A tu per tu

Clima, Franco Prodi: "Da cosa dipende la siccità. La Ue si è bevuta il cervello"

Pietro Senaldi

Parlo con un negazionista?
«No, parla con uno scienziato. Per la precisione con l’unico libero docente di meteorologia in Italia, nonché con il più autorevole studioso delle nubi del Paese. Sono anche un perdente professionale nelle mie battaglie in difesa della scienza».

Wikipedia non dice questo, si limita a definirla «un ex scienziato dell’Istituto di Scienze  dell’Atmosfera e del Clima ormai annoverato tra i negazionisti del cambiamento climatico». È così?
«Io quell’Istituto l’ho diretto per anni, avendo i titoli per farlo e vincendo un concorso. Ci sono anime stupide, o forse solo scientificamente ignoranti e politicamente condizionabili, che chiamano negazionista chiunque, come me, metta in dubbio il mantra pervasivo che la Terra si stia riscaldando per esclusiva colpa dell’uomo. Queste persone non considerano le cause naturali di cambiamento, astrofisiche, astronomiche e atmosferiche».

Ma secondo lei l’uomo che responsabilità ha nel cambiamento climatico?
«Questo non si può sapere. La verità è che la conoscenza del sistema clima, e quindi dell’influenza da parte dell’uomo su di esso, è nella sua infanzia. Al momento nessuno può valutare l’incidenza dell’elemento antropico nel cambiamento del clima e pertanto nessuno può controllarla.
Di certo però il riscaldamento del Pianeta non dipende al 98% da noi, come invece in tanti sostengono. Questa è una fesseria, talmente diffusa però da diventare inarrestabile. Tra cinquant’anni di studi saremo forse in grado di stimare l’incidenza dell’uomo sul clima, che per inteso nessuno nega, tantomeno io. Solo allora si scoprirà che avevo ragione, ma io sarò morto da un pezzo».


Mi porti elementi scientifici a sostegno della sua tesi...
«Si fa una gran confusione tra metereologia e clima. Entrambi cambiano, ma i mutamenti del tempo sono prevedibili fino a dieci giorni d’anticipo da cent’anni, e ancora di più da dopo la Seconda Guerra Mondiale, da che il calcolatore risolve numericamente le cinque equazioni primitive che regolano il meteo. Il clima pure cambia ma la complessità del sistema non consente di fare previsioni affidabili».


Questo cambiamento però desta molto allarme, perché la Terra si riscalda troppo velocemente...
«Il cambiamento climatico è connaturato al pianeta, c’è sempre stato e ci sarà sempre. La Terra negli ultimi duecento anni si è riscaldata di 0,7 gradi centigradi ogni secolo. Ma non c’è un’emergenza climatica, come sostengo nella petizione del 2019 che ho scritto con altri 150 professori universitari ed è ormai firmata da oltre 1500 colleghi di prima fila a livello internazionale, ovviamente tutti oggi ostracizzati. C’è però un’emergenza inquinamento e di tutela dell’ambiente planetario, che è cosa ben diversa.
Le dirò di più: ho il sospetto ben fondato che il riscaldamento globale sia una manovra di distrazione di massa per distogliere gli uomini dal vero problema, che è appunto l’inquinamento del pianeta e la scarsa protezione dell’ambiente».


Lei e i suoi 1.500 colleghi però siete minoranza...
«E questo cosa vuol dire? Anche Galileo Galilei era in minoranza. La scienza non è democratica né politica, non procede per votazioni. Solitamente capita che uno ha ragione, viene preso per pazzo e decenni dopo si scopre che l’aveva vista giusta. L’umanità è lenta nell’interiorizzare le conquiste della scienza, basti pensare che ci sono ancora i terrapiattisti».


La tenacia, l’autostima, l’irremovibilità, la convinzione nelle proprie idee, l’ancoraggio agli studi fatti e al cursus honorum personale, la sensazione di trovarsi spesso solo contro tutti, tradito da chi avrebbe dovuto supportarti, devono essere nel dna dei Prodi, famiglia e tempre d’altri tempi. «Ma lei lo sa che sono stato cacciato dal Comitato Nazionale di Ricerca, che mi ha negato l’associatura nel 2018? La nuova direttrice mi ha chiesto di fare gli scatoloni dall’oggi al domani e non posso più fare ricerca nel laboratorio che ho creato nella mia vita di studioso. Subisco attacchi violenti da gente meno qualificata di me; di fatto da impiegati che non si sono mai staccati dal computer. I presidenti ultimi del Cnr sono preoccupati dei loro lauti stipendi» denuncia Franco, fratello minore di Romano, classe 1941, studioso «al centro del problema» come si definisce, perché «le nubi e l’aerosol sono al centro del sistema climatico, tema di ricerca propostomi dal professor Vittori, nel 1966, durante il mio servizio nell’Aeronautica Militare come sottotenente, e che poi ho seguito per tutta la vita, nel Cnr e nell’Università».

Professore, come mai lei viene ascoltato meno di persone di cui è molto più qualificato?
«È un lento scivolamento, partito negli anni ’70, che ha alterato la relazione tra scienza e politica. A un certo punto si presentò l’esigenza di organizzare e omogeneizzare i servizi metereologici dei vari Paesi e di centralizzare i dati, anche per assistere i Paesi più poveri nella costruzione dei loro servizi metereologici. A Ginevra nacque l’Omn, organizzazione di raccordo tra i Paesi sotto l’egida dell’Onu. In questo ambito, nel rapporto tra Nazione Unite e servizi metereologici, è nato l’Ipcc, International Panel for Climate Changer, che negli anni è diventato una sorta di sovrastruttura internazionale composta da nominati dai ministeri dell’Ambiente delle varie nazioni. Da qui la confusione: si afferma, “lo dice la scienza”; invece no, lo dicono i nominati in queste strutture, per lo più indipendenti dalle organizzazioni proprie della ricerca».

Sono queste strutture a dare patente di scientificità alle varie tesi?
«Esse non influenzano la ricerca pura ma l’opinione pubblica e la politica, dalla quale sono a loro volta influenzate in un ping pong dell’ignoranza. Il risultato è che ho visto persone come Mattarella e Draghi confrontarsi con Greta e ignorare il mio parere. La politica, mi spiegò un giorno mio fratello Romano, a cui chiesi di dedicarmi mezzo pomeriggio, attua il principio di precauzione, che mi pare traducibile così: non si prendono posizioni che possano metterti in difficoltà con l’opinione pubblica, a prescindere dalla loro potenziale validità».

Professore però non sono molti gli scienziati a parlare come lei...
«Perché i veri scienziati hanno altro da fare. Studiano. Guardi le conferenze sul clima, le Cop, siamo arrivati alla ventisettesima e ora preparano la ventottesima: si riuniscono ogni volta con uno spartito prefissato in cui l’elemento scientifico è un pacchetto precostituito al quale tutti prestano il loro assenso acritico. Poi votano sull’adattamento ai supposti cambiamenti e non succede nulla».

Condivide le politiche verdi della Ue, oggi al centro della polemica?
«L’Europa si è bevuta il cervello, produce l’8% delle emissioni mondiali, ha meno di 500 milioni di abitanti su una popolazione terrestre di otto miliardi di persone ed è persuasa di poter dare il buon esempio e salvare il pianeta. Per questo si impone politiche suicide mentre gli altri Paesi continuano a inquinare indifferenti e indisturbati». È contro la norma che vuol vietare la produzione di autovetture a benzina? «Non è la mia materia, però tutti sanno che, nella sua vita complessiva, le batterie elettriche, con i loro problemi di smaltimento, non inquinano meno del motore a scoppio». E cosa pensa della normativa sulle case, che impone drastici miglioramenti della classe energetica delle abitazioni private? «Credo sia allucinante imporre una cosa simile per legge, anche a livello di rispetto delle libertà costituzionali».

È per il nostro bene...
«Distinguiamo tra la scienza, che ha fatto i suoi progressi, e la tecnologia, che segue un’altra strada, dettata dal denaro. La spinta verso l’elettrico ha moltiplicato di cinque o sei volte il valore delle aziende che hanno deciso di produrlo. Chiediamoci invece quante riserve fossili ci sono nel pianeta. La risposta la sanno in pochi ma potrebbe essere una spiegazione sul cambio di sistema industriale che finanza mondiale e grande industria cercano di imporre a furor di leggi Ue».

D’accordo, però in questo caso l’interesse economico non potrebbe coincidere con quello di tutela dell’ambiente e quindi essere salvifico?
«Si ignora che le azioni di lotta al riscaldamento globale sono ben diverse da quelle che portano alla tutela dell’ambiente planetario. E poi, a portare il globo sotto stress è stato il suo asservimento alla finanza. Chi ora propone ricette per salvare il mondo è lo stesso che ne ha compromesso la salute. Lei lo sa che troviamo le microplastiche nel nostro corpo? La Terra ne è pervasa. Le acque sotterranee nella Pianura Padana sono inquinate anche nel livello più profondo. Per non parlare della contaminazione dei terreni e dei fiumi».

L’allarme per la scarsità di piogge è meno importante di quello per la plastica?
«L’aridità della Terra non è dovuta alla siccità, che è un fenomeno passeggero, legato al ciclo delle nubi e non al supposto surriscaldamento del globo, perché non è che dove fa più caldo piove di meno».

E a cosa è dovuta allora?
«La siccità è un fenomeno meteorologico, aggravato dall’enorme aumento dei prelievi di ogni tipo. È sbagliato correlarlo al cambiamento climatico. Il fatto è che l’umanità è aumentata e usa più acqua. Il lago Ciad si restringe perché non ha emissari ma i milioni di persone che insistono su questi bacini sono passati da venti a settanta».

Però piove di meno...
«Negli ultimi due anni. Non è un dato significativo. Per quel che ne sappiamo, tra qualche settimana potremmo doverci lamentare della situazione opposta».

Infatti si dice anche che a causa del surriscaldamento climatico sono aumentate le inondazioni...
«Nessun dato lo dice. C’è un aumento dei danni e delle vittime da alluvione, ma questo solo perché ci costruiamo case e industrie su terreni inondabili».