In punta di diritto
Quando i suoceri diventano troppo invadenti? Come difendersi: i limiti previsti dalla legge
In un mondo sempre più frenetico e improntato alla carriera sia per l’uomo sia per la donna, il poter contare sul supporto dei suoceri costituisce spesso l’unica via per decidere di ampliare la propria famiglia o, comunque, per godere di confort e “servizi” che la coppia – da sola – non potrebbe assicurarsi. Il rapporto con i suoceri, però, non è sempre facile. Ce lo raccontano le barzellette, i film, i libri, le serie televisive. E non si tratta solo di una fantasia o di una leggenda, ma di una storia profondamente ispirata alla realtà. Per lo più il conflitto sorge tra la nuora e la suocera. Innescato, forse, dall’incontenibile competizione femminile o, forse, dal fatto che le madri dei figli maschi possono essere iperprotettive e non accettare l’ingresso di un’altra donna nella vita del “loro” bambino. Altre volte, invece, il conflitto con i suoceri nasce dalla loro profonda ingerenza nella vita e nelle scelte di coppia, di educazione dei figli/ nipoti e di gestione della casa familiare. Poi, però, ci sono anche numerose situazioni nelle quali la giovane coppia decide scientemente di servirsi dell’aiuto e del sostegno dei suoceri e, quando diventano scomodi, le parole “aiuto e sostegno” vengono illogicamente ribattezzate in “ingerenza e intromissione”. Il problema è serio e diffuso, anche perché non è possibile considerare una persona avulsa dalle sue relazioni, dal suo vissuto, dalla sua storia e dal suo contesto. È illusorio, cioè, sostenere che la formazione di una coppia - e quindi di un nuovo nucleo familiare - possa completamente prescindere dal rapporto con le rispettive famiglie d’origine. Ed è così, che i ruoli e le responsabilità del marito e della moglie si intrecciano con le ingerenze (positive o negative) dei suoceri. In caso di separazione, la giurisprudenza si è dovuta pronunciare in diverse occasioni per dirimere controversie di questo tenore. Alcune sentenze sono giunte alla conclusione estrema di fondare l’addebito della separazione proprio sull’ingerenza dei suoceri nella “nuova famiglia”. Di sostenere, in altre parole, che quel matrimonio è giunto al capolinea proprio a causa dell’indiscreta invadenza dei genitori di uno dei coniugi. Così, per esempio, è stata addebitata la separazione a un marito che non ha saputo arginare l’intromissione dei propri genitori nella vita di coppia, assumendo un comportamento del tutto inerme e disinteressato al problema. Naturalmente, perché i giudici possano arrivare a questa conclusione, è necessario che si tratti di un’invadenza particolarmente oppressiva tanto da togliere alla coppia ogni possibilità di relazione. Ecco perché, in altrettante sentenze, i giudici hanno escluso che fossero i suoceri la causa della fine del matrimonio, considerandoli, piuttosto, l’escamotage per mascherare i veri problemi di coppia. Il discrimine perché si possa parlare di addebito della separazione, infatti, è verificare se sia stata proprio quell’invadenza a causare la crisi e a rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza coniugale (e non altre motivazioni come, per esempio, un tradimento mai perdonato). Tuttavia, il limite tra uno scenario e l’altro è certamente labile e l’unico comportamento che può salvare il benessere della coppia - o comunque evitare l’addebito della separazione in caso di naufragio del matrimonio - è quello di farsi garanti, ciascuno nei confronti della propria famiglia d’origine, della serenità e dell’equilibrio del proprio nucleo familiare. di Avv. Marzia Coppola marzia.coppola@abdp.it Studio legale Bernardini de Pace