Anche i cani emigrano al Nord
Quando la dottoressa di un canile di Forlì s’è rifiutata di mettere il microchip all’ennesimo cucciolo siculo immigrato lì, gli isolani han gridato al razzismo: “Mancu li cani”. Ma la signora aveva le sue buone ragioni: i rifugi sono zeppi anche in Pianura Padana, ci mancano solo i randagi del Sud col cimurro, le pulci e la leptospirosi. La calata va fermata. Un’associazione animalista di quelle importanti, l’Enpa, ha lanciato una petizione e un deputato, Gianni Mancuso, un’interrogazione parlamentare dal titolo esplicito: “Ti deporto a fare un giro”. Si parla di animali in viaggio al Nord o all’estero. Ognuno resti a casa propria. Lotta dura all’emigrazione canina. Respingimenti al confine. Il fatto è che i randagi nei canili, al Sud, ci sono e avanzano. in Puglia 61 mila cani sono chiusi in gabbia a fronte dei 142 mila che vivono felici in famiglia (quasi uno su due), in Campania i cani accalappiati sono 81 mila contro i 223 mila domestici, mentre in Toscana sono appena 4 mila contro i 357 mila (quasi uno su 100) e in Lombardia 2600 su 413 mila (quasi uno su 200 mila). Una folla di cani senza famiglia, in Meridione, aspetta dunque il suo turno per una cuccia e un pasto caldo, meglio al Nord. Come Sissy, meticcia di Napoli che ora vive nel canile di Arzago d’Adda, Bergamo, “venuta su in cerca di fortuna e di una famiglia tutta per me”. Alcuni si spostano anche per ottocento chilometri, come i bastardini che sono stati trasferiti dentro un furgone da un canile della Puglia a uno di Reggio Emilia. A Peschiera Borromeo, provincia di Milano, sono ospitati alcuni cani di Reggio Calabria: meglio qui, al Girasole, una struttura sequestrata nel 2005 perché il proprietario usava i collari antiabbaio con la scossa, e poi riaperta, che sul mar Mediterraneo dove si sta anche in dieci per gabbia. Emma invece vive al canile di San Giuliano Milanese: il gestore, un italiano di 31 anni, è stato denunciato perché importava illegalmente cuccioli dell’Est e li svendeva per pochi euro. Ma per lei è una cuccagna: «è una dolcissima cagnolina simil Labrador di 9 anni, sui 25 Kg di peso, brava al guinzaglio», che prima viveva nel canile lager di Campobasso. Ogni notte ci sono cani che saltano nei bagagliai dei volontari-traghettatori, a quattro o cinque per macchina, e fanno su e giù per l’Italia, in cerca di un futuro migliore. Sono “staffette” carbonare e contestate: la legge prevede che i cani restino nel territorio d’origine, spostarli come pacchi non vale. Alcune associazioni lo dicono senza problemi: questo traffico loro lo fanno, con la mano sulla coscienza. L’associazione Noi Animali Onlus per esempio, «collabora con associazioni e volontari del Sud per aiutare a trovare casa ai cani che da noi sono chiusi nei canili o abbandonati per strada, sempre più spesso vittime di violenze e crudeltà. In presenza di richieste di cani di un certo tipo ed accertandone l’assenza nella loro zona, i volontari della benemerita associazione li fanno arrivare dalle regioni del Sud per darli in affido al Centro e al Nord previa richiesta che i cani vengano sverminati, spulciati e che vengano eseguiti i vari test prima della partenza, proprio per avere maggiori garanzie sulla salute dell’animale». Il viavai Sud-Nord, però, non è solo un fatto di umana pietà. Dietro restano gli affari. Cinquecento milioni di euro all’anno da spartirsi in Italia. Dal 2001 a oggi i vari governi hanno stanziato per la lotta al randagismo 30 milioni di euro. Per ogni cane accalappiato lo Stato dà 50 euro. In media tre euro al giorno per alimentare e mantenere un cane in canile, settanta euro per smaltire il cadavere quando muore. Prendiamo ad esempio ancora la Sicilia: tra il 2003 e il 2008 la regione ha ottenuto e distribuito 3 milioni di euro, finiti tutti nelle tasche delle strutture private. Ma in giro per le strade restano 70 mila cani randagi. Il nuovo decreto legge firmato il 17 luglio dal sottosegretario Martini prevede che nelle strutture di accoglienza non vivano più di duecento cani, ma in Sicilia e al Sud ogni canile ne ospita circa un migliaio, ricevendone in cambio 1,3 milioni di euro l’anno. Più cani ci sono, più finanziamenti entrano. Meno i cani vengono trattati con i crismi, più soldi restano nelle tasche dei gestori: pappa scadente e nemmeno tutti i giorni, vaccinazioni random e se muoiono è pure meglio. Tirare fuori gli animali da questo ingranaggio che li ammazza a centinaia è il pensiero fisso degli animalisti-scafisti che organizzano i viaggi della speranza: al Sud si specula sulle pulci. I canili lager, in Italia, sono 294, dice l’associazione Aidaa. Il maggior numero è concentrato in Puglia, Campania, Abruzzo, Lazio e Sicilia. Un canile è un canile, ma vivere per esempio in quello di Trinitapoli (Foggia) dev’essere davvero difficile. L’ordinanza firmata dalla Martini è bella. Ma per ora resta un sogno, di quelli un po’ingenui, come la pace nel mondo. (1-continua) di Albina Perri su Libero