Spesa libera
Kiwi, la rapina: dalla pianta alla tavola, le cifre del rincaro
L'Italia è il secondo produttore mondiale di kiwi dopo la Nuova Zelanda. Una situazione che fino a tempi recenti ha permesso ai nostri produttori di sfruttare le differenze temporali della fruttificazione. Trovandosi i due Paesi in emisferi opposti, i nostri kiwi iniziano a maturare quando la stagione neozelandese è alla fine. Ma dobbiamo fare i conti con i prodotti greci, commercializzati a prezzi inferiori ai nostri. E il caro energia aggrava ulteriormente una congiuntura già difficile di suo. Di recente i produttori mantovani lamentavano le offerte ricevute dagli intermediari a valori che non coprono neppure i costi di produzione. «Fino all'anno scorso vendevo a una cooperativa di Cuneo», spiega al Corriere Ortofrutticolo Paolo Garonzi, produttore con 5 ettari di kiwi a polpa verde a Roverbella, «mentre oggi, a circa due-tre settimane dall'avvio della campagna di raccolta, nessuno si è fatto vivo per ritirare la merce». Il timore dei coltivatori è questo, che nessuno acquisti la loro produzione in tempi utili a gestire il raccolto.
Con il rischio che i frutti marciscano sull'albero, com' è accaduto negli ultimi anni per le nettarine, le pesche e alcune varietà di mele. «Stimiamo spese vive per almeno 50 centesimi al chilogrammo, quando i prezzi che sentiamo offrire in giro si collocano sui 20-30 centesimi garantiti, cioè al di sotto dei costi di produzione», concludeva Garonzi.
LA FORBICE SI ALLARGA
Il tema non è nuovo, ma rischia di diventare lo spartiacque fra sopravvivenza e chiusura per molti produttori. La forbice fra costi sostenuti e prezzi all'origine si stringe, mentre si allarga quella fra i valori corrisposti dai grossisti ai coltivatori e quelli dei cartellini che si trovano sui banconi della grande distribuzione. A fronte dei 30 centesimi offerti ad alcuni frutticoltori, i kiwi origine Italia non si pagano al supermercato meno di 2 euro al chilogrammo. Con un ricarico del 567%. Non è una novità, ma è bene segnalarlo.
Alla fine di novembre il portale Italiafruit.net - vera e propria bibbia del settore - ha pubblicato un'analisi molto interessante condotta dal Monitor Ortofrutta di Agroter, da cui risulta che «da gennaio ad ottobre i volumi» di kiwi «acquistati dagli italiani nel canale della distribuzione moderna sono in calo del 6% rispetto allo stesso periodo del 2021. E nonostante una inflazione galoppante anche le vendite a valore sono in riduzione: -2%». Si vendono meno kiwi e i prezzi calano.
Male prospettive non sono tutte negative. Come dimostra la situazione nel distretto di Latina, il più importante a livello nazionale. «La produzione del kiwi è una vera eccellenza dell'Agro Pontino, nonostante abbia di recente risentito degli eventi climatici avversi che hanno influito sul ciclo biologico del kiwi con una flessione nella produzione del 15-20% rispetto alla precedente raccolta», spiega a Libero l'Osservatorio della direzione Agribusiness di Intesa San Paolo, che nel Lazio segue circa 5000 aziende clienti. «La campagna commerciale iniziata a novembre risente, rispetto agli anni passati, soprattutto della concorrenza del kiwi greco prodotto a costi più contenuti che va a ridurre i prezzi offerti ai produttori italiani.
C'è poi da tener presente che l'aumento del costo dell'energia elettrica, necessaria per il funzionamento delle celle frigorifere, spinge gli acquirenti a non sbilanciarsi troppo sui prezzi di acquisto dei kiwi, offrendo così acconti più contenuti rispetto al passato e rimandando la corresponsione di un prezzo migliore a fine campagna, in occasione del pagamento del saldo sul prodotto conferito». Fra l'altro, aggiunge l'Osservatorio Agribusiness, «il kiwi è una coltura vitale e preziosa per gli operatori della zona: nuove varietà - sia verde, che gialla e rossa - vengono messe a dimora. La notizia che Zespri, il maggiore operatore mondiale del settore e detentore dei brevetti di alcune piante, abbia deciso di bloccare la concessione di nuove quote di produzione nell'emisfero settentrionale lascia intravedere una certa stabilità nelle quotazioni dei frutti a polpa gialla».