SPECIALE CONGRESSO EUROPEO SULLE MALATTIE RESPIRATORIE 2013
In arrivo la terapia ‘sgonfia-polmoni’
Il respiro che diventa sempre più corto e si fa a tratti sibilante, quella tosse che non ti abbandona mai, giorno dopo giorno, una morsa che si stringe sempre più intorno al torace. Sono alcuni dei sintomi che descrivono la broncopneumopatia cronica ostruttiva (o BPCO) una malattia tanto comune, quanto insidiosa e quindi alla fine mal diagnosticata o solo tardivamente. A soffrire di questa condizione, sono circa 210 milioni di persone nel mondo e gli esperti prevedono che entro il 2020, rappresenterà la terza causa di morte. Nel nostro Paese, la BPCO colpisce circa 4 milioni di persone (il 5-6% della popolazione) e causa 18 mila decessi l’anno. Ma i dati ufficiali rappresentano solo la punta dell’iceberg perché questa è una patologia largamente sotto-diagnosticata. Per capirne meglio le proporzioni, ai primi sintomi bisognerebbe rivolgersi al medico e possibilmente essere indirizzati ad uno pneumologo dove effettuare i test (la spirometria) per confermare la diagnosi. Cosa che succede di rado, perché chi soffre di questa condizione tende invece ad adeguarsi ad essa, muovendosi sempre di meno per non entrare in affanno e riducendo le attività della vita quotidiana. E ci sono anche quelli che, pur accorgendosi del problema, non vanno dal medico per paura di sentirsi dire di smettere di fumare. “L’entità dei sintomi della BPCO – spiega il professor Andrea Rossi, Direttore della Pneumologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e Presidente dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (nella foto) - dipende dallo stile di vita: se un soggetto è molto sedentario, non si accorge del problema, se non il giorno che si rompe l’ascensore. Fare una vita attiva, oltre a far bene alla salute, aiuta anche ad individuare prima i sintomi della malattia”. Ma il problema della BPCO non si limita al suo riconoscimento tardivo. “Il 60 per cento dei pazienti con BPCO di grado moderato – prosegue il professor Rossi – sono in terapia con steroidi inalatori, farmaci nati per l’asma e molto efficaci per questa condizione. Ma non per la BPCO, tranne che negli stadi più avanzati e comunque solo dopo il fallimento dei broncodilatatori”. La BPCO è infatti una malattia caratterizzata da una ‘senescenza’ accelerata delle vie aeree, non è una malattia ‘infiammatoria’ delle vie aeree, come è appunto l’asma. L’equivoco di considerare queste due forme simili dal punto di vista dei meccanismi causali, ha portato a questa confusione nella terapia, a questo abuso di cortisonici per via inalatoria nella BPCO. E questo, oltre a non portare alcun beneficio sui sintomi, può esporre i pazienti ad una serie di effetti indesiderati, quali un aumentato rischio di polmoniti, di osteoporosi e di diabete. “E’ un effetto-pigrizia da parte dei medici questo di trasporre la terapia usata per l’asma anche per la BPCO – prosegue il professor Rossi – per questo è così importante fare formazione e informazione”. Nella stragrande maggioranza dei casi la BPCO è causata dal fumo di sigaretta (solo nel 15-20% dei casi è imputabile a inquinamento ambientale o ad esposizione professionale); la malattia inizia intorno ai 45 anni, ma spesso viene diagnosticata dopo i 60 anni, quando i sintomi si fanno importanti. Le vie aeree mostrano una senescenza accelerata e i piccoli bronchi si ‘afflosciano’ intrappolando l’aria all’interno del polmone. “Per questo – spiega il professor Rossi - la terapia più efficace per questa condizione è rappresentata dai farmaci broncodilatatori che riaprendo le vie aeree, permettono all’aria intrappolata di uscire dai polmoni che vengono così letteralmente ‘sgonfiati’”. Tra i nuovi farmaci di prossimo arrivo sul mercato, grande interesse sta suscitando il QVA149, un’associazione tra due broncodilatatori (indacaterolo e glicopirronio) a diverso meccanismo d’azione (il primo è un agonista dei recettori beta-2 adrenergici a lunga durata d’azione o LABA, l’altro un antagonista muscarinico a lunga durata d’azione o LAMA) ma ad uguale durata d’azione, fatto che permette di somministrarla per via inalatoria una sola volta al giorno. “Il due farmaci – spiega il professor Rossi - sono efficaci sia a livello delle vie aeree superiori che di quelle più periferiche e il vantaggio di poter dare in mono-somministrazione giornaliera le due classi di farmaci più efficaci per il trattamento della BPCO è evidente”. Il QVA149 è stato oggetto di studio nel programma di sperimentazione clinica di fase III IGNITE (che a sua volta comprende 11 studi condotti o in fase di svolgimento in 52 Paesi per un totale di 10.000 pazienti). Il farmaco ha di recente ricevuto il parere positivo del Committee for the Human use of Medicinal Products (CHMP) dell’EMA come trattamento broncodilatatore di mantenimento per alleviare i sintomi della BPCO. (STEFANIA BELLI)