IMMUNOTERAPIE

Car-t: le prospettive del suo usograzie alla 'Road-Map' regionale

Maria Rita Montebelli

Un grande capitolo di innovazione si è aperto recentemente con l'introduzione delle CAR-T nel trattamento dei tumori liquidi. Questo percorso di cura è in grado di restituire al sistema immunitario, la sua naturale capacità di riconoscere ed eliminare le cellule tumorali. Questo avverrà però attraverso un processo estremamente complesso da innestare nel Ssn che, fra l’altro, richiederà un sistema di accreditamento dei centri con un’organizzazione precisa e standardizzata. A questo scopo Motore Sanità, con il patrocinio di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e di Rete Ematologica Veneta e con il contributo incondizionato di Novartis, ha dato vita alla Road Map CAR-T. Una serie di convegni regionali che si prefiggono l'obiettivo di creare un ponte comunicativo tra mondo sanitario, esponenti politici e stakeholder responsabili, per mettere i diversi Ssr dello Stivale in condizione di assumere le migliori decisioni operative che rendano il sistema efficace e sostenibile, garantendo un rapido accesso ai pazienti indicati, fornendo così ad una buona parte di loro una aspettativa di vita molto diversa, impensabile fino solo a qualche anno fa. La prima tappa della Road Map è stata il Veneto che il 28 maggio si è resa protagonista nell'evento ‘Road Map Car-t prospettive attuali e future dell’uso delle car-t in Italia’.  "La terapia con Chimeric Antigen Receptor T-Cells (CAR-T) si sta imponendo come l’ultima grande frontiera dell’immunoterapia ed in particolare delle terapie cellulari – afferma Gianpietro Semenzato, direttore UO Ematologia Azienda ospedaliera universitaria di Padova, coordinatore tecnico-scientifico della Rete Ematologica Veneta – Nuove terapie ma anche nuove sfide organizzative: la somministrazione di queste terapie implica infatti nuovi approcci gestionali che richiedono una gestione attenta e strutturata attraverso team multidisciplinari formati ad hoc e molto ben organizzati. Non ultima per importanza – conclude – valutare attentamente la sostenibilità dei costi che deve andare di pari passo con la garanzia dell’accesso rapido a tutti i pazienti candidabili". Una terapia altamente innovativa e complessa, ma che nel solo Veneto potrebbe dare una speranza di vita a diversi pazienti ogni anno. "I linfomi diffusi a grandi cellule B – spiega Carlo Visco, professore Dipartimento di Ematologia, Università di Verona – sono le più frequenti forme di linfoma non Hodgkin aggressivo dell’adulto. In Italia ogni anno sono diagnosticati circa 16.000nuovi casi di linfoma di cui quelli diffusi a grandi cellule B hanno un’incidenza pari a circa 4,8 casi per 100.000 (dati AIOM). Per alcuni di questi (circa 600-700) non rispondenti alle precedenti terapie, Car-T offre invece ora una nuova prospettiva di cura potenzialmente risolutiva in circa il 40% di essi". Ma iniziamo con ordine, quali sono le principali problematiche da affrontare a livello organizzativo per applicare con efficacia la cura CAR-T in Veneto? A questa domanda risponde Simona Bellometti, direttore sanitario Azienda Zero. "L’istituzione sanitaria si trova nel delicato e complesso ruolo di facilitatore della traduzione di progressi scientifici innovativi, creando valore per il sistema, all’interno di un quadro di sostenibilità economica ed organizzativa, coordinando funzionalmente percorsi codificati e standardizzati che debbono prevedere: la stima del fabbisogno presunto dei pazienti candidabili – spiega Bellometti - a livello nazionale si parla di 60/70 pazienti con Leucemia Linfoide Acutae 700 con linfoma diffuso e, di conseguenza il budget impact adeguato; il raggiungimento e la verifica dei requisiti specifici previsti per i centri identificati come eligibili ad erogare il trattamento; il concentramento delle tecnologie più costose e maggiormente complesse nei poli d’eccellenza; il recepimento di linee guida che ben definiscano criteri di appropriatezza e sicurezza; la strutturazione di Car-T team, altamente specializzati, che garantiscano la multidisciplinarietà della presa in carico in ogni fase del percorso". Un importante punto che i dirigenti Veneti devono affrontare è costituito dal difficile compito di individuare i centri scientifici che possano svolgere i vari processi (aferesi, manipolazione, congelamento, reinfusione, ecc.) richiesti per l'utilizzo delle CAR-T. "Numerose problematiche devono essere risolte perun uso corretto di queste terapie – sottolinea Giovanni Pavesi, direttore generale Ulss 8 Berica - come la difficile organizzazione di processi di accreditamento e la qualifica dei centri ospedalieri, come l’impegno economico per singolo trattamento unito alla valutazione attenta del bilancio costo/beneficio. Queste sono solo alcune delle sfide che il sistema sanitario regionale e nazionale dovrà vincere, per poter garantire un accesso rapido con equa disponibilità di cura ai pazienti appropriati". In Veneto però le competenze e di mezzi ci sono già, bisogna solo dargli il giusto modello organizzativo. "La rete ospedaliera veneta, nei suoi centri 'hub' di ematologia e medicina trasfusionale –prosegue Pavesi -ha le competenze tecniche e l’esperienza professionale adeguata per poter applicare un processo terapeutico concettualmente così innovativo. Ai medici vanno affiancate le Direzioni strategiche aziendali –conclude l'esperto - e regionali, nel reperire fondi, prospettive gestionali, soluzioni organizzative a favore dei pazienti ematologici". Dal paradigma per l'individuazione dei centri da accreditare non si possono escludere le aziende farmaceutiche, come sottolineato da Marco Ruggeri, UOC Ematologia, Aulss 8 Berica:"È necessaria l’individuazione, da parte delle Regione, di centri di eccellenza in campo trapiantologico, accreditati e certificati da organismi di controllo internazionale. I centri devono poi essere qualificati, attraverso percorsi di addestramento svolti in partnership con le industrie farmaceutiche. Devono essere implementati ‘CAR-T team’ dedicati –prosegue l'esperto - formati da medici trapiantologi, trasfusionisti, neurologi, rianimatori, ematologi esperti in neoplasie, per la selezione dei pazienti, per garantire processi aferetici efficienti, per supportare un adeguato monitoraggio degli eventuali effetti collaterali post-infusivi ed il follow-up". “Novartis – dice Luigi Boano, general manager Novartis Oncologia – intende continuare ad impegnarsi a collaborare con le Autorità Regolatorie, le Istituzioni nazionali e regionali, la Comunità Scientifica e le Associazioni Pazienti, con l’obiettivo di favorire il dialogo attorno ai progressi scientifici e di garantirne l’accesso in Italia, fornendo così una speranza di cura ai pazienti”. Sarà necessario quindi un approccio multidisciplinare a 360° che comprenda anche i farmacisti ospedalieri. “È necessario che (la terapia con CAR-T) si inserisca in una rete consolidata di assistenza più complessiva del paziente onco-ematologico –sottolinea Francesca Venturini, direttore Uoc Farmacia AOU Padova -quale quella presente in Veneto. Fondamentale anche, il percorso organizzativo gestionale della cura stessa, che prevede una stretta sinergia fra la farmacia ospedaliera e il centro clinico di trattamento”. Nel corso dell'evento sono intervenute anche le associazioni, che hanno proposto la loro ricetta per risolvere i problemi che ostacolano l'utilizzo delle CAR-T. "Bisogna – afferma Silvia Cavallarin di Cittadinanzattiva Veneto – utilizzare interamente ed in ogni regione i Fondi a disposizione, che rappresentano una opportunità importante di risorse assegnate per rendere l’innovazione sostenibile. Migliorare l’organizzazione dei servizi, individuare il Centro solo sulla base delle competenze, non basta; bisogna, quindi, assicurare l’adeguamento in termini di personale e dotazioni, per far fronte alle esigenze dei cittadini malati di una così grave patologia. Così come ridurre i tempi 'morti' e 'inutili', semplificare –conclude Cavallarin - l’attuale assetto burocratico, evitando duplicazioni di funzioni e di 'passaggi' che non fanno altro che appesantire l’attività quotidiana dei professionisti sanitari ed incidere negativamente sulle tempistiche di accesso alle terapie salvavita da parte dei cittadini". “Motore Sanità - dice il direttore Scientifico Claudio Zanon -  intende implementare attraverso questa tipologia di eventi, una partnership trasparente pubblico-privato che comprenda un dibattito costruttivo, sugli aspetti clinici ed organizzativi, affrontata attraverso una comunicazione corretta ed in linea con le evidenze scientifiche”. (ANNA CAPASSO)