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Insonnia, sonniferi? Tutto sbagliato: ecco l'unico modo per sconfiggerla

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Giulia Sorrentino
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Un italiano su cinque passa la notte in bianco, circa il 20% della popolazione italiana presenta disturbi del sonno e soffre di quella che comunemente viene chiamata “insonnia”. I problemi possono essere diversi: c’è chi ha difficoltà nell’addormentarsi, chi si sveglia durante la notte e non riesce più a riprendere il sonno, chi invece si sveglia più e più volte.

Per risolvere i problemi legati al sonno la maggior parte delle persone ricorre al “fai da te” prendendo benzodiazepine, quindi sonniferi o calmanti, magari senza controllo medico, pensando di riuscire in questo modo a fermare il progredire del disturbo. Ci sono però alcuni errori in questo approccio. In primis il fatto che le classiche “goccette” sono un sintomatico, il che vuol dire che agiscono sul sintomo che si presenta in quel momento ma non hanno uno scopo curativo, hanno un’emivita abbastanza breve e in più causano prima il fenomeno della tolleranza (che comporta il dover poi periodicamente aumentare le gocce) e poi quello della dipendenza, motivo per cui le benzodiazepine, come la maggior parte dei farmaci, non prevedono il meccanismo dello “stop and go”, ma vanno scalate e va monitorato il loro dosaggio. Va sottolineato un aspettomoltodelicato, ovvero che «queste alterazioni costituisconounproblema quando diventano croniche, cioè quando compaiono per più di tre notti a settimana per almeno tre mesi» come sostiene il DMS5 (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) per cui, sempre sotto il controllo di uno specialista, sarà lui a dire con che modalità prendere i farmaci, che siano degli ipnoinducenti che possono transitoriamente favorire il sonno.

Spesso l’insonnia può essere causa di altre patologie sempre nell’ambito psichiatrico, come ansia generalizzata, disturbi del tono dell’umore, perché un errato funzionamento del nostro orologio biologico e quindi del nostro ritmo sonno-veglia può favorire in persone predisposte manifestazioni di questo genere, ma può anche accadere il contrario, ovvero che fenomeni come l’ansia e la depressione possano causare una difficoltà nel dormire, ed è per questo che spesso, ma non sempre, i disturbi possono essere correlati, ed è ciò che la scienza medica chiama proprio “comorbidità”.

L’allarme sull’insonnia è un problema sia medico che sociale, perché chi ne soffre può essere maggiormente irritabile, presentare una sonnolenza sul posto di lavoro o difficoltà nella concentrazione. È inoltre utile adottare uno stile di vita sano, che è forse l’aspetto più complesso di tutto questo discorso, perché fare attività sportiva, ridurre caffeina, nicotina e alcolici, cercare di limitare le sere in cui si fa molto tardi, spesso non è accettato dalle persone di buon grado, quando dovrebbe invece essere il primo tentativo da fare e, nel caso non fosse abbastanza, ricorrere ai farmaci prescritti dal medico. Tentare di regolarizzare i propri orari e di imporre a sé stessi dei ritmi è tanto difficile all’inizio, quanto poi paga a lungo termine.

Quando si parla di cervello, a differenza degli altri organi in cui si lascia sempre la parola agli specialisti, tutti pensano di avere il diritto di mettere bocca, perché è l’organo in cui orbitano i pensieri, la coscienza, noi stessi. È giusto che quell’organo così indispensabile, in cui risiedono le nostre emozioni, i nostri sentimenti (mi dispiace molto per chi continua a parlare di cuore, ma forse è ora di ridare dignità al cervello), non venga più maltrattato, non ci siano più i “secondo me”, perché c’è poco da opinare ma tanto da leggere e imparare. Ogni organo ha un suo funzionamento specifico e nessuno si sognerebbe mai di prendere degli enzimi pancreatici da solo, o le statine, o la cardioaspirina: perciò dobbiamo chiederci come mai quando si tratta di cervello la buttiamo sulla parola “anima”, pensiamo di risolvere tutto a parole, con santoni e guru del momento che ci fanno credere che passerà, quando in realtà non stanno facendo altro che farvi cronicizzare il problema. Quando c’è un disturbo, di qualunque natura, bisogna intervenire il prima possibile affinché il problema non si cronicizzi, affinché l’organo non si abitui a quelle malsane abitudini e pieghe che sta prendendo e per cui sarà più difficile rimetterlo in riga.

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