L'affondo
Vittorio Feltri: "Ecco perché De Bortoli ha massacrato Renzi". Il ritratto della carriera di Ferruccio
Perché quella "testa fina" di Ferruccio De Bortoli, un direttore "più portato per i complimenti che per i complementi", si è lasciato andare ad un editoriale così di fuoco contro Matteo Renzi? La risposta prova a darla anche Vittorio Feltri, che sul Giornale ripercorre la ricca e gloriosa carriera del direttore (uscente) del Corriere della Sera. Quarant'anni di conoscenza, di lavoro spesso gomito a gomito, di scalate parallele. Libero di... scrivere "cazzate" - "De Bortoli se ne andrà in aprile con 2,5 milioni di buonuscita. E ci stupiamo che con una somma del genere in tasca egli abbia mandato in mona Renzi? Ma va' là. Era il minimo che potesse azzardare, visto che lo fan tutti". Il fondatore di Libero, chiarito che non condivide una riga dell'editoriale del collega, si mette nei panni del direttore di via Solferino e finge di mostrare un po' di stupore, perché "la sua firma sotto articoli di punta non è stata assai frequente. Vari sono passati quasi inosservati". Ma questa volta è diverso, anche perché "il Corriere, se si muove, non lo fa a caso. Di norma ha obiettivi precisi". Magari non quello di fare cadere un governo, perché la stampa oggi è in crisi e ha un potere limitato, ma magari mandare un messaggio a Palazzo Chigi. Da parte di chi? "C'è chi sostiene - riprende Feltri - che il direttore ha vergato di propria iniziativa, chi invece suppone abbia agito su commissione di alcuni azionisti di Rcs con le mani in pasta in materia economico-finanziaria". "Io personalmente sono persuaso che egli, dal dì in cui ha rassegnato le dimissioni da comandante in capo e si è assicurato una liquidazione di 2,5 milioni di euro (l'unica cosa che gli invidio), si sia liberato di un peso: quello di dover andare d'accordo con chiunque si aggiri nei pressi del potere". De Bortoli, cioè, avrebbe trovato "il coraggio di manifestare ciò che pensa davvero, e non quello che pensano i suoi editori". Un direttore "finalmente libero di esternare quanto ha nel cuore - conclude Feltri -, anche se si tratta di cazzate, è più rispettabile di uno che per esigenze di servizio si adegua alla voce del padrone". La carriera di Ferruccio - Per Feltri, il "colpo di testa" di mister ciuffo De Bortoli sarebbe il coronamento di una carriera trionfale da "signorino" perbene: "Ferruccio nasce in una famiglia modesta, il padre era custode dell'Università Statale di Milano". Laureato in giurisprudenza dopo un diploma all'istituto tecnico industriale, De Bortoli si fa le ossa al Corriere dei Ragazzi e poi a quello dell'Informazione, edizione pomeridiana del Corsera, insieme a Feltri. "Educatino, perbenino, vestito con proprietà, sempre incravattato, il ragazzino si schiera subito dalla parte giusta, dati i tempi burrascosi: a sinistra". Un "comunistino", sì, ma senza forfora dei proletari duri e puri, anche in redazione. Al Corinf entra nel comitato di redazione, sindacalista: "Ferruccio - dicevamo - sta studiando da direttore. Per noi era una boutade, per lui era un vaticinio". Poi il passaggio al Corsera, alla cronaca di Milano, e Feltri al politico. Quando chiedono a Vittorio di entrare alla redazione economica, lui rifiuta "con un sorriso di cortesia" ma suggerisce un collega al posto suo: De Bortoli. Da lì, un'ascesa incontenibile tra Europeo e direzioni di Corriere, Sole 24 Ore e ancora Corriere. Sempre discreto, in linea. E forse, ora, un po' più libero.