tuo mestiere".