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Tubercolosi: il pericolo arriva dall'Est Europa

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I test rapidi di biologia molecolare consentono di diagnosticare la presenza della malattia in poche ore

Maria Rita Montebelli
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Ogni anno sono 400 mila i nuovi casi di tubercolosi diagnosticati in Europa e oltre 40 mila le morti attribuite a questa malattia, che sta prepotentemente tornando alla ribalta. Il problema sta diventando particolarmente grave nei Paesi dell'ex Unione Sovietica (le 4 nazioni nell'area europea con il più alto numero di casi di TBC notificati nel 2011 sono state: Kazakistan, Moldavia, Georgia e Kirghizistan), dove peraltro sono molto frequenti i ceppi resistenti alle terapie antibiotiche. “La messa a punto di una efficace vaccinazione anti-TBC – afferma il professor Francesco Blasi, presidente dell'ERS e ordinario di Malattie Respiratorie presso l'Università di Milano – potrebbe rappresentare una soluzione importante, in particolare visto il crescente numero di ceppi di micobatteri resistenti agli antibiotici. A Kiev, per fare un esempio, quasi la metà dei ceppi che vengono isolati sono resistenti agli antibiotici. Ciò significa che quando si diagnostica la tubercolosi in un paziente immigrato in Italia dai Paesi dell'Est,  va sospettata la presenza di un micobatteri resistenti alle terapie antibiotiche (MDR). E' necessario dunque avvalersi delle metodiche di diagnosi rapida – che noi abbiamo in Italia non ci sono problemi – per identificare i portatori di germi MDR, che andranno trattati in maniera diversa da quella tradizionale”. Come se non bastasse poi, nel 2006, a complicare le cose, è stata individuata una forma di tubercolosi MDR ancora più grave (detta TBC XDR, Extensively Drug Resistant), resistente anche a tutti i fluochinoloni e ad almeno uno degli antibiotici iniettivi di seconda linea (kanamicina, capreomicina, amikacina). Nell' attesa di un vaccino valido dunque l'unico approccio preventivo valido secondo l'OMS è fare di tutto per interrompere la trasmissione, attraverso una diagnosi rapida e una terapia antibiotica mirata. I nuovi test (come il GeneXpert) consentono di diagnosticare quasi in tempo reale, la presenza o meno del micobatterio della tubercolosi e l'eventuale presenza di un ceppo MDR. “I test rapidi di biologia molecolare – spiega Blasi - si effettuano con una apparecchio grande come il forno a microonde: si immette nel sistema un campione dell'espettorato del paziente e, dopo 3-6 ore si sa se in quel campione è presente il micobatterio della TBC e se è resistente all'isoniazide o alla rifampicina, i due farmaci più efficaci tra quelli tradizionalmente utilizzati nel trattamento. Se quel micobatterio si dimostra resistente ad entrambi i farmaci, allora ci si trova di fronte ad un ceppo MDR contro il quale è necessario adottare subito una terapia di seconda linea e proseguirla per almeno 2 anni. Se il micobatterio non è ‘resistente', si può utilizzare la terapia tradizionale a base di 4 farmaci per almeno 6 mesi”. I nuovi test vengono effettuati solo presso centri di riferimento (a Milano ad esempio, presso l'Istituto Villa Marelli, centro regionale di riferimento per la tubercolosi) in tutta Italia. Anche la terapia delle forme MDR andrebbe effettuata solo presso centri ad altissimo livello di specializzazione. E intanto, i risultati di uno studio su tre nuove metodiche di diagnosi rapida (MODS, HAIN line probe test e pyrosequencing) presentati all'ERS dal prof. Antonino Catanzaro dell'Università di California di San Diego suggeriscono che questi test possono individuare ancora più rapidamente i pazienti che hanno bisogno di un trattamento alternativo a quello tradizionale. “Questo è molto importante – commenta il prof. Catanzaro – perché può salvare vite e aiutare ad arrestare l'ascesa dei ceppi MDR”. L'OMS sta distribuendo, supportata dal Global Fund, degli apparecchi per la diagnosi dei ceppi MDR nei Paesi più poveri, per poter arrivare rapidamente alla diagnosi e passare subito al trattamento. Una strategia fondamentale per limitare la diffusione della malattia che, vista anche l'aumentata frequenza dei viaggi verso zone ad elevata prevalenza di questa condizione (India, Filippine, Cina, Sud Africa, ecc), rischia di diventare un problema molto serio anche per i Paesi industrializzati. Perché la TBC non conosce confini. (STEFANIA BELLI)

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