Di Maria Giovanna Maglie

Renziane stregate dallo stile bunga-bunga: tacchi alti, minigonne e decolletè

Andrea Tempestini

C’erano una volta le veline, le ragazze del Cav trasferite direttamente dal bunga bunga al Parlamento, e giù valanga di polemiche e sdegno sull’abbrutimento della politica e la mortificazione delle donne. C’era quel tacco oscillante tra 12 e 14 che proprio non si poteva mandar giù tanto era volgare e inappropriato, la gonna stretta sul gluteo palestrato o ritoccato, il capello lungo e mosso con forte sospetto di extensions, il curriculum vago, troppo vago per costituire giustificazione, come ciliegina l’adorazione del capo; e c’era Veronica, la povera consorte umiliata, non per caso stava in periferia, a Roma non si faceva vedere che rarissimamente, troppa mortificazione, meglio restarsene lontana dalla capitale corrotta e corruttrice. Così cominciò una studiosa di destra, Sofia Ventura, legata a Fini ora piuttosto entusiasta di Renzi, a dire che non si poteva andare avanti così, continuarono le donne di “se non ora quando", quel tacco alto divise animi e agitò coscienze, da una parte gli angeli del ciclostile che fu, le donne di sinistra, dall’altre le leggere ragazze del Cav, simbolo neanche innocente del tutto del degrado della politica imposto dal berlusconismo. Tutto perdonato, anche su questo aveva ragione lui, il Berlusconi che in testa c’ha un modello di donna da Drivein che a me non piace punto, ma agli italiani da morire, o almeno si sono accomodati alla moda. Certo, alle emergenti ragazze del Renzi piace, eccome. Solo che non è più come prima, che le Carfagna dimagrivano senza posa e tagliavano le lunghe chiome per farsi accettare, le Lara Comi addirittura in scarpe da tennis per parlare d’Europa senza essere dileggiate, la Prestigiacomo mortificata sempre in tailleur pantaloni da suora laica di Armani, unica irriducibile Daniela Santanché dal dito medio alzato e la falcata leggera su qualunque trampolo. No, ora la musica è cambiata, è «non rinuncio alla mia femminilità, non rinuncio alle mie forme», come enuncia compunta il ministro Boschi all’intervistatrice Daria Bignardi che per l’occasione rinuncia al sopracciò. Ora sono tutte belle e brave, leggiadre e secchione, magari senza storia o curriculum, ma giovani, anzi ggiovani, dunque incolpevoli per definizione. Non hanno mai un filo di occhiaia o borsa sotto gli occhi perché baciate dalla sorte e non dall’acido ialuronico, e se venerano il capo ne hanno ben donde, ehi trattasi di Matteo Renzi, non di Silvio Berlusconi. Lui veglia su di noi alla notte, raccontano ispirati commenti del Corriere e lettere al Foglio, e guai a chi dovesse farsi venire in mente quel "sorge il sole canta il gallo….". Sì, il neo pensiero unico non accetta critiche neanche velate, figurarsi dubbi sull’adorazione delle ragazze per il loro capo, non sia mai due parole di dubbio sul fatto che una parte delle girls fino a poco fa erano seguaci oscure e disciplinate, quasi megafoni di Letta o Bersani o Veltroni, e sembrano essersi riciclate con la stessa velocità della luce, da far invidia alla Lorenzin e alla De Girolamo. Scherziamo, megafoni erano e sono solo le vestali del Cav come Michaela Biancofiore, le renziane agiscono in nome dell’unità, del progetto. A me il tacco 12 senza calze, il pantaloncino azzurro strizzato su giacchetta corta, sfoggiati addirittura il giorno del giuramento sul Colle, non piacevano prima, non piacciono ora. C’è un dress code, meglio c’era, che significa l’abito adatto per la circostanza, qualcosa che ti deve stare bene ma evitare accuratamente che l’attenzione si distragga dal ruolo che stai svolgendo, dalle parole che stai pronunciando, e dovrebbe essere accuratamente seguito. Alla regina Elisabetta cuciono sassolini nell’orlo delle gonne, e non ha sempre avuto più di ottant’anni, ma l’effetto Marilyn sul getto d’aria non si addice a tutti i ruoli, se lo scrivano la nuora Kate e la first lady Obama. Vale per uomini e donne, i primi tra poco li vedremo d’estate a Palazzo in bermuda, vale per molti mestieri, ditemi se dagli schermi di Bbc o Abc o di qualunque altra tv europea vedete comparire conduttrici di telegiornali conciate come in Italia. Dovrebbe essere che in pubblico hai delle regole, poi vai a casa e ti puoi mettere anche in latex rosa. Qualche sera fa, Otto e mezzo su la7, il regista inquadrava incessantemente le scarpe della Gruber e quelle della Boschi, le une contro le altre schierate a fare chi ce l’aveva più lungo il tacco. Vinceva il ministro. Basterebbe allora, ci si accontenterebbe, che gli stessi giornali che sono passati dalla critica sdegnata allo slurpino, ammettano almeno che è finita come piaceva al Cav, un vero precursore dello spirito dei tempi. Tutte ragazze coccodè, in marcia ancheggiante verso il potere. di Maria Giovanna Maglie