Le differenze del virus
Covid, come distinguere la variante Delta dalla Omicron: ecco tutti i sintomi
Un virus che corre veloce, ma che ha un minore impatto sul piano dei sintomi. Questo è, secondo i rilievi medici delle settimane in corso, il profilo della variante Omicron rispetto alla Delta. La variante sudafricana ha un incubazione di circa 3 giorni (uno in più della Delta), da lì in poi chi ha contratto il virus o manifesta i primi malanni oppure è asintomatico ma comunque in grado di contagiare. La trasmissibilità, appunto, è il lato più preoccupante, perché in Omicron è di circa 5 volte maggiore rispetto alla variante Delta, e questo significa che la variante sudafricana, comparsa in Italia alle porte dell'inverno, sta soppiantando quella che invece ha tenuto banco per gran parte dell'anno. Tra i medici c'è anche chi confida ciò possa accadere. «C'è quasi da augurarsi che la variante Omicron sostituisca la Delta», ha detto ieri il direttore della clinica malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova Matteo Bassetti. «Tutti i dati provenienti dai Paesi che hanno una prevalenza della variante Omicron vicina al 90%, come il Sud Africa, l'Inghilterra, la Scozia o gli Stati Uniti, ci dicono che Omicron è un nemico più affrontabile rispetto alla Delta. La situazione non è di emergenza perché oggi fronteggiamo un'infezione che fortunatamente nelle persone vaccinate è molto diversa a prima».
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DIFFICILE PREVEDERE - Il punto dolente dunque è nella rapidità di contagio e il relativo impatto sulla quotidianità degli italiani. «I numeri assoluti», ha osservato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, «sono molto elevati e preoccupano». Ha poi osservato: «Difficile, se non impossibile, fare previsioni su possibili picchi, proprio per l'estrema contagiosità di Omicron». La notizia meno cattiva (dire buona, in questi casi, sarebbe alquanto azzardato), riguarda invece i sintomi. A differenza della Delta, la Omicron in base alle prime rilevazioni difficilmente interessa i polmoni. Può accadere sì, ma comunque in misura di gran lunga minore rispetto alle forme di Covid fin qui circolate. Omicron, infatti, coinvolge le alte vie respiratorie, per poi scendere sino ai bronchi. Tradotto in sintomi, troviamo un raffreddore un po' più pesante del solito, accompagnato da dolori muscolari. La febbre si manifesta, ma non è altissima (sempre che, è bene ribadirlo, il virus non abbia coinvolto i polmoni). Il tutto dovrebbe durare una settimana-dieci giorni circa. Rispetto alla Delta, poi, pare non riguardi Omicron la perdita temporanea di gusto e olfatto. Quanto ai vaccini, è chiaro che quelli attualmente in distribuzione non sono calibrati su questo tipo di variante, ma una serie di studi e dichiarazioni pubbliche di scienziati, di cui Libero ha dato ampio conto, propende per una buona quota di protezione proveniente dal booster. Cui si aggiunge, ieri, quanto affermato da Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, in un'intervista al Corriere della Sera. «Secondo i primi studi», ha affermato, «due dosi di vaccino a mRna proteggono dalla malattia severa, ma non dall'infezione sintomatica. Con la terza dose il livello di anticorpi neutralizzanti aumenta in modo rivelante (con Pfizer 25 volte). Un vaccinato con tre dosi può contagiarsi, ma di solito forme lievi: non possiamo però completamente escludere il rischio di un aggravamento».
OK DI AIFA ALLE PILLOLE - Ancora ieri, la Cnn ha dato conto peraltro di una ricerca pubblicata dal South African Medical Reserach Council, secondo la quale il richiamo del vaccino Johnson&Johnson (che come molti ricorderanno era a dose unica, quindi si tratta della seconda iniezione), previene il ricovero per l'85% dei contagiati. Fino a due mesi di distanza dalla seconda dose. Questo studio risulta utile perché il vaccino in questione è molto distribuito in Africa, ed in particolare agli operatori sanitari. Nel frattempo, arriva una novità sulle "armi" a disposizione nel nostro Paese. L'Aifa, agenzia italiana del farmaco, ha dato l'ok a due antivirali, molnupiravir e remdesivir per il trattamento dei contagiati Covid non ricoverati in ospedale, che presentino sintomi da malattia lieve.
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