FONDAZIONE SANTA LUCIA E UNIVERSITÀ DI ROMA TOR VERGATA

Malattia di Charcot-Marie-Tooth Italiani identificano un nuovo gene

Maria Rita Montebelli

Uno studio pubblicato su ‘Brain’ dall’équipe del professor Antonio Orlacchio dimostra che KIAA1840 – un gene-malattia anche conosciuto come ALS5 o SPG11 individuato come causa della sclerosi laterale amiotrofica ad esordio giovanile nel 2010 da un gruppo di ricercatori della Fondazione Santa Lucia e dell’Università di Roma Tor Vergata – è anche alla base di una variante della malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) autosomica recessiva, ovvero trasmessa per ereditarietà da genitori portatori sani. Oggi non esiste una cura per questa patologia, che si manifesta prima dei vent’anni e colpisce in modo invalidante il sistema nervoso periferico. I dati statistici indicano un’incidenza di un caso ogni 2.500 persone. Provoca una perdita progressiva del tono muscolare e della sensibilità degli arti inferiori, causando spesso anche deformazioni dello scheletro, in particolare un caratteristico incurvamento dei piedi. Nella fase avanzata della malattia gli stessi sintomi possono estendersi agli arti superiori. “Alcune manifestazioni cliniche della malattia – spiega il professor Antonio Orlacchio – sono molto simili a quelle riscontrate nella sclerosi laterale amiotrofica ad esordio giovanile, in cui ci eravamo già imbattuti nel 2010. In più, presentano somiglianze con particolari forme della paraplegia spastica ereditaria, un’altra malattia causata da difetti in questo stesso gene. All’inizio delle nostre ricerche, una serie d’indizi ci aveva quindi indotto a sospettare che KIAA1840 potesse avere a che fare anche con la malattia di Charcot-Marie-Tooth. I risultati dello studio hanno alla fine confermato i sospetti da cui eravamo partiti”.  Lo studio, finanziato dal Ministero della Salute e dalla Fondazione Telethon, ha coinvolto 28 famiglie con casi di Charcot-Marie-Tooth autosomica recessiva, in Italia, Brasile, Canada, Giappone, Gran Bretagna e famiglie di origine iraniana. “La scoperta del gene – precisa Orlacchio – ci aiuterà ora a comprendere i meccanismi molecolari che sviluppano la malattia e ci permetterà di diagnosticarla con maggiore precisione all’insorgere dei sintomi, pianificando gli interventi più adeguati”. (W. S.) Lo studio (ALS5/SPG11/KIAA1840 mutations cause autosomal recessive axonal Charcot–Marie–Tooth disease), coordinato dal professor Antonio Orlacchio, Responsabile del Laboratorio di Neurogenetica della Fondazione Santa Lucia di Roma e Docente di Neurologia presso il Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell’Università di Roma Tor Vergata, ha coinvolto anche le Università di San Paolo (Brasile), Toronto (Canada), Cambridge (Gran Bretagna) e Tokushima (Giappone). È stato anche sostenuto con iniziative benefiche dal Rotary Club Sanluri Medio Campidano