ALIMENTAZIONE

Giornata mondiale del latteun’indagine sfata i 'falsi miti'

Maria Rita Montebelli

È il primo alimento concesso ai neonati, il must have di tutti i frigoriferi degli italiani e una delle più ricche fonti di calcio. Il latte non manca mai sulle tavole imbandite di cereali e biscotti al momento della colazione, è quasi il collante di un rituale che quotidianamenteriesce ad unire le famiglie nonostante gli attuali ritmi frenetici. Che sia intero o senza lattosio, il latte piace ancora molto agli italiani, ma vige una forte confusione nelle scelte alimentari. A rivelarlo è un’indagine svolta dal gruppo di Psicologia dei consumi della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell'Università Cattolica di Piacenza diretto da Guendalina Graffigna, presentata in occasione della Giornata mondiale del latte a Cremona. L’iniziativa è promossa da Idf (Federazione internazionale del latte, con il supporto della Fondazione Invernizzi, in collaborazione con la stessa Università. La survey è stata realizzata su un campione rappresentativo di 1104 persone italiane, con un focus particolare su 269 mamme con figli da 1 a 22 anni, attraverso la compilazione di un questionario scientificamente validato volto ad esplorare e misurare i comportamenti, gli atteggiamenti, le motivazioni e le informazioni che ruotano intorno al consumo di latte. È emerso che nell’ultimo mese il 31 per cento della popolazione italiana dichiara di aver consumato spesso latte vaccino fresco, nel 25 per cento dei casi dichiarano di aver bevuto latte senza lattosio e nel 20 per cento di aver consumato bevande vegetali alternative. Il latte vaccino viene percepito come salutare e gustoso, mentre l’imprescindibilità di consumo appare essere una ‘zona d’ombra’, soprattutto in riferimento all’età adulta (maggiori di 22 anni). Tra questi consumatori, l’89 per cento ritiene le scelte alimentari un modo per sentirsi responsabili della propria vita e nel 74 per cento si ritengono efficaci nell’affrontare i problemi della quotidianità. Va comunque segnalato che il parere della scienza è ancora estremamente importante quando si parla di corretta alimentazione. Il 63 per cento degli intervistati considera il medico e il nutrizionista punti di riferimento essenziali per le scelte in questo ambito, rispetto al consumo di latte vaccino Uht. “È fondamentale fare chiarezza sui falsi miti che accompagnano il latte e i suoi derivati, partendo da presupposti scientifici chiari e confermati dalle ricerche – spiega Lorenzo Morelli, professore ordinario di Biologia dei microrganismi e direttore del dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza - Oggi, purtroppo, a fronte di evidenze molto precise sull’utilità del consumo di latte nell’ambito di un’alimentazione mediterranea come fonte di proteine  e minerali (a partire dal calcio) a basso costo, si assiste in alcuni casi ad un inspiegabile demonizzazione di questo alimento. Il tutto mentre secondo la Fao più di 750 milioni di persone nel mondo sono impiegate nella produzione del latte, che nel 2018 ha raggiunto 843 milioni di tonnellate, crescendo del 2,2 per cento rispetto al 2017”. “Latte e prodotti lattiero caseari sono una fonte privilegiata di calcio non solo per la notevole quantità̀ che ne forniscono, ma anche per la sua elevata biodisponibilità̀ che, facilitata da lattosio, caseina e fosforo, è tra le più̀ alte. Per questo le linee guida e le raccomandazioni ne promuovono il consumo - spiega Andrea Ghiselli, dirigente di Ricerca del Centro di ricerca-alimenti e nutrizione e presidente della Società italiana di scienze dell’alimentazione - Il latte bovino contiene, infatti, in media, 120 mg di calcio per cento. Un quinto di questo calcio è legato alla caseina come colloide organico insolubile e il rimanente 80 per cento è in forma minerale. Di quest’ultimo il 45 per cento sotto forma di fosfato tricalcico, anch’esso in forma colloidale e il 35 per cento solubile. Il calcio legato alla caseina, sia organico che minerale, è rapidamente rilasciato nelle fasi digestive ed è di elevata biodisponibilità̀, contrariamente alla quasi sempre scarsa, e comunque inferiore, biodisponibilità̀ del calcio vegetale che risente dell’azione inibitoria di vari composti. Il calcio dei latticini può̀ essere assorbito (se pur in parte) anche senza l’intervento della vitamina D, ma per effetto del lattosio che ne aumenta l’assorbimento passivo. Questo può̀ essere un meccanismo estremamente importante in un Paese con alta prevalenza di ipovitaminosi D come il nostro. I prodotti lattiero caseari contengono inoltre una grande varietà̀ di nutrienti, tra i quali il fosforo, essenziale per la deposizione del calcio nell’osso”. “L’intolleranza al lattosio, che non va confusa con l’allergia, va dimostrata con test specifici e scientificamente validati – fa sapere Ghiselli - Il malassorbimento di lattosio è una condizione abbastanza diffusa nella popolazione adulta, ma che quasi mai necessita della eliminazione del latte. La stragrande maggioranza dei mal assorbenti lattosio, può consumare una bella tazza di latte senza sintomatologia. La restante minoranza, invece di rinunciare, può consumare due porzioni a distanza di tempo l’una dall’altra. Ci sono poi altri modi: la prima norma è consumare regolarmente piccole quantità̀ di lattosio: in questo modo si ‘adatta’ la flora batterica del colon che impara a digerirlo, permettendo il consumo di quantità̀ maggiori. Il consumo di yogurt, inoltre, apporta quantitativi ridotti di lattosio e fornisce anche l’enzima lattasi che aiuta nella digestione. I formaggi stagionati sono a contenuto quasi nullo di lattosio. Consumare latte insieme ad altri alimenti, come in Italia facciamo per la prima colazione, rallenta lievemente il transito intestinale facilitando la digestione del lattosio. Solo nelle forme più gravi si può ricorrere al latte delattosato, il cosiddetto latte HD, che si può̀ acquistare nei punti vendita oppure si può̀ ottenere in casa tramite l'uso di lattasi da sciogliere nel latte. Addirittura si può assumere lattasi poco prima del consumo di latte e lasciare a lei il compito delladigestione. Insomma non ci sono ragioni valide per eliminare i prodotti lattiero-caseari dalla dieta, la cui rinunciapuò comportare gravi svantaggi nutrizionali, primo fra tutti, ma non unico, non permettere un adeguato apporto di calcio e quindi un rischioper osteoporosi e fratture secondarie”. Quali sono, dunque, i falsi miti, secondo gli esperti? 1) Abbiamo calcio a sufficienza. Falso. I livelli di assunzione di riferimento per il calcio nella popolazione adulta sono di 1.000 mg al giorno e 1.300 mg per gli adolescenti. In Italia l’apporto medio di calcio nella popolazione adulta è ben al di sotto dei livelli raccomandati: 799 e 730 mg rispettivamente per adulti maschi e femmine e 892-770 mg per adolescenti maschi e femmine. Questi valori dimostrano un’insufficiente copertura dei fabbisogni di calcio, che risulta inferiore all’80% nell’adulto e addirittura al 60% nelle adolescenti, gruppo particolarmente a rischio di osteoporosi con l’aumentare dell’età. 2) Il latte offre troppe proteine. Falso. Il latte è un alimento dal contenuto proteico certamente apprezzabile, ma non particolarmente alto, come altre fonti, dalla carne ai legumi. Una tazza di latte, infatti, apporta poco più̀ di 8 grammi di proteine (3,3 g per cento), che rappresentano circa il 10 per cento se non meno del fabbisogno proteico 'minimo' di un adulto e non possono certamente essere accusate come responsabili di dieta iperproteica. Molti altri alimenti, anche di origine vegetale (legumi, frutta secca in guscio), apportano quantità̀ superiori di proteine, anche se di qualità̀ inferiore e dal costo calorico superiore. 3) Con l’età cala la capacità di assorbimento del lattosio. Vero, ma non troppo.  L’adulto perde leggermente la capacità di digerire il lattosio e, mentre fino a sei mesi assume latte per 20-30 per cento del proprio peso (circa 15 grammi di lattosio per chilo di peso corporeo) in età adulta riesce a sopportare bene una tazza di latte perché sarebbero 200 mg di lattosio per chilo di peso. 4) Il latte è specie-specifico… per tutta la vita. Falso. Serve per fare crescere un bambino o un vitello o un gatto o una zebra finché sarà l’unico nutrimento. In questo caso deve coprire il fabbisogno di acqua, vitamine, energia, minerali ecc tipici di ogni specie. Quando il mammifero è svezzato non può (anzi non deve) consumare un solo alimento perché non ci sarà più nessun alimento che da solo è in grado di coprire il fabbisogno e allora prenderà l’acqua per i liquidi, la carne per le proteine, la mela per la fibra e le vitamine. Da questo periodo in poi il latte è un alimento come tutti gli altri. (ANNA CAPASSO)