PREVENZIONE DELL'ICTUS

Non c'è due...senza tre!

Maria Rita Montebelli

Si chiama fibrillazione atriale ed è un’alterazione del battito cardiaco molto comune tra gli anziani (e non solo). Qualcuno la descrive come la sensazione di battito d’ali nel petto, altri come un senso di cuore in gola, altri non si accorgono persino di averla. Ma non va mai sottovalutata. Può dare infatti tante complicanze, quali scompensare un cuore già un po’ zoppicante, ma soprattutto aumentare di almeno 5 volte il rischio di un ictus. Per questo i medici consigliano ai pazienti ‘fibrillanti’ di prendere delle medicine per rendere più fluido il sangue, i cosiddetti anticoagulanti orali; questi farmaci evitano che il sangue, ristagnando in una ‘nicchia’ dell’atrio sinistro (l’auricola sinistra), formi dei coaguli che poi possono passare in circolo e andare a chiudere un’arteria del cervello (ictus) o di qualsiasi altra parte dell’organismo. Per cinquant’anni, la prevenzione è stata affidata al warfarin, un farmaco nato come veleno per topi, ma che assunto nelle dosi giuste, ha salvato tante vite. Il suo problema è che non esiste una dose ‘universale’ per cui il paziente è costretto a sottoporsi ogni 2-3 settimane ad un esame del sangue, l’INR, che dà la misura di quanto fluido sia il sangue; su questo esame poi, il medico di volta in volta, ‘disegna’ il dosaggio di warfarin da assumere nei giorni successivi. Ma non si può mai essere certi che la dose assunta, tra un controllo e l’altro sia quella giusta, perché tante sono le variabili che fanno impennare l’INR (facendo correre al paziente il rischio di un’emorragia) o abbassare troppo (in questo modo il paziente non è più protetto dal rischio di una trombo-embolia). I cibi, tipicamente le verdure, contengono un ‘antidoto’ naturale del warfarin che ne può rendere nulla l’azione e anche una lunghissima serie di farmaci può interferire con il corretto funzionamento di questa terapia. Problemi questi superati con i nuovi anticoagulanti, che si prendono a dosaggio fisso, senza bisogno di esami del sangue ripetuti, che non mostrano interazioni col cibo e che interferiscono con pochissimi farmaci. Dopo i primi due (dabigatran e rivaroxaban), già da tempo approvati per questa indicazione, adesso arriva l’apixaban, preceduto da studi clinici molto interessanti (ARISTOTLE ed AVERROES). L’apixaban è infatti l’unico dei nuovi anticoagulanti ad aver mostrato di far meglio del vecchio warfarin in almeno tre casi. “Questa approvazione – spiega Lars Wallentin, Direttore e Professore di Cardiologia all’Uppsala Clinical Research Centre and University Hospital, Svezia - rappresenta una nuova e fondamentale opzione di trattamento per i professionisti della salute, i quali adesso dispongono di un anticoagulante orale che ha mostrato risultati superiori rispetto al warfarin nella riduzione dell’ictus, sanguinamento maggiore e morte in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare”. L’apixaban, che si assume due volte al giorno in compresse da 5 mg, è indicato per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare che presentino uno o più fattori di rischio, quali: un precedente ictus o un attacco ischemico transitorio (TIA); età pari o superiore ai 75 anni (età ≥ 75 anni); ipertensione; diabete mellito; scompenso cardiaco. (LAURA MONTI)