PRECISE INDICAZIONI DAL CONGRESSO ‘PANORAMA DIABETE’ DELLA SID

“Così sarà la ‘spending review’nell’ambulatorio del diabetologo”

Maria Rita Montebelli

No agli sprechi, si all’appropriatezza prescrittiva e clinica. Questo il mantra della Società Italiana di Diabetologia, declinato in esempi concreti anche nell’ambito del congresso ‘Panorama Diabete’, che chiude oggi i battenti a Riccione. Il budget sanitario è una coperta corta e tutti sono ormai convinti della necessità di tagliare gli sprechi. I diabetologi ne hanno fatto da epoca non sospetta un loro cavallo di battaglia e una missione.  Ma è anche giusto che ogni categoria di specialisti si interroghi in casa propria per valutare dove si annidano gli sprechi e come limitarli. Senza aspettare la scure dei tagli lineari o le imposizioni dall’alto. Una sessione del congresso ‘Panorama Diabete’ è stata appunto dedicata a come individuare gli esami inutili in ambito diabetologico e come fare ad evitarli. "I diabetologi sono determinati a fare la loro parte – sottolinea il presidente della SID Enzo Bonora – e muoversi in due direzioni: 1) rivedere il proprio comportamento nel prescrivere esami di laboratorio minimizzando le prescrizioni non giustificate dalle linee guida e dalle evidenze scientifiche che le alimentano; 2) invitare i colleghi che collaborano con loro nella cura delle persone con diabete ad adottare lo stesso comportamento. Solo con una prescrizione più oculata degli esami di laboratorio nelle persone con diabete potrebbero essere risparmiati a livello nazionale fino a 50 milioni di euro. Questo è solo un ambito di intervento. Altri interventi che potrebbero immediatamente conseguire un risparmio di decine di milioni di euro riguardano la tecnica di iniezione dell'insulina con prevenzione delle lipodistrofie e la riduzione della dose test di insulina da espellere dall'iniettore a penna prima dell'iniezione”.   Troppi esami? Il problema della richiesta eccessiva degli esami diagnostici investe in generale tutta la popolazione italiana e riguarda tanto gli esami di laboratorio, che quelli strumentali. Ma tra la popolazione diabetica c’è una prescrizione di esami di laboratorio decisamente superiore a quella della popolazione non diabetica: Il 47% delle prestazioni ambulatoriali delle persone con diabete sono costituite da esami di laboratorio. E questo è comprensibile vista la complessità della malattia e anche perché alcuni esami di laboratorio sono essenziali per il buon controllo del diabete. “La spesa degli esami di laboratorio – spiega il dottor Roberto Miccoli, membro del Consiglio Direttivo SID e ricercatore presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa – sebbene rappresenti appena il 7-10% della spesa totale della malattia diabetica (circa 800 milioni di euro su un totale di 10 miliardi di euro l’anno), deve essere vista anche in funzione dei costi aggiuntivi che si vengono a determinare, quali quelli derivanti dagli interventi sanitari (ulteriori esami di laboratorio, indagini di imaging, ricoveri) generati dagli stessi esami di laboratorio. Ma l’inappropriatezza prescrittiva può essere non solo per eccesso ma anche per difetto: tutta una serie di esami di laboratorio non vengono utilizzati al meglio e con la frequenza prevista. Ad esempio una persona con diabete su 4 non esegue neppure un dosaggio dell’emoglobina glicata l’anno, mentre questo esame andrebbe ripetuto almeno due volte l’anno. Per contro, in un paziente su 5, questo esame viene richiesto troppo di frequente rispetto a quanto raccomandato dalle linee guida. E’ necessario dunque migliorare l’appropriatezza prescrittiva sia per quanto riguarda le prescrizioni in eccesso, che quelle in difetto. La funzionalità epatica. Altri esempi di eccessi prescrittivi riguardano gli indici di funzionalità epatica (transaminasi, gamma GT), che nelle persone con diabete vengono richieste due volte più di frequente che nella popolazione generale. Tra i parametri che dovrebbero essere misurati nel paziente con diabete, perché utili per prevenire le complicanze croniche, ci sono i test di funzionalità renale. Anche qui si pone un problema di appropriatezza, infatti nel 30% dei pazienti non si richiede la creatininemia, esame indispensabile per la stima del filtrato renale; al contrario, nel 25% dei pazienti viene richiesta l’azotemia, del tutto inutile a questo riguardo. Dimezzando il numero di pazienti ai quali viene richiesto questo esame, si potrebbe incrementare del 10% il numero dei pazienti nei quali richiedere correttamente la creatinine mia, senza costi aggiuntivi. Un discorso a parte merita il dosaggio della vitamina D, richiesta molto spesso in maniera inutile nelle persone con diabete. Un uso più appropriato di questo esame potrebbe portare a risparmi notevoli: dimezzarne la richiesta, porterebbe ad un risparmio di circa 2 milioni di euro. “Tra le soluzioni possibili – conclude Miccoli –  riteniamo che un controllo della richiesta degli esami di laboratorio su base clinica (demand management) potrebbe essere più vantaggioso delle semplici misure restrittive, cioè dei tagli lineari. Fondamentale inoltre sarebbe promuovere un’alleanza tra medici e pazienti per un uso più appropriato delle prestazioni sanitarie potrebbe avere importanti ricadute anche in diabetologia”. Gli esami strumentali. Un altro ambito di possibile risparmio riguarda gli esami strumentali per lo screening delle complicanze del diabete. “Per risparmiare sugli esami strumentali – afferma Laura Sciacca, professore associato di Endocrinologia dell’Università di Catania – o meglio per prescriverli in maniera appropriata, basterebbe attenersi agli Standard Italiani per la cura del diabete, le linee guida nazionali, nostro punto di riferimento. E’ necessario sensibilizzare i medici sia sulla tipologia, che sulla giusta frequenza con la quale richiedere gli esami. Se un soggetto non presenta retinopatia diabetica, l’esame del fondo dell’occhio andrà ripetuto, come stabiliscono gli Standard Italiani, ogni due anni. Non ha senso dunque richiedere di nuovo questo esame, in assenza di complicanze, già dopo un anno. Come non ha senso inviare un paziente dallo specialista oculista per effettuare un fondo dell’occhio e vederselo tornare indietro con una fluorangiografia retinica. “Da qui – sottolinea la professoressa Sciacca – scaturisce anche un forte richiamo a lavorare in team con il diabetologo, nell’interesse della persona con il diabete e dell’appropriatezza prescrittiva”. Arteriopatie e ecodoppler. Altro esempio riguarda l’arteriopatia degli arti inferiori. “Prima di chiedere un ecodoppler degli arti inferiori – afferma Laura Sciacca – bisognerebbe fare un indice di Windsor, test facilmente eseguibile in ambulatorio a costo zero e che richiede solo un apparecchio per misurare la pressione e un fonendoscopio. Se questo è negativo non ha senso richiedere un ecodoppler e ci si può limitare a ripetere l’indice di Windsor a distanza di qualche anno. Le linee guida italiane prevedono di effettuare l’ecodoppler arterioso solo in seconda battuta, dopo avere seguito un indice di Windsor. Ma molti non lo ricordano. Stesso discorso per l’ecodoppler delle carotidi che dovrebbe essere preceduto dalla ricerca di un soffio sulle arterie”. L’idea generale, insomma, è quella di tornare di più a fare i medici e a visitare il paziente, attenendosi scrupolosamente a quanto stabilito dagli Standard Italiani, sia come tipologia di esami da chiedere per lo screening delle complicanze del diabete, sia come frequenza di ripetizione dell’esame. “Insomma il mio è un richiamo a fare più i medici, e meno i prescrittori di esami – conclude la professoressa Sciacca – Oltre a valutare l’appropriatezza prescrittiva, sulla base di quanto stabilito dalle raccomandazioni,  va sempre valutata l’appropriatezza clinica, perché siamo sempre dei medici e dobbiamo valutare la situazione clinica”.