SPECIALE DIABETE CONGRESSO EUROPEO EASD/1

Il diabete ai tempi della crisi“Ecco dove si puo’ risparmiare”

Maria Rita Montebelli

Individuare e tagliare gli sprechi in sanità – e in diabetologia in particolare – è la ricetta degli esperti della Società Italiana di Diabetologia (SID) per offrire un’assistenza moderna e di alto livello alle persone con diabete che vivono in Italia. A cominciare dagli inibitori di pompa protonica, i gastroprotettori al primo posto come voce di spesa complessiva per il SSN e sicuramente non indispensabili per tutti quelli che li assumono, per finire agli esami di laboratorio, in molte circostanze prescritti con troppa superficialità e con automatismi che andrebbero eliminati. Solo per i dosaggi della vitamina D si stima che si spendano in Italia 15-20 milioni di euro l’anno, pari ad un 1/3 del tetto di spesa stabilito Agenzia Italiana del Farmaco (AIFa) per i DPP-4 inibitori. Ridurre le prescrizioni improprie di farmaci e di esami di laboratorio e strumentali significa liberare risorse per cogliere le opportunità fornite dall’innovazione e per fornire prestazioni sanitarie al passo coi tempi e complessivamente migliori. L’Italia è in recessione e anche il suo servizio sanitario, sulla carta ancora uno dei migliori del mondo, sta subendo colpi pesantissimi sotto forma di tagli di spesa o mancati investimenti. Il 'tutto a tutti' non è più garantibile da tempo e l’unica ricetta possibile per continuare ad assicurare agli italiani un’assistenza sanitaria di alto livello, ma allo stesso tempo sostenibile, sta nell’appropriatezza prescrittiva. Un termine da riempire di significati e che finalmente, dopo anni di confronti anche tesi, società scientifiche dell’area diabetologica, Ministero della Salute e dall’AIFa stanno cominciando ad interpretare con una visione comune. Gli esempi più recenti, dopo la stesura congiunta del Piano Nazionale Diabete, sono i riconoscimenti ricevuti per i recentissimi Standard Italiani per la cura del diabete, le interazioni per definire un algoritmo terapeutico condiviso,,la revisione dei criteri prescrittivi delle terapie basate sulle incretine, che riammette alla rimborsabilità l’associazione dei DPP4 inibitori con insuline basali. Le incretine. Lo scorso mese di luglio la SID, insieme all’Associazione Medici Diabetologi (AMD), ha inviato all’AIFa una lettera contenente ulteriori riflessioni in merito alle attuali norme sulla rimborsabilità delle incretine. "Fra l’altro, facevamo presente che, nella maggior parte dei casi, l’alternativa all’associazione incretina+insulina basale è la terapia insulinica basal-bolus – racconta il professor Enzo Bonora, presidente della SID – e che tale complessa strategia terapeutica, sommando il prezzo di rimborso del farmaco al prezzo di rimborso dei dispositivi (strisce per il monitoraggio glicemico, lancette e aghi), costa in media 600 euro in più all’anno per paziente, rispetto all’associazione insulina basale+inibitore DPP-4 e circa 200 euro in più all’anno, se confrontata con l’associazione insulina basale+agonista recettoriale GLP-1. Questo significa in pratica che, ogni 1000 pazienti trattati con inibitore DPP-4+insulina basale invece che insulina basal-bolus si risparmiano 600 mila euro all’anno e ogni 1000 pazienti trattati con agonista recettoriale GLP-1+insulina basale, anziché insulina basal-bolus, si risparmiano 200 mila euro. Queste nostre considerazioni economiche, accanto ad altre di natura squisitamente clinica sono state parzialmente recepite; speriamo in futuro di avere accolte anche le altre nostre richieste di modifica delle norme di rimborsabilità”. Il dosaggio della vitamina D. Resta il fatto che, soprattutto per far spazio al nuovo, è necessario sgombrare il campo da costi inutili e dunque analizzare attentamente tutte le voci di spesa per separare cosa è strettamente necessario da cosa configuri una spesa di dubbia utilità o probabilmente inutile. E per trovare spese di dubbia utilità non bisogna andare troppo lontano. Prendiamo l’esempio degli esami di laboratorio e fra questi il dosaggio della vitamina D. "E’ un fenomeno potremmo dire 'di moda' – aggiunge Bonora – nell’arco degli ultimi anni nel mondo si sono moltiplicati gli studi sull’associazione tra carenza di vitamina D, malattie cardio-vascolari, tumori e diabete. Si tratta per ora di studi osservazionali mentre mancano ancora le prove (gli studi sono ancora in corso) di benefici derivanti della supplementazione di vitamina D". Ora, mentre vengono seguiti con attenzione i risultati di questi studi "ai quali anche noi contribuiamo (vedi uno dei lavori presentati all’EASD) – sottolinea il presidente della SID – riteniamo che in questo momento nella pratica clinica si stia facendo un ricorso inappropriato dei dosaggi di vitamina D e questo genera anche la spesa conseguente alla supplementazione con vitamina D. Si tratta di test piuttosto costosi, spesso poco riproducibili e non confrontabili fra loro che non forniscono, almeno per il momento, una guida sicura per redigere motivate e indiscutibili raccomandazioni terapeutiche da applicare nella pratica clinica quotidiana. E la spesa che questa corsa al dosaggio della vitamina D comporta non è trascurabile. Tutt’altro: solo nell’Ospedale universitario di Verona, presso il quale lavoro, si spendono ogni anno 200 mila euro per dosare la vitamina D. Una somma che riferita al Veneto consiste in non meno di 2 milioni di euro l’anno ed estrapolato all’Italia a circa 20 milioni di euro l’anno". Per mettere questa cifra in una prospettiva concreta, basti pensare che la spesa per questi dosaggi in moltissimi casi di dubbia utilità ammonta ad un terzo del tetto di spesa, fissato dall’AIFa, per le incretine orali. Liberare risorse, evitando una spesa inutile, potrebbe consentire cioè a tante persone con diabete, e non solo a queste, l’accesso a terapie innovative, attualmente limitato. Le analisi di laboratorio. Quello della vitamina D non è naturalmente l’unico esempio di spesa inutile nel capitolo ‘analisi di laboratorio’. La lista è lunga e altri esempi – alcuni dei quali riguardano da vicino l’area del diabete anche se spesso sono prescritti da non diabetologi – sono rappresentati dai dosaggi di insulina, peptide C, lipoproteina(a) [Lp(a)], omocisteina, fibrinogeno, proteina C reattiva (PCR). Tutti esami costosi che andrebbero richiesti in casi limitati dallo specialista in contesti specifici e con motivazioni cliniche mirate ma che vengono invece prescritti spesso, con un grande spreco di soldi, visto che non aggiungono nulla all’inquadramento clinico o alle scelte terapeutiche. Un documento della SID. Partendo da queste riflessioni, la SID ha intenzione di redigere un documento per richiamare l’attenzione sugli esami di laboratorio inappropriati e spesso inutili per risparmiare e per liberare risorse per potere accedere in misura maggiore all’innovazione legata ai farmaci o ai dispositivi (es. microinfusori, monitor glicemici, glucometri, ecc.). Questo per offrire alle persone con diabete cure sempre al passo con i tempi e quell’assistenza specialistica che, prevista dal Piano Nazionale Diabete, viene talora messa in discussione ritenendola non più sostenibile. Da notare a questo proposito che un accesso al centro diabetologico ha un costo reale medio di circa 30 € (la tariffa è più bassa, meno di 20 euro), una somma che equivale alla spesa per un dosaggio di vitamina D e di PCR. Dovendo eliminare qualcosa, cosa conviene tagliare? "Con questo non vogliamo certo dire che i controlli di laboratorio siano tutti inutili e da tagliare – chiarisce il professor Giorgio Sesti, presidente eletto della SID – Tutt’altro! L’appello, anche in questo caso è all’appropriatezza. Anche perché, a fronte di sprechi certi e documentabili, ci sono anche molte ‘inadempienze’. Può essere inappropriato sia il prescrivere che il non prescrivere. Molto spesso le persone con diabete sono sottoposte a monitoraggio inadeguato di esami essenziali, quali l’emoglobina glicata, la creatinina, il profilo lipidico, la microalbuminuria". Secondo gli ultimi dati del rapporto Arno Veneto, relativi all’anno 2012, solo il 70 percento dei diabetici misura l’emoglobina glicata almeno una volta all'anno (inadempienza) ma ben il 76 percento misura la glicemia in laboratorio (spreco se si dosa l’emoglobina glicata e, come spesso accade si misurano le glicemie a casa con il glucometro); solo il 62 percento misura la creatinina (inadempienza), ma il 25 percento misura l’azoto ureico (spreco). Solo il 65 percento misura il colesterolo (inadempienza), ma ben il 39 percento misura il sodio (spreco). Solo il 32 percento infine misura la microalbuminuria (inadempienza), ma ben il 69 percento fa l’emocromo (spreco). "In un contesto di risorse limitate è dunque necessario razionalizzare le prescrizioni di esami di laboratorio e strumentali – continua Giorgio Sesti – puntando all’irrinunciabile (essenziale) e all’appropriatezza, in linea con quanto indicato da linee guida e percorsi di cura, ed eliminando l’inutile e l’incerto. Solo così sarà possibile garantire la sostenibilità e liberare risorse per l’innovazione di provata efficacia e di maggiore sicurezza quali i nuovi farmaci contro il diabete, più sicuri e maneggevoli, oltre che spesso più efficaci dei vecchi”. Farmaci come gli inibitori di DPP-4 (l’ultimo arrivato nella famiglia è alogliptin), gli inibitori di SGLT2 come dapagliflozin (per ora in fascia C) e gli imminenti empagliflozin e canagliflozin, i nuovi agonisti dei recettori GLP-1 come dulaglutide e albiglutide che si affiancheranno a quelli disponibili da qualche tempo, nuove insuline come degludec, glargine U-300, biosimilare di glargina e lispro pegilata. “Servono risorse – conclude Bonora – per garantire alle persone con diabete queste opportunità e i diabetologi devono contribuire a reperirle. Ovviamente il sistema dovrà essere sempre più consapevole della severità della malattia e dei bisogni delle persone con diabete”.