Buon appetito
Insetti, snack con farina di grillo macinato: cosa porta in tavola la Ue
E, alla fine, arrivò il giorno dell’“entomofagia”, della voracità dell'infinitamente piccolo. Alla fine, dopo roboanti annunci e timori tambureggiati sin dal 2021, da ieri è possibile comprare nell’Unione Europea la farina parzialmente sgrassata di Acheta domesticus, il grillo domestico. Delicatessen.
Sicché prosegue la liberalizzazione da parte dell’Ue alla vendita di prodotti derivati da insetti. I grilli sono soltanto l’hors-d’oeuvre, l’antipastino. Dato che il 26 gennaio, entrerà anche in vigore il regolamento che autorizza la commercializzazione delle larve di Alphitobius diaperinus (verme della farina minore) congelate, in pasta, essiccate e in polvere. Ora, ci sono sicuramente dei timori da sfatare, come il fatto che la vendita non sarà selvaggia; ora la farina di grillo potrà arrivare sugli scaffali dei negozi o in alcune preparazioni dei ristoranti, sempre adeguatamente segnalata. O come il fatto che non troveremo grilli nascosti negli alimenti. O che le aziende e i ristoratori non tenteranno di propinarci di nascosto cibi contenenti farina di grillo. Questo sia perché si tratta di un alimento - pare- abbastanza costoso (la farina di grillo costa circa 15 euro per 200 grammi di prodotto, come è facilmente verificabili sui siti specializzati); sia perché gli insetti possono causare «reazioni allergiche nei soggetti già a rischio con crostacei, acari della polvere e, in alcuni casi, molluschi. Pertanto, in base alle norme europee e nazionali, la presenza di grilli dovrà essere sempre segnalata in etichetta o sulla confezione, in qualsiasi percentuale, come previsto per qualunque prodotto allergenico», fanno sapere dalla Ue. E sta bene.
VINCERE IL RIBREZZO
Se poi si vuole aggiungere qualche info strettamente storica ancorché nutrizionale, be’, potremmo aggiungere che il primo nuovo alimento ad aver avuto il via libera dell'Ue è stata la larva del “tenebrione mugnaio”, ma esclusivamente in forma essiccata. E che i grilli, di fatto, sono già in commercio come alimenti nell'Unione europea dal marzo 2022: si possono acquistare in polvere, congelati, in pasta e ovviamente essiccati. Così come, dalla fine del 2021, si vende la locusta migratoria e, sempre da marzo 2022, la larva gialla della farina. Poi arriveranno, probabilmente, le tarme in padella, con pomodorini ed erbe aromatiche: in molti Paesi asiatici le tarme della farina sono usate come pietanza. Non è eccitante a dirsi, ma è un dato di cronaca.
Lo chiamano, esoticamente, novel food - cibo novello - ma si tratta di cracker, snack, biscotti a base di insetti: è il nuovo alimento in forma essiccata di cui l’Unione Europea, nel suo ennesimo slancio ecosostenibile, si è fatta promotrice. Sicché mandrie di giovani, passata la buriana gastronomica della carne e degli estrogeni (calati nel consumo del 30%: uno degli effetti collaterali del lockdown da pandemia), potranno dunque nutrirsi di pasta, di piatti pronti, di appetizer a base di coleotteri e affini. Prima la Fao e poi la Ue nella strategia nutritiva della Farm to folk, dalla fattoria direttamente ai consumatori, qualificano e sponsorizzano le proteine, le vitamine, le fibre e i grassi degli insetti come il desco del mondo nuovo. Sarà.
Ma detto - e visto - così lo spettacolo impressiona. Sentire i propri figli dire: «Papà mi compri la barretta di locusta?» come spuntino, quando ai nostri tempi noi ci ingozzavamo di merendine intinte nei barattoli di Nutella tripudio di grassi saturi e colesterolo, be', è un ardito cambio di paradigma. Si tratta di uno scatto antropologico. Però – saremmo antichi - ma resiste il senso di ribrezzo.
Eppure, gli scienziati affermano che, vinto il ribrezzo, ci sia del fascino in quella bruttezza alimentare. Ricordano che ingollare insetti comporti «benefici ambientali ed economici derivati dalla sostituzione delle proteine animali tradizionali con quelle che richiedono meno nutrimento per masse di popolo sempre più affamate e producono meno rifiuti ed emissioni di gas serra». I grilli, per l’appunto, oltre ad avere un impatto ambientale molto basso (producono meno dello 0,1% di gas serra rispetto ai bovini), hanno un contenuto proteico pari al 70%, 2-3 volte maggiore rispetto alla carne rossa: almeno mi racconta un politico che, da tempo, ha tradito il gulash per la tartare di cavalletta. Mah. Per invogliarmi un noto nutrizionista mi informa che anche gli aztechi rosolavano prelibatezze da formicaio; e i cinesi dell’anno mille erano golosi di cicale o comunque di tutto ciò che fosse vivo e si muovesse. Non mi convince del tutto...