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Salute: Adi, -60% rischio diabete 2 con dieta corretta e attività fisica

Roma, 14 nov. (AdnKronos Salute) - Una corretta alimentazione e l'attivita fisica possono ridurre del 60% il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. E' il messaggio dell'Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi) in occasione della Giornata mondiale del diabete. La terapia medica nutrizionale - secondo gli esperti Adi - rappresenta uno strumento essenziale per ottenere e mantenere un compenso metabolico ottimale, per prevenire e trattare al meglio le complicanze croniche micro e macro-vascolari, per ridurre il rischio cardiovascolare, migliorare il profilo lipidico, la pressione arteriosa e il calo ponderale. "Per prevenire e curare il diabete mellito di tipo 2 sono necessari maggiori interventi sullo stile di vita - spiega Antonio Caretto, presidente Adi - Il modello di dieta mediterranea si è dimostrato in questo senso un ottimo approccio per la riduzione del peso e della glicemia. Diversi studi clinici hanno dimostrato, infatti, che la dieta mediterranea riduce l'emoglobina glicosilata, il fabbisogno di farmaci ipoglicemizzanti, oltre alla pressione arteriosa e al profilo lipidico". Le strutture sanitarie pubbliche e i vari centri diabetologici italiani non hanno però - segnala l'Adi - il personale professionale dedicato (dietologi e dietisti) necessario per far crescere l'attitudine al cambiamento dello stile di vita, soprattutto alimentare, nella persona diabetica, e poter attuare tutte le efficaci strategie dietetico-nutrizionali che sono la componente indispensabile in tutti gli approcci di terapia del diabete mellito. "E' indispensabile - avverte Caretto - che vi sia in ogni ospedale-Asl un'Unità operativa di dietetica e nutrizione clinica che assista i pazienti diabetici e supporti i centri diabetologici per fornire quell'ottimale livello assistenziale nel migliorare lo stato di salute riducendone le complicanze correlate alla malattia". "L'Oms - ricorda l'esperto - prevede che il diabete mellito possa essere nel 2030 al settimo posto tra le cause principali di mortalità, dato il progressivo aumento globale della malattia (642 milioni di pazienti nel 2040). Per questo auspichiamo che il ministero della Salute, il Governo italiano e gli assessorati regionali alla Sanità credano e investano nella risoluzione di queste criticità, a favore di un miglioramento della salute pubblica".