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Schizofrenici emarginati, ora basta con i pregiudizi

La schizofrenia è fra le malattie che hanno un impatto maggiore sulla vita della persona malata e dei familiari: è tra le prime 20 patologie per anni di vita persi a causa della disabilità

Maria Rita Montebelli
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La schizofrenia è il tema dell'evento 'Menti in movimento. Esperienze dentro la schizofrenia' promosso da Janssen Italia che ha messo a disposizione uno speciale simulatore in grado di riprodurre le allucinazioni uditive e visive tipiche di questa malattia, e di far provare in prima persona le sensazioni, lo stress e i disagi che affronta quotidianamente chi ne è affetto. Obiettivo dell'evento: lanciare un messaggio di speranza volto a combattere il pregiudizio legato alla malattia mentale. La schizofrenia colpisce almeno 245mila persone in Italia, 7 persone su mille nel mondo e ha un 'peso' umano, sociale ed economico superiore a quello di altre malattie croniche. La schizofrenia è infatti fra le malattie che hanno un impatto maggiore sulla vita della persona malata e dei familiari, collocandosi tra le prime 20 patologie per anni di vita persi a causa della disabilità. “La schizofrenia è una malattia come le altre, ma che ha un impatto notevole in termini esistenziali, sociali ed economici – afferma il professor Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Psichiatria – E causa anche rilevanti costi economici. Eppure riceve un'attenzione mediatica notevolmente minore a quella riservata ad altre patologie croniche”. Cosa dicono i numeri. Da una recente indagine svolta da O.N.Da, L'Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna, su 600 donne di età compresa fra i 25 e i 50 anni emerge che: “Più della metà del campione ha esperienza diretta o in famiglia della malattia e del disagio mentale – afferma la dottoressa Francesca Merzagora, Presidente Osservatorio O.N.Da. – Malgrado l'elevata frequenza di questi disturbi, 2 donne su 5 si sentono poco informate sulla malattia mentale anche quando ne sono coinvolte”. Le donne che si prendono cura di un malato affetto da schizofrenia denunciano inoltre l'incapacità della società di mettere a fuoco la malattia e quindi di relazionarsi con la persona malata. “Questa condizione – avverte ancora Francesca Merzagora – innesca un pericoloso circolo vizioso: il processo di emarginazione che la persona malata subisce da parte della società alimenta un processo di auto-isolamento”. La malattia esordisce spesso nell'adolescenza e nella prima età adulta, una fase critica della vita per lo sviluppo neurale e cerebrale: il periodo di maggiore insorgenza è infatti tra i 18 e i 28 anni. Alla base, vi è una vulnerabilità genetica ai fattori ambientali. Abuso precoce di cannabis e di alcol; disagio sociale; immigrazione; età paterna avanzata e altri fattori si comportano, in pratica, come “il grilletto di un'arma”. Non è escluso che tra questi fattori ambientali giochi oggi un ruolo rilevante anche la crisi economica e sociale – aggiunge il professor Filippo Bogetto, Presidente della Società Italiana di Psicopatologia -  con l'aumento dell'insicurezza e della precarietà sociale e con la messa in discussione della stessa identità personale e l'aumento della fragilità delle relazioni familiari e sentimentali”. Spesso la schizofrenia è riconosciuta e curata in ritardo: chi ne è colpito convive in media per oltre due anni con i propri disturbi senza ricevere una diagnosi precisa, pur essendo venuti a contatto con diversi medici. “Questo tempo, la cosiddetta DUP (Duration of untreated psicosi), dev'essere assolutamente ridotto, per consentire quella precocità dell'intervento farmacologico, che con la continuità del trattamento costituisce la base della moderna terapia della schizofrenia – afferma il professor Carlo Altamura Presidente Eletto della Società Italiana di Psicopatologia. Guarire si può. L'inguaribilità è forse il più dannoso dei pregiudizi che gravano sulla schizofrenia. Oggi la moderna psichiatria è potenzialmente in grado di curare efficacemente la maggioranza degli ammalati, grazie a un approccio multidimensionale integrato che si basa su tre pilastri: terapia farmacologica, psicoterapia e interventi psicosociali e riabilitativi, inclusi una terapia familiare psicoeducativa. “Nel 60% dei casi il malato migliora notevolmente e spesso raggiunge  una buona qualità di vita con apprezzabili possibilità di inserimento socio-lavorativo”, afferma il professor Emilio Sacchetti Presidente Eletto della Società Italiana di Psichiatria. “Resta in ogni caso – prosegue Sacchetti - il fatto che l'asse portante della terapia è rappresentato dall'assunzione regolare dei farmaci antipsicotici. A questo proposito è da sottolineare che, come per tutte le malattie croniche, i pazienti affetti da schizofrenia sono in oltre il 40% dei casi scarsamente aderenti al progetto terapeutico e che quindi rischiano di fruire meno del dovuto delle terapie”. Malattia con lo stigma. “La persona con schizofrenia è spesso oggetto di un vero e proprio distanziamento sociale – afferma il professor Luigi Ferrannini della Società Italiana di Psichiatria – uno stigma che si fonda su pregiudizi e paure e che verso la schizofrenia è addirittura aumentato in questi anni. La persona schizofrenica è spesso ritenuta violenta. La maggioranza degli ammalati non è violenta, anzi la malattia aumenta la probabilità di subire reati e sfruttamento. Al perpetuarsi di tale stigma, però, non sono estranei i Mass Media: nel 74% dei casi, la parola “schizofrenia” è usata nei mass media per significare imprevedibilità o doppiezza - chi non ha letto l'espressione “governo schizofrenico”? - 18% invece che una ben precisa patologia, e le persone che ne sono affette sono ritenute pericolose. 17% Al contrario, schizofrenia e violenza non sono sinonimi: la maggioranza degli ammalati non è violenta. Anzi, la malattia aumenta la probabilità di subire reati e sfruttamento. (MARIANNA MASCIANDARO)

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