"Furto ai danni dello Stato"
Un bracconiere è stato recentemente condannato dal tribunale di Genova a quattro mesi di reclusione e duecento euro di multa per furto ai danni dello stato (con sospensione condizionale della pena). Il bracconiere era stato colto in flagrante con reti da uccellagione, fucili e volatili selvatici di cui si serviva come richiami vivi. La sentenza ha portato alla ribalta la teoria giurisprudenziale del “furto venatorio”, ancora oggi applicabile, soprattutto a carico dei bracconieri che uccidono animali protetti o in via di estinzione. Purtroppo si tratta una norma quasi dimenticata e quindi poco applicata, nonostante sia stata avanzata per la prima volta negli anni ’80 e mai abrogata. I bracconieri, infatti, possono essere condannati anche per furto ai danni dello Stato, oltre che per i reati previsti dalla normativa sulla caccia. Alla Polizia Provinciale spiegano che: «È stata applicata un'innovativa interpretazione giurisprudenziale del 2004 della Corte di Cassazione penale, in base alla quale ai cittadini privi di licenza di caccia che si appropriano illecitamente di animali selvatici (che appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato) continua ad applicarsi anche il reato di furto ai danni dello Stato, fermi restando gli altri reati venatori o in materia di armi». In realtà questa teoria giurisprudenziale ha, come si è detto, radici più antiche del 2004, ma è stata trascurata nel tempo, non avendo più trovato forze di polizia disposte ad applicarla. Fin dal 1982, Maurizio Santoloci - oggi magistrato con qualifica di Cassazione e funzioni di GIP presso il Tribunale di Terni, e direttore dell’Ufficio Legale della LAV - fu uno dei protagonisti promotori della teoria del "furto venatorio", quando era Pretore di Sorgono in provincia di Nuoro. Infatti, all’epoca, una delle sue prime iniziative fu il contributo alla creazione della teoria della caccia abusiva come furto ai danni del patrimonio dello Stato come prassi giurisprudenziale. Dopo una serie di sentenze che propongono l'innovativo principio, Santoloci firma il primo mandato di cattura in Italia contro un bracconiere accusato di aver ucciso un raro muflone sardo. Nasce così una nuova azione della magistratura che in tutta Italia arresta i bracconieri responsabili di abbattimenti di animali protetti e incrimina chi esercitava la caccia in modo abusivo per il reato grave di furto aggravato ai danni dello Stato. Nel comunicato stampa della Lav (anche nel manuale Tutela giuridica degli animali, LAV e Diritto all'Ambiente Edizioni), il magistrato Maurizio Santoloci e l'Avv. Carla Campanaro dell’Ufficio Legale della LAV spiegano: «Riteniamo che chi abbatte animali protetti con lo scopo (elemento soggettivo - dolo) di appropriarsi dell'animale abbattuto, integra il reato di "furto venatorio" ai sensi degli artt.624 e 625 Codice Penale essendo appunto la fauna abbattuta patrimonio indisponibile dello Stato e l'autore agendo al di fuori di ogni ipotesi di possibile licenza di caccia. È dunque per puro "bracconaggio predatorio" Chi invece abbatte animali protetti con lo scopo (elemento soggettivo - dolo) non di appropriarsi degli animali stessi ma di ucciderli per atto fine a se stesso, non integra il reato di "furto venatorio" ma di "danneggiamento di fauna selvatica" ai sensi dell'art. 635/II° comma Codice Penale essendo - come sopra accennato - la fauna selvatica patrimonio indisponibile dello Stato e l'autore agendo al di fuori di ogni ipotesi di possibile licenza di caccia. E dunque per puro “bracconaggio vandalico”. Di conseguenza chi viene trovato in possesso di animali protetti morti e conservati o impagliati o comunque altro, derivanti da uccisioni illegali, risponde del reato di ricettazione ex art. 648 c.p. stante l'origine delittuosa delle spoglie come reato presupposto».