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Covid, scoperto il vermifugo che "uccide il virus in 48 ore": disponibile solo nella città del Vaticano e a San Marino
Nei laboratori di tutto il mondo è una corsa contro il tempo per sconfiggere il Covid 19. I ricercatori sono al lavoro non solo per individuare quanti più vaccini utili, ma anche per trovare una cura che possa finalmente far uscire il mondo dall'incubo del SarsCov-2. Tra test e sperimentazioni, un "vecchio farmaco", l'ivermectina, potrebbe rappresentare, oggi, il medicamento in grado di uccidere in sole 48 ore il virus del Covid-19. L'ivermectina è un vermifugo, ad ampio spettro, utilizzato contro le infestazioni di alcuni parassiti, quali ad esempio i vermi della strongiloidosi, i pidocchi del capo e l'acaro della scabbia. Scoperto per la prima volta nel 1975, è solo grazie ad un gruppo di ricercatori guidati dalla molisana Eloise Mastrangelo e dal suo compagno Mario Milani che si scopre, oggi, il suo potere antivirale. I due scienziati, nel 2005, durante numerosi studi sulla proteina virale "bersaglio" e analizzando migliaia di sostanze biologiche che potessero bloccare il funzionamento della proteina virale, intuiscono che tra queste sostanze ce n'era una, l'ivermectina, in grado di inibire la replicazione dei virus a RNA come quelli dell'influenza, della Sars, dell'ebola e persino dell'epatite C. Nel 2009 i due ricercatori depositano il brevetto della scoperta e nel 2011 la scienziata molisana dell'Istituto di biofisica (Ibf) del Cnr di Milano riceve il prestigioso riconoscimento internazionale. Oggi la forte e pressante necessità di affrontare l'emergenza sanitaria ha spinto l'interesse delle comunità scientifiche a studiare nuovamente il potere antivirale dell'ivermectina quale inibitore della replicazione virale del virus del Covid. Sono 164 gli studi sull'ivermectina in tutto il mondo e tra questi non poteva mancare lo studio italiano condotto nei laboratori del Cnr dai due scienziati Milani e Mastrangelo, in collaborazione con il Centro Internazionale di Ingegneria e Biotecnologia di Trieste.
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DOVE SI TROVA
Dagli studi e secondo le prove in vitro di laboratorio, l'ivermectina è in grado di ridurre del 99,9% la carica virale del virus nelle cellule infettate in soli due giorni di terapia. Ma non solo, in Argentina il suo uso come profilassi ha visto che 788 operatori sanitari, che assumevano 12 mg di ivermectina, una volta a settimana, non si sono ammalati di Covid. In Australia, in Spagna, in India, Nigeria, Turchia, Egitto Bangladesh Iraq e Iran stanno procedendo con studi approfonditi che hanno portato a conclusioni eccezionali. L'ivermectina funziona per davvero. Ma la ricercatrice del Cnr ci va cauta. Bisogna rispettare una serie di indici per gridare vittoria. Il rivoluzionario farmaco non è riconosciuto dall'Aifa come medicinale antivirale e per questo il suo utilizzo è impiegato come antiparassitario. Se in Francia o in Olanda il medicinale è vendibile con una semplice ricetta medica per uso umano al costo di circa 40 euro per il blister da 4 compresse da 3mg e circa 150 euro per quello da 10 compresse, in altri Paesi come in Brasile è addirittura un farmaco generico da banco. In Gran Bretagna è vietato in Italia, invece, come spiega la scienziata molisana «la vendita è consentita solo per uso veterinario con dosaggi che per il corpo umano sarebbero altamente tossici».
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In Italia è reperibile solo nella farmacia vaticana e in quella internazionale della Repubblica di San Marino, che però si è data una regola professionale di eticità: la vendita è consentita solo dietro la presentazione di ricetta specialistica, ma a scopo antiparassitario. Vietata la vendita per altri usi e quindi anche come terapia Anticovid. Però ci sono due presidi ospedalieri che utilizzano il farmaco off-label e sono l'Istituto Sacro Cuore Don Calabria a Negrar, nel Veronese e il Garibaldi di Catania. Nell'ospedale siciliano il direttore del reparto di malattie infettive, il professore Cacopardo lo sta testando, in seguito ad autorizzazioni sanitarie, dallo scorso dicembre, su alcuni pazienti. Il risultato è più che incoraggiante. I 13 pazienti trattati sono tutti guariti. A questo punto basterebbe seguire l'esempio dei monoclonali per avere un'arma in più contro il Covid con un "marchio di fabbrica" italiano. Perché aspettare ancora?