PREVENZIONE DEL DUEMILA
Al lavoro per le nuove carte del 'rischio cardiovascolare'
La necessità di aggiornare le carte del rischio cardiovascolare, che da sempre hanno rappresentato un mezzo fondamentale di valutazione, emerge dai forti limiti riscontrati rispetto all’evolversi della popolazione e della stessa epidemiologia del rischio cardiovascolare e dei relativi metodi di prevenzione. “Le carte del rischio cardiovascolare sono state prodotte ormai molti anni fa quando il profilo del rischio nella popolazione mondiale e in quella italiana era sostanzialmente diverso da quello attuale - spiega Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) - Questi strumenti sono stati estremamente utili: le carte sono state utilizzate innanzitutto dai medici per individuare il rischio nei singoli individui all’interno della popolazione, ma anche per stimolare la cultura del rischio cardiovascolare e per favorire un corretto impiego delle risorse e dei farmaci per la prevenzione cardiovascolare. Naturalmente con il passare del tempo sono invecchiate anche loro: non possiamo dire che siano superate, ma sono sicuramente da rivedere”. Il congresso ‘L’evoluzione della prevenzione cardiovascolare nel nuovo millennio: adeguamento degli strumenti per la valutazione del rischio’, organizzato a Roma presso l’Istituto superiore di sanità ha rappresentato l’occasione per un confronto sulle tematiche più significative. “Più che un congresso è stata una grande consultazione fra addetti ai lavori – prosegue Cricelli – Ci siamo fatti carico di riunire la comunità scientifica del Paese per discutere di questi temi. Si è trattato di mettere insieme le competenze specifiche di tutti i protagonisti, quindi non solo i medici di medicina generale, ma anche gli specialisti cardiologi, gli specialisti dell’ipertensione, gli specialisti dell’aterosclerosi, gli specialisti del distretto vascolare”. Francesco Lapi, direttore di Health search della Simg evidenzia i limiti principali in seno alle carte del rischio: “il primo è che sono incentrate sul rischio ischemico, escludendo di conseguenza condizioni quali la fibrillazione atriale e lo scompenso cardiaco. Una seconda limitazione è che fanno essenzialmente riferimento alla popolazione italiana degli anni novanta.” Oggi la popolazione presenta differenze sostanziali rispetto al passato, differenze che non sono contemplate dalle carte nella loro forma attuale. "Inoltre - aggiunge Lapi - escludono una serie di fattori di rischio la cui importanza è già stata dimostrata in letteratura. Le carte del rischio attuali hanno pochi parametri che si combinano in base a un modello di stima del rischio caratterizzato da un certo grado di complessità statistica, ma escludono altri parametri altrettanto importanti e questo, data l’odierna presenza di software per alcuni setting specifici, che possono dare automaticamente una stima del rischio, rappresenta una limitazione”. Fra i parametri non valutati vi sono l’iperuricemia, la familiarità cardiovascolare, la durata della malattia diabetica, i livelli dell’emoglobina glicata e le sue variazioni, la variabilità dell’ipertrigliceridemia e l’uso degli antipsicotici. La modifica e l’aggiornamento delle carte si dimostrano quindi fondamentale anche al fine di una ottimizzazione nell’ambito della prevenzione cardiovascolare, basata a sua volta su aspetti specifici. “Un primo punto nell’evoluzione della prevenzione è relativo all’importanza di estendere nella popolazione la valutazione della classe di rischio cardiovascolare da parte di tutte le figure coinvolte, il medico di medicina generale, che qui è tenuto a svolgere un ruolo fondamentale per l’utente apparentemente sano, e ovviamente il cardiologo che assume un ruolo da protagonista nel paziente a elevato rischio cardiovascolare, ma anche l’infermiere - spiega Andrea Di Lenarda, direttore del centro cardiovascolare dell’azienda sanitaria universitaria integrata (Asui) di Trieste e presidente dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) - Il secondo aspetto riguarda il trattamento farmacologico”. Pur potendo contare su una vasta disponibilità di farmaci efficaci, buona parte dei pazienti non è trattata in maniera adeguata, come emerso da una ricerca effettuata sulla popolazione friulana. “Dal data warehouse cardiovascolare della Regione Friuli Venezia Giulia abbiamo estratto i dati relativi a poco meno di 100 mila persone a rischio cardiovascolare molto elevato - ricorda il presidente Anmco - Ebbene, in questa popolazione di pazienti le persone in trattamento con statine sono solo il 40 per cento e la percentuale delle persone a target è del 30 per cento”. La fascia di popolazione affetta da malattie cardiovascolari si amplia sempre di più e l’insorgere delle patologie avviene in anticipo rispetto al passato. “Per una serie di ragioni, negli ultimi anni in Italia si sta osservando un anticipo della data di prima insorgenza delle patologie cardiovascolari. - dice Vincenzo Atella, ordinario della Facoltà di economia dell’Università ‘Tor Vergata’ di Roma – Se 10 anni fa la prima diagnosi veniva posta in media all’età di 58–59 anni, adesso si verifica 4-5 anni prima, a 53-54 anni. Le ragioni di questo fenomeno sono riconducibili essenzialmente al fatto che, in seguito al cambiamento delle linee guida, piuttosto che per la maggiore attenzione per questi temi, i medici diagnosticano prima il problema. Tuttavia vi sono forti indizi, anche se non delle prove certe, che questo anticipo dipenda anche da un cambiamento dello stato di salute della popolazione”. Ad incidere sulla condizione fisica della fascia di quarantenni-cinquantenni è un livello di obesità e sovrappeso superiore rispetto a quello riscontrato 10 anni fa, senza sottovalutare la crisi economica dell’ultimo decennio che questa generazione ha dovuto affrontare. “Vale la pena sottolineare che le persone in sovrappeso o obese fra i 45 e i 55 anni gravano di più sui costi del Servizio sanitario nazionale rispetto alle persone normopeso della stessa età – aggiunge l’economista – Questo si spiega con il fatto che la presenza di sovrappeso o di obesità determina un anticipo dell’insorgenza delle patologie cardiovascolari”. Una giusta attività di prevenzione può ripercuotersi in positivo sui costi, potendo contare su strumenti adeguati, partendo dalla medicina generale quale fonte principale dalla quale attingere i dati necessari per procedere all’opera di aggiornamento. “Grazie al nostro database Health search potremo provare a sviluppare delle nuove carte del rischio utilizzando i dati della medicina generale che sicuramente copre il bacino di popolazione di maggior interesse, soprattutto in termini numerici - dice Lapi - Se si riuscirà a trovare un accordo con la altre società scientifiche per capire cosa è possibile realizzare col nostro database ci sono le potenzialità per mettere a punto uno strumento nuovo che in qualche modo consentirà di superare le carte del rischio oggi in uso”. “Il vero lavoro - conclude Cricelli - quello della riscrittura delle carte del rischio, che comunque si svolgerà in continuità con le vecchie carte del rischio rispetto alle quali non c’è alcuna frattura, inizierà nel 2018 e dovrebbe durare per tutto il 2018 e il 2019”. (FEDERICA BARTOLI)