Italiani in affanno

Sono già 7 milioni gli italiani affetti da asma, enfisema, bronchite cronica; a questi se ne aggiungono ogni anno altri 300 mila
di Maria Rita Montebellimercoledì 16 gennaio 2013
Italiani in affanno
5' di lettura

E’ un esercito il numero degli italiani che rimane senza fiato a causa della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)* e dell’asma**: 7 milioni di persone, alle quali ogni anno se ne aggiungono altre 300mila. Eppure secondo un sondaggio Doxa, solo un italiano su due sa cos’è l’asma e appena uno su dieci sa cosa si cela dietro la sigla BPCO. Ma anche i diretti interessati, quelli che soffrono di queste malattie respiratorie croniche, non sembrano aver compreso bene la loro patologia, né come si cura: uno su tre ritiene infatti che gli spray utilizzati per erogare i farmaci anti-BPCO e anti-asmatici siano terapie non adeguate, blande o addirittura non efficaci. Col risultato che 2,3 milioni di questo esercito di ‘affannati’ non usano proprio i farmaci in versione ‘spray’ e altri 2,7 milioni li usano a singhiozzo, in pratica solo come terapia d’emergenza. Eppure la maniera migliore per curare queste malattie respiratorie – ricordano gli esperti – è proprio quello di andarle a combattere sul loro campo, nel modo più mirato possibile, cioè facendo arrivare i farmaci direttamente nell’albero respiratorio. Per questo è così importante fare educazione, perché evidentemente questo messaggio non è arrivato al bersaglio, cioè ai pazienti con BPCO, asma ed enfisema, come dimostrano i risultati di un’indagine Doxa, presentata a Milano in occasione del convegno “Progetto aderenza del paziente alla terapia”. Il sondaggio, commissionato da SIAIC (Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica), AAITO (Associazione Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri) e SIMER (Società Italiana di Medicina Respiratoria) rivela che un paziente su 3 considera inefficaci e inadeguate le terapie per via inalatoria, ritenute invece dagli esperti il mezzo migliore per trattare queste patologie. E i risultati si vedono: la scarsa ‘fedeltà’ alla terapia inalatoria fa aumentare del 20% il rischio di essere ricoverati in ospedale e raddoppia la spesa sanitaria. Così ogni anno, per le malattie croniche del respiro si spendono nel nostro Paese 14 miliardi di euro (5 miliardi per l’asma e 9 miliardi per la BPCO), in pratica un punto del PIL tricolore. “Pillole e iniezioni – commenta il professor Giorgio Walter Canonica, Direttore Clinica di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università di Genova e Presidente eletto di Interasma – Global Asthma Association – sono erroneamente percepite dai pazienti come terapie più robuste ed efficaci, mentre invece è l’erogatore di farmaci inalatori lo strumento fondamentale di somministrazione delle cure per questo tipo di malattie. La scarsa utilità dell’erogatore è un preconcetto che deve essere superato perché si tratta invece di un efficace metodo di somministrazione dei farmaci che, se ben utilizzato, rappresenta il miglior sistema per controllare sintomi e malattia”. Eppure solo 1,7 milioni di pazienti (su un totale di 7 milioni) assume diligentemente le cure attraverso i device inalatori ogni giorno. Anche se poi, a ben vedere, l’80% dei pazienti li considera strumenti pratici da utilizzare e il 72% ritiene di essere in grado di utilizzarli senza fare errori. E questo grazie soprattutto alle ‘istruzioni per l’uso’ ricevute dal medico. “L’educazione – sottolinea Francesco Blasi, Ordinario di Malattie Respiratorie dell’Università Statale di Milano e Presidente della European Respiratory Society (ERS) - è uno step fondamentale nel rapporto medico-paziente: se manca, la corretta assunzione della terapia può essere gravemente pregiudicata. Grande attenzione poi all’eventuale cambio di erogatore, in particolare nei pazienti anziani; il suo corretto uso deve essere spiegato con attenzione dal medico curante e un ruolo fondamentale in questo spetta al medico di famiglia. Molto delicata è anche la questione dell’educazione all’uso di questi farmaci nei pazienti asmatici in età adolescenziale; per loro l’imbarazzo di utilizzare lo spray, magari davanti agli amici o subito prima di affrontare un’attività sportiva, può giocare brutti scherzi. E’ importante dunque dedicare tempo a questi giovani pazienti, per evitare che rimangano vittime della negazione della malattia e del rifiuto delle terapie ”. E inutile dire tuttavia che ogni terapia risulterà scarsamente efficace se non si parte con il piede giusto, cioè spegnendo la sigaretta. Il fumo è la causa del 90% dei casi di BPCO e può essere responsabile dello scatenamento di una crisi d’asma. Ma il fumo in gravidanza (o l’esposizione al fumo passivo dei bambini piccoli) espone al rischio di insorgenza d’asma. E ancora più pericoloso è il fumo di marijuana: in questo caso oltre ad inalare particelle e quanto deriva dai prodotti di combustione, si rischia di inalare anche funghi e batteri che, giunti nei polmoni, fanno il loro lavoro. Per quanto riguarda le sigarette elettroniche infine gli esperti sottolineano che non ci sono studi a prova della loro ‘innocenza’ o che comprovino una loro reale utilità nello smettere di fumare; viceversa, c’è qualche dubbio che vederle usare, possa indurre i giovani ad avvicinarsi al fumo delle sigarette. Di quelle ‘vere’. (LAURA MONTI) *BPCO: è una condizione patologica caratterizzata da 3 malattie diverse, bronchite cronica, bronchiolite e l’enfisema, che possono coesistere o essere indipendenti tra loro. A soffrirne è il 5-6% della popolazione (ma sopra i 40 anni la prevalenza sale al 10% e dopo i 65 anni al 20%). E’ caratterizzata da tosse, catarro e mancanza di respiro (quest’ultimo sintomo è un segno che la malattia sta diventando grave). Idealmente i pazienti andrebbero intercettati prima di arrivare alla mancanza di respiro, perché questo significa che la malattia è già in una fase avanzata. Il fumo di sigaretta è la causa fondamentale della BPCO, ma un ruolo importante è giocato anche dall’inquinamento indoor (ad esempio in India l’esposizione ai fumi e vapori delle cucine nelle case delle donne indiane è un’importante causa di BPCO) e da quello atmosferico. **Asma: ne soffre il 6% popolazione (ma la prevalenza è decisamente maggiore nell’adolescenza). E’ una malattia infiammatoria cronica, caratterizzata dalla difficoltà al passaggio dell’aria nelle vie aeree (soprattutto in espirazione) e con un andamento altalenante, con picchi di esacerbazione alternati a periodi in cui il paziente sta abbastanza o proprio bene. L’asma ha una base genetica (le famiglie degli asmatici hanno altri casi all’interno della stessa famiglia), ma non è determinata da un gene unico, ma multipli. L’ambiente incide molto perché la gran parte degli asmatici è allergica; solo una piccola parte dei casi d’asma non è su base allergica e qui giocano un ruolo importante l’inquinamento dell’aria, il reflusso gastro-esofageo e le infezioni. Chi ne soffre ha una iperreattività bronchiale a stimoli che normalmente risultano innocui per la popolazione generale. Il fumo di sigaretta ha un effetto negativo sull’asma, come anche il fumo passivo nei bambini. L’inquinamento non è collegato all’insorgenza dell’asma ma è una causa di riacutizzazione di asma.