SICUREZZA IN OSPEDALE

“Infezioni chirurgiche: documentoimportante per i medici e pazienti”

Maria Rita Montebelli

Quanto è importante un 'Documento di consenso' sulle infezioni chirurgiche (SSI, Surgical Site Infection) nella sua professione di ogni giorno? È sicuramente un documento molto importante per noi chirurghi, ma soprattutto per il paziente. Considerando che i pazienti candidati ad intervento chirurgico oggi stanno diventando sempre più complessi (per età, per multimorbidità, per situazioni patologiche che per vari motivi generano un ridotto stato funzionale del paziente), risulta imprescindibile delineare nel dettaglio una serie di raccomandazioni che potremmo definire ‘patient-oriented’, vale a dire focalizzate sulla sicurezza dei pazienti e sulla prevenzione delle potenziali complicanze (in questo caso, le infezioni post-operatorie), nonché verificare che queste raccomandazioni siano applicate correttamente e senza errori. Il tutto deve avvenire mediante un approccio multiprofessionale/multidisciplinare, che preveda cioè un raccordo tra le varie professionalità e discipline (chirurghi, anestesisti, infermieri, farmacisti ospedalieri, etc.), che caratterizzano l'equipe che prende in carico il paziente in sala operatoria. Questo documento di consenso sintetizza gli aspetti più rilevanti per la prevenzione delle infezioni; tali strategie di prevenzione dovrebbero essere applicate in maniera standardizzata per qualunque intervento in sala operatoria, anche e soprattutto in alcuni ambiti - come ad esempio la chirurgia di urgenza - dove la contingenza e l’emergenza con le quali si deve intervenire possono rendere più ardua la applicazione di tali raccomandazioni (ad esempio, come ovvio, per quanto riguarda la preparazione del paziente all’intervento; questo non vale per le fasi successive, dove sarà più semplice attenersi strettamente e in maniera scrupolosa a tutte le procedure anti-infettive). Quali sono gli aspetti principali su cui si focalizza il 'Documento'? Seguendo le indicazioni dell’OMS e dei Centri del Controllo e Prevenzione delle Malattie di Atlanta (CdC), il documento si articola sostanzialmente in 3 parti: il momento pre-operatorio e la preparazione del paziente all’intervento; l’intervento stesso; e infine la gestione del paziente nella fase post-operatoria. Dal nostro punto di vista questo aspetto ‘sequenziale’ su cui si fondano le azioni di prevenzione è un ulteriore punto di originalità del documento che vuole delineare poche ma importanti raccomandazioni facili da memorizzare, da applicare e soprattutto da verificare. Il documento vuole essere un vero e proprio strumento educazionale per i professionisti sanitari, poiché si configura come un 'elenco operativo' anti infezioni, ovverouna check list procedurale, che dovrebbe essere non solo conosciuta dagli operatori, ma anche presente fisicamente in tutte le sale operatorie. Nel documento si parla anche di due raccomandazioni particolarmente importanti per prevenire le SSI come l’antisepsi cutanea del sito chirurgico e la tricotomia preoperatoria. Ci può spiegare quanto questi aspetti sono importanti per la sicurezza dei pazienti? Il documento individua nell’antisepsi cutanea e nella tricotomia preoperatoria due raccomandazioni che hanno assunto particolare rilevanza soprattutto nell’ultimo decennio, proprio con l’obiettivo di limitare il più possibile il numero delle infezioni del sito chirurgico. È infatti noto che la cute del paziente è una delle principali fonti di patogeni responsabili dello sviluppo di infezioni. Per questo motivo i recenti aggiornamenti delle Linee Guida internazionali, riprese nel nostro documento, sottolineano l’importanza della pratica di antisepsi cutanea mediante utilizzo routinario della clorexidina al 2% in alcool, in soluzione sterile (tanto è vero che questi prodotti sono registrati come farmaci), e ovviamente in applicatori sterili monouso, al fine di ridurre il più possibile il rischio di presenza batterica sulla cute del paziente prima dell’incisione chirurgica; altrettanto importante è limitare la tricotomia allo stretto indispensabile e comunque praticarla mediante utilizzo di clipper elettrici e non mediante rasoi tradizionali. Chi sono i destinatari di queste ‘raccomandazioni’? Quali sono a suo avviso le figure che dovrebbero essere coinvolte (se ancora non lo sono) in questo ‘cambiamento’ di processo? Tutte le figure professionali presenti in ambiente ospedaliero che vengono in contatto con il paziente dovrebbero conoscere e mettere in atto queste raccomandazioni. E non mi riferisco soltanto al personale medico, infermieristico e ausiliario presente in sala operatoria, ma anche agli amministratori e manager degli ospedali, poiché sappiamo bene che le SSI comportano un notevole impatto clinico e un aumento di mortalità, morbosità e disabilità a lungo termine, il che si traduce in pesanti conseguenze sociali ed economiche per la singola azienda ospedaliera (e per l’intero Sistema Salute). Questo cambiamento riguarda quindi in primis il chirurgo e - a seguire - tutti gli operatori sanitari che, con vari livelli di responsabilità, sono direttamente coinvolti nel mantenimento in attività e sicurezza di un centro chirurgico. Cosa si deve fare affinché negli ospedali le linee guida del Documento vengano concretamente applicate? È necessario diffondere in modo appropriato tali raccomandazioni e verificare che siano in grado di stimolare un reale cambiamento dei comportamenti. Affinché ciò avvenga in maniera efficace, sarebbe opportuno seguire una metodologia validata come il modello di cambiamento definito dalle 4 E (Engage, Educate, Execute, Evaluate), che si traduce in azioni volte a ridefinire i processi di lavoro, garantire specifiche strategie di comunicazione, favorire la formazione e la cooperazione di tutti i professionisti sanitari in un team multidisciplinare, assicurare opportune infrastrutture e dotazioni tecnologiche e monitorare gli esiti mediante programmi di sorveglianza. Tali azioni contribuiscono tutte insieme ad aumentare l’efficacia di tutte le misure preventive, migliorando e garantendo la sicurezza del paziente. In Italia attualmente esistono delle check list relative alla prevenzione del rischio operatorio, volute e diffuse dal Ministero della Salute, che però trattano di rischio operatorio in senso lato (es. allergie, reazioni alle trasfusioni, ecc.). Non esiste ancora una check list strutturata e specifica per la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico. Il nostro obiettivo è persuadere gli operatori ad applicare concretamente anche in Italia queste raccomandazioni diffuse a livello mondiale e già in essere in molti paesi europei. Consapevoli delle difficoltà oggettive riguardanti la fase applicativa, sicuramente la più complicata e strutturata, ci proponiamo con questo documento di spianare la strada per l’implementazione di queste raccomandazioni sia dal punto di vista logistico che dal punto di vista organizzativo. (EUGENIA SERMONTI)