Studio scientifico
Animali ubriachi per divertirsi ma anche per curarsi: ecco quali e quando
Sì, lo fanno anche loro- per sbaglio, ma anche per curarsi o per un due di picche - e saperlo ci fa sentire un po’ meno in colpa («fa parte della natura», viene da commentare) oltre a farci sorridere per le conseguenze che sono spesso goffe ed esilaranti (ma a volte pure drammatiche). Sì, è tutto vero: gli animali si sbronzano come noi. Si sbarellano. Alzano il gomito (chi ce l’ha). Se la godono e vanno fuori, anche se poi stanno di merda e il giorno dopo si svegliano con un hangover bestiale. Esattamente come noi. A raccontarlo sono, da sempre, notizie curiose in arrivo dal mondo o divertenti video virali, ma ora ce lo confermano anche studi scientifici.
Roba seria, insomma, scritta da chi ne sa davvero come l’ecologa comportamentale Kimberley Hockings, tra gli autori di uno studio (condotto da un team dell’Università di Exeter) pubblicato lo scorso 30 ottobre sulla rivista Trends in Ecology & Evolution nel quale si illustra come il consumo di alcol sia molto più comune nel regno animale di quanto si pensasse. I ricercatori spiegano che «sin dal periodo Cretaceo i frutti carnosi hanno fornito una risorsa ricca di zucchero per i lieviti fermentativi e la produzione naturale di etanolo. Pertanto, l’inclusione di etanolo nelle diete animali è probabilmente altrettanto antica». E ancora. «Un consumo moderato di etanolo è associato a benefici nutrizionali, medicinali e cognitivi, ma molti di questi sono ancora poco studiati per le specie non umane in contesti naturali. Ciò mette in discussione l’attuale convinzione che l’uomo moderno sia l’unico vertebrato che consuma regolarmente e in modo esclusivo etanolo e ci porta a riconsiderare il ruolo ecologico dell’etanolo e il suo impatto evolutivo in natura».
Tradotto, noi umani non siamo i soli a ubriacarci. La differenza è che noi, quando siamo sbronzi, biascichiamo, barcolliamo e al massimo crolliamo a letto, mentre i nostri amici animali sono un po’ più buffi. Qualche esempio? Un tasso che, nelle campagna di Sestola, sull’Appennino modenese, è stato trovato steso a terra a pancia all’aria, ubriaco per aver mangiato troppi fichi. Oppure i diversi esemplari di uccelli che a Gilbert, una cittadina nello stato del Minnesota, tempo fa hanno perso la rotta colpendo rovinosamente finestre e parabrezza perché alticci (si erano nutriti di bacche in stato di fermentazione) o ancora l’orso nero americano che nel 2004 è svenuto nel Baker Lake Resort, campeggio nello Stato di Washington, dopo aver aperto la ghiacciaia di un camper e aver bevuto 36 lattine di birra.
Certo, a volte dal divertimento si passa alla tragedia: quando sono gli elefanti a sbronzarsi tutto diventa più complicato, soprattutto se lo fanno - tipo nostra bevuta in compagnia per festeggiare - in gruppo. Come accaduto nel villaggio di Marongi, nello Stato dell’Assam, in India, dove un branco di pachidermi ha adocchiato alcune giare colme di birra di riso e le ha svuotate, per poi devastare gran parte del villaggio (ammazzando tre persone), o come successo nello Stato del Meghalaya, quando un altro branco di elefanti si è sparato alcuni barili di birra di riso e poi gli animali, come impazziti, si sono precipitati contro un pilone dell’elettricità facendo cadere una linea ad alta tensione. E restandoci secchi in quattro.
Esattamente come tra noi umani c’è chi non regge, ma anche chi, nel tempo, si è adattato sviluppando enzimi in grado di metabolizzare l’etanolo. È il caso del tupaya dalla coda a penna, un piccolo mammifero del Sud-est asiatico che si nutre di nettare fermentato (di un grado alcolico intorno ai 3.6-3.8%) senza mai perdere compostezza ed è conosciuto come l’animale “ubriacone” (beve l’equivalente di circa dieci bicchieri di vino per l’uomo). E che dire dei pipistrelli della frutta? Uno studio del 2010 dimostra che, pur consumando acqua zuccherata mescolata a etanolo, riescono a orientarsi in un labirinto senza difficoltà, evidenziando una resistenza all’alcol superiore alle altre specie.
Bere per sballo, ma non solo. In alcuni casi l’alcol rappresenta una preziosa fonte di calorie per gli animali, mentre in altri offre una difesa evolutiva contro i parassiti, come nel caso delle mosche della frutta che depongono le uova in ambienti ricchi di etanolo, tossico per i loro predatori. Ma a proposito del moscerino della frutta, siete pronti a farvelo diventare il più simpatico di tutti? Sì, perché lui, come facciamo quasi tutti noi, affoga nell’alcol i rifiutati sessuali. Uno studio, pubblicato nel 2012 dalla rivista Science, ha messo a confronto il tipo di dieta scelto dai maschi del moscerino della frutta che erano riusciti ad accoppiarsi con quelli che non avevano avuto successo nell’impresa. Il risultato è che i maschi rifiutati, a differenza degli altri, preferivano cibi a contenuto alcolico. Cin Cin, alla vostra.