Lo dice la scienza

Tv, ecco come lo schermo ti brucia il cervello: lo studio e l'errore da non fare

Giordano Tedoldi

Siamo nati negli anni Settanta, abbiamo vissuto l'epoca in cui la televisione era l'oggetto più importante della vita quotidiana, il più discusso, il concentrato di ogni bene e ogni male, e ricordiamo il filosofo Karl Popper, il campione della società aperta e libera che, addirittura, chiedeva che soltanto pochi potessero andare in tv, muniti di una patente ottenuta dopo speciali esami. Già allora si dibatteva molto sul potere rincretinente della televisione, sulla passività di chi se ne sta seduto, catatonico, davanti al magico schermo, e non bisogna dimenticare che uno dei maggiori imprenditori del settore era Berlusconi, e dunque l'equazione: televisione uguale strumento diabolico, era cosa fatta.

Ma erano tutte opinioni arbitrarie, nulla di scientifico. Adesso invece uno studio della prestigiosa Johns Hopkins University di Baltimora è lapidario: «Per ogni ora e quaranta minuti di visione è come se il cervello fosse un anno più vecchio. Le cause: sedentarietà e passività. Al contrario, il movimento contrasta questo processo di invecchiamento», così dice l'autore principale della ricerca, Ryan Dougherty. Chi, da giovane, guarda più televisione, si troverà con meno materia grigia da adulto, e proprio in quelle aree cognitive - corteccia frontale e corteccia entorinale del cervello -, responsabili dei processi più importanti (e dunque, quelli della mia generazione, e non solo loro, sono decisamente spacciati). Il rapporto causale tra esposizione alla tv e diminuzione di "cellule grigie", come le chiamava il detective Hercule Poirot inventato da Agatha Christie (che per sua fortuna di televisione non ne vide, perché non l'avevano inventata quand'era bimbetto) è stato stabilito in virtù di esami di risonanza magnetica su 599 soggetti seguiti per 25 anni, i quali, all'inizio dell'esperimento, avevano un'età media di 30 anni.

 

 

 

Stiamo parlando dunque di uno studio molto importante e rigoroso, non di un'invettiva del genere "non guardare tutta questa tv, che ti rimbambisci e poi voti Berlusconi". Alcune delle cause della diminuzione del volume cerebrale sembrano essere solo indirettamente legate alla tv, ad esempio la sedentarietà. Secondo Dougherty, gli studi dimostrano che chi fa attività fisica mantiene il volume cerebrale invariato anche con l'avanzare degli anni. E addirittura alcuni studi mettono in rapporto una vita sedentaria a un maggior rischio di sviluppare l'Alzheimer. Il problema della sedentarietà sembra essere collegato a un deterioramento cardiovascolare e dunque a un minore afflusso di sangue al cervello, che provoca una minore ossigenazione neuronale che, per così dire, fa gradualmente appassire il cervello stesso.

Ma non tutte le sedentarietà sono uguali: particolarmente deleterie sono, come la televisione, quelle in cui il soggetto subisce passivamente il messaggio, o meglio, un abbondante flusso di informazioni che lo bersagliano senza dargli possibilità di interagire; a differenza di altre attività come le parole crociate, gli scacchi o la lettura, e anche usare il computer. Ma poiché la televisione, oggi (e nessuno un tempo l'avrebbe creduto) sta diventando sempre più un accessorio superfluo, superato dagli smartphone e dai tablet, e la classica programmazione televisiva è sostituita da fruizioni molto diverse, come lo streaming, e soprattutto ci sono i social, che sono il nuovo punto dolente della comunicazione di massa, che accade al cervello in tutte queste nuove attività? Su questo lo studio americano non ci sa dare una risposta, tranne che, anch' esse, sono attività sedentarie e dunque a rischio.

 

 

Ma per sapere se usare Instagram o Facebook, almeno sul piano scientifico, è cognitivamente dannoso, bisognerà forse aspettare altri 25 anni. Noi, però, sulla base di quello che vediamo attorno - e anche, non nascondiamolo, di quanto personalmente ci riguarda - un'ipotesi la avanziamo: i social network, tutti, nessuno escluso, sono molto, molto peggiori della televisione, almeno dal punto di vista della salute mentale dei loro fruitori. In confronto, gli effetti inebetenti della tv sono camomilla. Basti pensare al fenomeno dei suicidi delle "challenge", le sfide social, o i veri e propri linciaggi attuati su queste piattaforme da cui la vittima, se ne esce, resterà segnata a vita. Solo in piccola parte i social sono comunicazione, in larga parte sono esibizionismo, vanità, merchandising e sfoghi aggressivi. Tutto questo, alle "piccole cellule grigie", qualche danno lo provocherà, o no?