L'Europa vuol controllare

Albina Perri

Se il mondo è bello perché è vario, allora quello della blogsfera è meraviglioso. Perché navigando in rete alla ricerca dei siti personali che chiunque abbia un computer può facilmente aprire, si incontra di tutto. Da quelli seri e professionali, a quelli più dediti a raccontare piccoli fatti di vita, anche privata. Poi ci sono i massimi esperti di sistemi, i malati per lo sport e chi non può vivere senza gossip. Tutti offrono spunti o informazione che sui mezzi tradizionali, detti anche mainstrem media, non compaiono. Molto va preso con le pinze, perché è facile lasciarsi sedurre da qualcosa che poi, nella realtà, non trova riscontro. E’ un rischio da correre. L’Unione europea forse non ci sta e ha deciso di metterci le mani. Lo fa con un documento la cui prima bozza risale allo scorso 7 marzo ed elaborato dalla commissione parlamentare per la cultura e l’istruzione. Un progetto di relazione “sulla concentrazione e il pluralismo dei mezzi d’informazione nell’Unione”. Apre con il consueto elenco di considerazioni del tipo: “considerando che l’Unione europea ha confermato il suo impegno a difendere e promuovere il pluralismo dei mezzi d’informazione, quale caposaldo essenziale del diritto d’informazione e di libertà”, oppure “considerando che i weblog sono un mezzo di espressione sempre più comune (…); considerando che altresì che lo status dei loro autori ed editori, inclusa lo status giuridico, non viene definita né indicato chiaramente ai lettori dei weblog, il che è fonte di incertezze…” e via sullo stesso tono. Poi arrivano le raccomandazioni, come questa: “(il Parlamento europeo) sottolinea la necessità di istituire sistemi di controllo e di intervento per garantire il pluralismo dei mezzi d’informazione, basati su indicatori affidabili ed obiettivi”. Oppure: “suggerisce a questo proposito l’istituzione, in tutti gli Stati membri, di un difensore civico indipendente in ambito mediatico”. E addirittura: “propone l’introduzione di compensi commisurati al valore commerciale dei contenuti prodotti dagli utenti”. Difensori civici e compensi che sanno tanto di dazio da pagare per scrivere su un blog il proprio punto di vista. Quanto possono essere efficaci queste misure? I dubbi sorgono spontanei quando è lo stesso Parlamento ad ammettere che “gli Stati membri hanno un ampio margine di manovra per quanto riguarda l’interpretazione del mandato dei media del servizio pubblico”. Una considerazione che lascia spazio a larghi margini di interpretazione delle proposte avanzate. Istituire un difensore civico indipendente quando poi il suo operato non dipenderebbe da una regolamentazione uniforme europea, ma dalla legge di ciascun stato membro? Così quello che potrebbe valere in Italia non troverebbe riscontro in Francia, Spagna, Germania o Regno Unito. Il mondo è bello perché è vario. Ora rischia pure di essere troppo confuso.