Cosa non sappiamo
DiMartedì, il Nobel Luc Montagnier: "Sui vaccini un rischio inaccettabile, stanno proliferando i tumori"
"Rischiamo di avere effetti assolutamente imprevedibili, per esempio dei tumori". Il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, biologo e virologo francese luminare nella lotta all'Aids, in una intervista a France Soir si schiera apertamente contro l'accettazione acritica dei vaccini contro il Coronavirus. Parole pesantissime che sono già diventate virali nel circuito dei no vax in America e in Europa.
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A DiMartedì su La7 Giovanni Floris manda in onda uno stralcio di quella intervista: "Avvelenare è una parola molto forte - precisa Montagnier a proposito della campagna vaccinale -, ma non possiamo accettare il rischio per i bambini, i ragazzi e le generazioni attuali. Anche gli anziani come me, che spariscano a causa del vaccino. Il vaccino è una soluzione, ma non la sola, ci sono trattamenti e terapie che possono avere effetti contro questa infezione".
Montagnier ne fa soprattutto un problema di "metodo": "Il vaccino è un progetto a lungo termine e stanno chiedendo alle persone di accettarne l'utilizzo immediato". Il punto, spiega, è che ancora non possiamo sapere quali saranno le conseguenze sull'organismo umano tra qualche anno, essendo stato di fatto "miniaturizzato" il tempo di sperimentazione dei vaccini per ottenere un siero il più velocemente possibile.
"Rischiamo di avere effetti assolutamente imprevedibili - accusa Montagnier -, ad esempio i tumori che continuano a proliferare. Questo è il pericolo quando si gioca all'apprendista stregone". Frasi che hanno fatto sobbalzare la comunità scientifica mondiale. "Il virus si combatte con la vaccinazione e magari nei prossimi anni diventerà un banale raffreddore", sottolinea il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri. E la biologa Barbara Gallavotti, autrice di Superquark, precisa: "Il Premio Nobel non è una patente di infallibilità, ci sono stati Nobel che hanno detto cose non condivisibili. La cosa bella nella comunità scientifica è che anche un giovane ricercatore, con dati solidi e condivisi, può ribattere a quello che dice un Premio Nobel".