Il dibattito

IA, senza controlli gli algoritmi avranno la meglio

Francesco Specchia

Fermarli non è possibile, controllarli è necessario. L’ultima stretta della Commissione Ue sull’impeto predatorio - camuffato da progresso dei giganti hight tech starebbe nell’ennesima violazione di Microsoft delle norme antitrust europee «vincolando lo strumento per la comunicazione Teams ai prodotti Office 365 e Microsoft 365». E qualunque cosa questo significhi, be’, i giganti dell’high tech, si sono risentiti. Prima l’allarme lanciato dalla commissaria per la Concorrenza e il Digitale Vestager; poi la legge sull’AI che blocca gli algoritmi quando esagerano; infine il G7 pugliese che mette in guardia i fruitori e annuncia leggi e leggine contro i grandi marchi: secondo le multinazionali, l’Unione Europea sta cominciando a mettere troppi paletti al dilagare delle nuove tecnologie. In Asia, Africa e Sudamerica i regolamenti, per dire, sono molto più laschi, le leggi più sottili, il business più ricco. Ed è inutile frenare il progresso, fermare il vento con le mani, tanto la tecnologia invaderà comunque il tessuto sociale. Ecco. Con queste eccezioni, si alimenta il dibattito tra chi apre le porte alla dereguletion delle macchine e chi diffida della loro invasione. Io sono per la seconda scuola.


É dai tempi della letteratura cyberpunk negli anni ’80 che si annunciano i rischi legati a digitale, realtà virtuali e robot, ma nessuno ci credeva davvero. Certo, i computer e i loro mondi – i social, la realtà aumentata, il learning machine (le macchine che apprendono e si migliorano da sole)- ci aiutano a vivere meglio. Ma stiamo pericolosamente ignorando i rischi connessi alla connessione. I programmi di riconoscimento facciale, i giochini che creano avatar, i gps nei cellulari per la navigazione satellitare: sono tutti espedienti per schedarci e profilarci. Il vorace immagazzinamento dei nostri dati personali sta anche negli innocui aspirapolveri elettronici che perimetrano gli appartamenti e ci geolocazlizzano senza avvertirci. Perfino le escursioni proibite su Pornhub consegnano ai colossi di cui sopra le nostre identità elettroniche. E ora, con l’Intelligenza artificiale, se non ce la giochiamo bene rischiamo di scivolare nell’abisso di un mondo fantascientifico, controllato dalla macchine, alla Matrix.


ChatGPT e Bard, produttori di AI, su semplice richiesta, aiutano a costruire bombe dal web e confezionano armi sputate dalle stampanti 3D. E un team di ricerca di tre atenei statunitensi (Georgia Institute of Technology, Stanford University e Northeastern University) ha condotto una serie di esperimenti, partendo da un'idea semplice: inserire quattro diversi modelli di intelligenza artificiale in un software che simula scenari di crisi internazionale. Messi alle strette, tutti e quattro i modelli tendevano a far precipitare la situazione; talora ricorrevano persino all'uso di armi nucleari, giustificando le loro azioni con «la ricerca della pace nel mondo». L’autore delle ricerca, allarmatissimo, commenta: «La logica di OpenAI sembra quella di un dittatore genocida». E siamo solo all’inizio. C’è un’Ai guerrafondaia, e ce n’è pure una politicamente corretta che si ribella al suo utilizzatore. Quando l’editore Gallimard ha chiesto all’intelligenza artificiale di Meta Llama di descrivere una scena nello stile dello scrittore Michel Houellebecq, quella si è rifiutata: «Mi dispiace, ma come modello linguistico non posso scrivere una scena che possa essere considerata offensiva o discriminatoria». Il software ha suggerito di descrivere «una scena più rispettosa e inclusiva». Follia. Gli editori, gli scrittori, i giornalisti che si stanno appassionando alla Chat GPT insufflata gradualmente nei loro scritti e testate, non hanno capito che si stanno scavando la fossa da soli. Gli studi legali o commerciali che fanno degli algoritmi membri dei loro cda stanno cancellando generazioni di praticanti; e perdendo l’abitudine all’archiviazione mnemonica, alla grammatica degli atti. Per non dire di foto, e video completamente falsificati e indistinguibili da quelli reali. Certo, fa ridere il Papa che beve gin tonic e flirta in abiti firmati, o Meloni che balla la zumba dance a Striscia la notizia: ma cosa succederà quando quei video tarocchi manipoleranno la realtà fattuale e giudiziaria? Stiamo prendendo tutto con lo stesso entusiasmo del Barone Von Frankenstein dinnanzi alla sua creatura. Il problema non è solo etico, ma economico e politico. Per mantenere il lavoro, i rapporti, la nostra stessa umanità chissenefrega di quello che fanno in Cina, o in America: servono più paletti possibili e un’ansia di controllo – la nostra- che si trasformi in battaglia di civiltà...