Seri?
Insetti "nazi-fascisti, bisogna cambiare il nome": l'ultima ossessione sinistra
Il fatto stesso che noi si debba riferire la notizia indica irreversibilmente che questa paranoia delle élite nota come Cancel Culture ha vinto, si è fatta discorso comune. Proprio per questo, non ci resta che la testimonianza, la compilazione di una cronaca che è comica e grottesca in sé, avendo la realtà da tempo stracciato la fantasia in nome della sur-realtà quotidiana. Ultimo serissimo dibattito che sta turbando la comunità scientifica internazionale, ospitato sull’ autorevolissima rivista Focus, che per l’occasione pare trasformarsi in un inserto satirico del gruppo Gedi: «È giusto cambiare i nomi politicamente scorretti di certi animali?». Si lo sappiamo, anche qui avevamo accarezzato la speranza che il servizio fosse l’effetto collaterale di una serata etilica andata in scena in redazione, ma la notizia l’aveva riportata qualche giorno prima anche l’iper-autorevolissima Science. Quindi, tocca soffocare ogni residuo orrore di sé, e riferirvela.
GLI SCIENZIATI
Una pletora di scienziati (zoologi, biologi, tassonomisti) si è preso l’ultimo numero dello Zoological Journal della Linnean Society, la maggiore associazione mondiale di storia naturale fondata nel 1788 con prestigiosa sede londinese a Piccadilly, per inaugurare la caccia agli insetti nazifascisti. No, non a un ricostituendo gruppo di Ss, proprio a organismi invertebrati a forte sospetto di deviazione ideologica. L’Anophthalmus hitleri, ad esempio. Trattasi di rarissimo coleottero delle caverne, che vive solamente in alcune grotte della Slovenia centrale (perlomeno dalla sconfitta del 1945 in poi, immaginiamo). L’animaletto venne identificato negli anni Trenta dal naturalista austriaco Oscar Scheibel, evidentemente ammiratore incontenibile del conterraneo dittatore, tanto da dedicargli la scoperta.
Il Fuhrer apprezzò, addirittura inviò allo scienziato estimatore una lettera di gratitudine. Pare che il coleottero non si sia nemmeno dissociato da essa, per cui urgono davvero provvedimenti riparatori. Un’altra specie di insetto, nota come Rochlingia hitleri per analoghi motivi biografici dei suoi studiosi, non può invece dissociarsi nemmeno volendo, essendo vissuta circa 300 milioni di anni fa e quindi ampiamente estinta, probabilmente in un bunker nei pressi di Berlino. I censori della natura, coerentemente con la propria impostazione orwelliana, vorrebbero in ogni caso cambiarle nome (parecchio) retroattivamente: la biologia, come la storia in 1984, è «un un palinsesto che può essere raschiato e riscritto tutte le volte che si vuole». Ma nella coraggiosa denuncia di questi sciroccat... pardon, scienziati, c’è anche del materiale che smuove la nostra coscienza nazionale.
È infatti tutt’ora prevista nella classificazione la Hypopta mussolinii, una specie di farfalla libica (chiaramente squadrista e colonialista) scoperta ai tempi dell’occupazione italiana da qualche studioso non particolarmente critico col regime. Dopo l’articolo di Focus, ci aspettiamo un’intemerata a tutta pagina di Saviano sul lepidottero che dimostra la perenne “vocazione” nera degli italiani, una raccolta firme di Micromega contro la tassonomia fascista (ché sarebbe anche una buona idea per provare a salvare la rivista della gauche a rischio chiusura), quantomeno un’assemblea permanente del Pd presieduta da Elly in persona per valutare le opportune iniziative contro la deriva zoologico-autoritaria (non si esclude nulla, Aventino compreso).
LA TRADIZIONE
Noi scherziamo, i dotti psicopoliziotti del linguaggio scientifico purtroppo no, come ha spiegato uno dei più agguerriti, tal Kevin Thiele, professore della University of Western Australia intervistato da The Conversation (l’Insettogate è deflagrato in tutte le testate perbene globali): «Crediamo che la scienza debba essere socialmente responsabile e responsiva» (sottinteso: rispetto alle turbe Woke, ormai i plurilaureati parlano come Chiara Ferragni). Spiegone: «La scienza è inserita nella cultura piuttosto che essere ospitata in torri d’avorio e gli scienziati dovrebbero lavorare per il bene comune piuttosto che seguire ciecamente la tradizione». Ci ha convinto, aspettiamo da un momento all’altro il Manifesto degli Entomologi Antifascisti, con tanto di lista di proscrizione partigiana delle specie da mettere al bando in nome del “bene comune”. Dopodiché, possiamo pure spegnere le luci dello Zelig politicamente corretto, fare di meglio sarà difficile.