Educazione virtuale

A un anno con l'iPad: "Fa bene al cervello"

Giulio Bucchi

Fino a qualche decennio fa quando i bambini piangevano gli si dava il ciuccio, nella migliore delle ipotesi con un po’ di miele sopra. Oggi no, quando un figlio frigna mamma e papà hanno pronto l’iPhone o l’Pad e tutto passa. È l’evoluzione virtuale dell’era 2.0. Oliver ha due mesi e mezzo - come racconta il sito theverge - e un bel giorno manda il suo papà nello sconforto perché si sveglia ed è in preda a un pianto irrefrenabile. Non c’è modo di calmarlo fino a quando non estrae dalla tasca il suo iPhone, app «Comics». La saga di Wolverine è la soluzione. Come questo papà tanti genitori oggi utilizzano i dispositivi elettronici come «palliativo».  È attraverso i colori e i movimenti dello schermo che i piccoli tornano a sorridere. Ma perché? E soprattutto è giusto che i genitori «tecnologizzino» così tanto il rapporto con i loro figli? Sempre più spesso i bambini hanno il proprio profilo Facebook, quello Twitter e pure Instagram. Sono affacciati sul mondo. Navigano sulla rete meglio dei genitori e si dice - sempre nel pezzo sopra citato - che siano particolarmente ricettivi agli stimoli esterni.  Ma è giusto tutto questo? Lo abbiamo chiesto al professor Raffaele Morelli, psichiatra e psicoterapeuta, che subito si è lanciato nella strenua difesa delle mamme e dei papà moderni: «I genitori di oggi sono i migliori genitori della storia perché si pongono tante domande soprattutto in virtù del rapporto che deve (o non deve esserci) con i figli. A mio avviso di interrogativi se ne pongono anche troppi. Un bravo genitore deve essere naturale, spontaneo. Detto questo dobbiamo anche dire che i bambini hanno diritto ai loro spazi, loro adorano giocare da soli». Quando andiamo nello specifico della questione Morelli non ha dubbi: «Far giocare i piccoli con l’iPad o con l’iPhone fa bene alla loro psiche». Fanno bene quindi i genitori a lasciarli giocare da soli, «e per favore non mi fate sentire di giocare con i dispositivi a tempo, un’ora e poi basta. Non serve a niente. Lasciateli divertire».  Non è dello stesso parere il professore americano Gary Small del Samel Istutute e autore del libro iBrain. Small afferma: «Stare troppo tempo a stretto contatto con gli schermi moderni potrebbe compromettere le abilità sociali negli anni successivi». Prosegue: «Abbiamo messo dei bambini in una stanza con tanti giocattoli tra cui l’iPad e loro hanno scelto gli altri giocattoli. Potrebbero scegliere il tablet probabilmente se si trattasse di quello della mamma». È quindi una questione affettiva. Una forma di riconoscimento. È come se l’americano sostenesse che i bambini si divertono di più con altro che con la tecnologia. Il professor Morelli però ci dice altro: «I dispositivi infatti permettono lo sviluppo di facoltà cerebrali che sono rimaste inattive finora, il che è positivo». Precisa poi: «È come quando è arrivata la televisione. Ha attivato una serie di processi mentali nuovi che creano un’atmosfera tecnologica, la quale li rende particolarmente ricettivi e non c’è nulla di male». Solo un’accortezza, precisa il professore: «I genitori devono trasmettere in egual misura ai loro figli la magia delle fiabe, solo così i bambini possono conoscere il mito e la leggenda e sviluppare l’idea di sogno determinante per la loro crescita e necessaria nella vita». I codici del mondo sono ormai molto veloci e stando davanti ai dispositivi elettronici i fanciulli si allenano a leggerli. I tempi cambiano e anche i giochi insomma, ma alla tecnologia bisogna abbinare anche «c’era una volta...». di Antonella Luppoli