NUOVI TRATTAMENTI FARMACOLOGICI

Aflibercept: presentati nuovi dati per diminuire le somministrazioni

Maria Rita Montebelli

Se non trattata, la degenerazione maculare senile (Amd) è una delle cause principali di cecità acquisita. Se ne distinguono due tipi, secca o umida. La forma umida della Amd è la forma maggioritaria ed è la causa principale di cecità fra le persone con età superiore a 65 anni negli Usa e in Europa. È caratterizzata dalla crescita di nuovi vasi sanguigni sotto la retina che causano fuoriuscite di sangue e fluido. La colpa è del fattore di crescita vascolare endoteliale (Vegf), una proteina presente per natura nell’organismo: in un corpo sano, il suo ruolo consiste nello stimolare la formazione di nuovi vasi sanguigni per supportare la crescita di tessuti e organi, tuttavia, questo fattore è associato anche allo sviluppo anomalo di nuovi vasi sanguigni nell’occhio, che presentano un’eccessiva permeabilità che causa edemi. Queste perdite provocano la distorsione e disfunzione della retina, creando punti ciechi nella visione centrale e possono determinare anche cecità nei pazienti affetti dalla patologia. Fortunatamente esiste un trattamento per contrastare la Amd: si tratta di aflibercept, iniezione intraoculare. Bayer, azienda che ha sviluppato il farmaco, ha nei giorni scorsi presentato all’Agenzia europea per i medicinali (Ema) nuovi dati per aggiornare le attuali informazioni di prodotto. Gli studi recenti, infatti, dimostrano la possibilità di un’estensione dell’intervallo di dosaggio nel primo anno di trattamento. Se approvata, questa opzione terapeutica alternativa consentirebbe ai medici di prolungare l’intervallo fra un’iniezione e l’altra, fino a 12 settimane e oltre, a seconda della necessità del singolo paziente nel primo anno di trattamento. Attualmente, le informazioni di prodotto su aflibercept, in pazienti con deficit visivo dovuto alla forma umida della degenerazione maculare senile raccomandano uno schema di trattamento bimestrale per il primo anno, dopo tre dosi mensili iniziali. La proposta di modifica avanzata da Bayer si basa sui dati provenienti dallo studio clinico di fase IV Altair che hanno dimostrato come, alla fine del primo anno, per circa il 60 per cento dei pazienti trattati con aflibercept  era possibile  programmare l’iniezione successiva dopo 12 settimane o più, con un grande sollievo da parte di quest’ultimi. (MATILDE SCUDERI)