UNO STUDIO PUBBLICATO SU ‘THE LANCET’
Troponina I ad elevata sensibilità Test Abbott per scoprire gli infarti
Questo studio suggerisce che utilizzando determinati livelli di troponina, una proteina che a livelli sopra la norma può indicare infarti imminenti, i medici possono migliorare la cura del paziente, identificando i soggetti colpiti da attacchi di cuore senza dover svolgere ripetuti test, ed evitando procedure mediche o di ricovero non necessarie. Lo studio è stato finanziato da un fondo per progetti speciali istituito dalla British Heart Foundation ed è stato condotto dai ricercatori della University of Edinburgh. “Il dolore toracico è per i pazienti una frequente causa di accessi al pronto soccorso. Si stima che nel mondo ogni giorno numerosissimi pazienti riferisce al pronto soccorso per dolore toracico. Tra questi pazienti l’incidenza di sindrome coronarica acuta incide in circa 1-2 paziente su 10. Il medico di pronto soccorso deve essere quindi in grado di individuare subito tra questi pazienti quello che ha la sindrome coronarica acuta in modo che possa trattarlo immediatamente perché nell’infarto miocardico una diagnosi immediata porta ad un trattamento immediato con importanti vantaggi per la vita del paziente - dichiara Salvatore Di Somma, professore di Medicina d’Urgenza Università ‘la Sapienza’ di Roma e direttore Unità Operativa Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso dell’Ospedale S. Andrea - A tale scopo l’uso del biomarcatore troponina è di grande aiuto clinico perché se positiva diagnostica l’infarto. Negli altri 8-9/10 casi dove il dolore toracico in Pronto Soccorso non è invece riferibile ad un infarto miocardico acuto, finora non era possibile escludere immediatamente il rischio di sindrome coronarica acuta; questi pazienti venivano quindi trattenuti in pronto soccorso per essere sopposti ad ulteriori esami che si basavano su ripetuti elettrocardiogrammi e su prelievi di troponina”. Negli ultimi tempi sono state sviluppate delle troponina ad alta sensibilità che permettono di individuare subito i pazienti con sindrome coronarica acuta in corso per inviarli al trattamento più adeguato. Lo studio pubblicato su ‘The Lancet’ ha indagato una nuova troponina di tipo I (Troponina I ad elevata sensibilità) dimostrando che, se all’arrivo al pronto soccorso del paziente con dolore toracico questa troponina è negativa e con un valore molto basso, il paziente può essere mandato a casa evitando così il ricovero e la necessità di ripetuti esami seriali di questo biomarcatore. Tutto ciò ha indubbi vantaggi sul paziente stesso e sui costi relativi all’eccessivo tempo di permanenza del paziente stesso in attesa di una diagnosi definitiva” conclude Di Somma. “Lo studio conferma come il passaggio a metodi ad elevata sensibilità per la troponina migliorano notevolmente il valore predditivo negativo nella diagnostica dell’infarto – dichiara Mario Plebani, professore di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica, Università di Padova e Direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedaliera Università di Padova – L’utilizzo della soglia di troponina, infatti, permette di escludere la presenza di infarto nei pazienti che si presentano al pronto soccorso con dolore cardiaco. Quello che emerge con chiarezza da questo studio sono essenzialmente due risultati: il primo ci dice che la soglia di troponina selezionata permette di escludere eventuali casi di infarto a distanza di un anno; il secondo ci dice invece che, con il livello di troponina selezionato e che può essere raggiunto solo con una metodica ad elevata sensibilità, si esclude nel 99,6% dei casi la necessità di ricovero di questi pazienti. Questo ci permette di duplicare il numero dei pazienti che possono essere dimessi in tempi molto rapidi e con sicurezza. La Troponina I ad elevata sensibilità ci permette, inoltre, di migliorare molto la diagnostica dell’infarto del miocardio riducendo i ricoveri inappropriati. Da questo Studio emerge infine come su 100 pazienti che si presentano al Pronto Soccorso con un dolore cardiaco sospetto solo il 16% ha in realtà un infarto del miocardio”. (PIERLUIGI MONTEBELI)