51° INTERNATIONAL LIVER CONGRESS EASL

Epatite C, arrivano da Barcellonanuovi dati su elbasvir/grazoprevir

Maria Rita Montebelli

Presentato al 51° International Liver Congress annuale dello European Association for the Study of the Liver (EASL) di Barcellona un interessante corpus di 10 studi clinici sull’epatite C, a ulteriore conferma della solidità dei dati sul profilo di efficacia, sicurezza e tollerabilità della combinazione elbasvir/grazoprevir –una terapia orale in compresse, una sola pillola al giorno, a dose fissa, costituita dalla combinazione di grazoprevir (inibitore della proteasi NS53/4A) ed elbasvir (inibitore del complesso di replicazione NS5A) – farmaco testato, negli anni, in un vasto e robusto programma di studi clinici con più di 2 mila pazienti arruolati, che evidenziano la sua idoneità a essere somministrato a una ampia popolazione di pazienti, compresi quelli più ‘fragili’ con cirrosi compensata, insufficienza renale grave, malattie ematologiche o precedenti fallimenti terapeutici. In pochi anni sono stati compiuti grandi passi avanti nella cura dell’epatite C. Sebbene la ricerca si confronti ancora con bisogni clinici non soddisfatti come l’esigenza di semplificare i regimi terapeutici e la gestione di popolazioni di pazienti complessi, ormai popolazioni di pazienti sempre più ampie hanno la possibilità di guarire dall’infezione HCV in pochi mesi. La combinazione elbasvir/grazoprevir ha raggiunto tassi di risposta virologica sostenuta  superiori al 90-95% in diversi studi clinici su differenti categorie di pazienti, come nello studio di fase III C-EDGE Head-to-Head, sull’efficacia e sicurezza di elbasvir/grazoprevir vs la combinazione sofosbuvir/peginterferone/ribavirina. «Ad oggi la combinazione grazoprevir/elbasvir ha mostrato un buon profilo di efficacia e sicurezza su un’ampia popolazione di pazienti,  compresi quelli con insufficienza renale terminale in dialisi e i cirrotici compensati in classe A di Child – afferma Savino Bruno, professore straordinario di Medicina Interna alla Humanitas University Medicine di Rozzano (Milano) – con una sola pillola al giorno, senza ribavirina, nei pazienti italiani infettati dal genotipo 1b che da noi è il più frequente.» La combinazione elbasvir/grazoprevir può rappresentare una chance terapeutica anche per i pazienti con un sistema immunitario particolarmente compromesso, molto promettente – negli studi clinici – per i pazienti difficili da trattare come quelli che assumono droghe per via iniettiva (PWID – People Who Inject Drugs) e i pazienti con co-morbilità come quelli affetti da insufficienza renale (CKD). «I pazienti che fanno uso di oppiacei sono una categoria abitualmente esclusa dai trials clinici per lo sviluppo di nuovi farmaci per la cura dell’epatite C – dichiara Gloria Taliani, professore ordinario di Malattie infettive alla Sapienza Università di Roma – nello studio C-EDGE CO-STAR sono stati trattati con grazoprevir/elbasvir circa 300 PWID, di cui il 20% aveva cirrosi: tutti hanno assunto oltre l’80% delle dosi di farmaco raccomandate e la risposta virologica sostenuta è stata del 96-100% nei soggetti con infezione da genotipo 1 e 4. Un’altra categoria di pazienti con un bisogno terapeutico per HCV non pienamente soddisfatto è rappresentata dai dializzati e dai pazienti con insufficienza renale grave; in questa tipologia di pazienti l’impiego della combinazione grazoprevir/elbasvir senza ribavirina ha consentito di raggiungere la guarigione nel 96-100% dei casi con un profilo di sicurezza che può rendere questa opzione terapeutica di grande utilità nella pratica clinica». I pazienti con malattie ematologiche infetti da HCV rappresentano un’altra classe di pazienti particolarmente fragili per i quali sussistono ancora bisogni terapeutici non soddisfatti che la combinazione grazoprevir/elbasvir può colmare. «Lo studio C-EDGE IBLD ha arruolato pazienti con emoglobinopatie congenite oppure pazienti con deficit congeniti della coagulazione; sono persone di 35-40 anni con malattia di fegato avanzata che hanno iniziato a fare trasfusioni prima del 1990 e si sono infettate con il virus HCV – spiega Antonio Craxì, Professore ordinario di Gastroenterologia all’Università di Palermo – in questi pazienti la risposta terapeutica è stata superiore al 98%. Si tratta di studi di perfezionamento che servono a dire che elbasvir/grazoprevir può rivelarsi utile anche in pazienti particolari, e confermano studi condotti in precedenza su popolazioni generali. Oggi abbiamo dati forti che ci consentono di affermare che questi farmaci possono essere utilizzati in tutte le categorie di pazienti». Un aspetto spesso critico nelle terapie con antivirali, anche nel caso dell’HCV, è quello dell’insorgenza di resistenze, che spesso causa il fallimento terapeutico; un ostacolo che in futuro potrebbe essere meno problematico grazie al profilo di efficacia dei nuovi DAAs. «Le terapie con farmaci moderni anti-HCV sono estremamente efficaci, in grado di ottenere la guarigione in oltre il 90% dei pazienti. Tale straordinario risultato è in parte attenuato, però, dal problema del fallimento alla terapia. Seppure riscontrate in percentuali molto contenute – sottolinea Carlo Federico Perno, professore di virologia all’Università di Roma Tor Vergata – le resistenze virali non solo rendono meno efficaci i farmaci già utilizzati, ma spesso rendono poco o nulla utilizzabili anche altri farmaci di seconda linea. Due le strategie per affrontare il problema, sinergiche tra loro: personalizzare il trattamento, scegliendo i farmaci realmente attivi sulla base dei test di resistenza, e utilizzare i nuovi inibitori del virus HCV, come l’associazione elbasvir/grazoprevir che ha mostrato, negli studi presentati nel recente passato e ad EASL 2016, una sostanziale efficacia anche nei confronti del virus divenuto resistente al primo trattamento». Elbasvir/grazoprevir è un punto d’arrivo, ma la ricerca già guarda al futuro, verso un regime semplificato a tre farmaci con una sola pillola al giorno, senza ribavirina, ridotta tossicità, azione pangenotipica e minore durata di trattamento. «In prospettiva ci sarà la ‘tripletta’, che garantirà un uguale risultato su tutti i genotipi virali HCV esistenti in natura – conclude Savino Bruno – gli studi C-CREST 1 e 2, condotti su 240 pazienti con vari genotipi di HCV per valutare efficacia e sicurezza della combinazione elbasvir/grazoprevir con una terza molecola, MK-3682, che affronta il virus in tre differenti siti di replicazione, hanno dimostrato che l’efficacia terapeutica raggiunta può essere piuttosto elevata, superiore al 90%, e tutti i genotipi HCV sono stati coperti. La percentuale di risposta terapeutica ottenuta appare, dai dati preliminari, migliore di qualunque combinazione DAA disponibile al momento attuale. Inoltre, la tripletta funziona con cicli di 8 settimane di cura, una durata inferiore del 30% rispetto ai regimi di DAA attualmente impiegati, e senza ribavirina».