A Venezia torna "La rabbia"
Nel gennaio del 1963 Giovannino Guareschi lasciò la sua casa nel Mondo Piccolo, in quel di Roncole di Busseto, per trasferirsi a Roma. Ci rimase fino a marzo perché doveva lavorare alla sceneggiatura de “La rabbia”, il documentario a quattro mani, se così si può dire, con Pier Paolo Pasolini. In realtà tra i due non scorreva buon sangue, l’intellettuale paladino della sinistra non era particolarmente apprezzato dall’inventore del don Camillo per via non tanto delle sue posizioni politiche, quanto per lo stile di vita che lo contrassegnava. Non si videro, si tennero a dovuta distanza e raccontarono dal loro punto di vista il mondo che cambiava rapidamente in quegli anni. Pasolini elogiò il progressismo e si scatenò contro il capitalismo e tutto quello che riguardava la mentalità conservatrice. Guareschi fece l’opposto e mise in guardia lo spettatore dalle minacce del comunismo e dello scientismo imperante. Uno sguardo rivolto al futuro, tanto che di fronte alla decolonizzazione dell’Africa, espresse gravi dubbi sul fatto che i Paesi occidentali stessero lasciando piede alla Cina. Non a caso, oggi, i cinesi si sono lanciati alla conquista dei giacimenti di materie prime (e preziose) nel cuore del Continente nero. “La rabbia” fece parlare di sé e lo fa ancora in occasione della 65esima Mostra del cinema di Venezia. Perché al lido verrà riproposto il famoso documentario, ma solo a metà. La metà che riguarda Pasolini, di Guareschi non se ne parla, nemmeno quest’anno che si celebra il centenario della sua nascita. D’altra parte lui, Giovannino, rimane “lo scrittore che non è mai nato” (L’Unità docet) e quindi avranno pensato che non è nemmeno il caso di prenderlo in considerazione come sceneggiatore. Nemmeno quando il ministro della Cultura è Sandro Bondi, uno che ha fatto pubblica ammenda per essere stato nelle file del Pci. “Il fatto che io abbia accettato di comporre la seconda parte di un film della cui pria parte è autore PPPasolini non significa che anche io abbia aperto a sinistra. Come non significa che PPP abbia aperto a destra. L’apertura di PPP è rimasta quella che era”, scriveva Guareschi nel 1963. “La rabbia” dunque torna fra noi, restaurata, messa a puntino, ma solo per quel che riguarda Pasolini. Una brutta storia di censura che scomoda anche Alberto e Carlotta, i figli di Giovannino, che silenziosamente si occupano dei lavori del padre, promuovendo la sua conoscenza tramite il Club dei 23, che ospita il Centro studi Guareschi dove una volta c’era il ristorante del giornalista, sempre alle Roncole. Stavolta non ci stanno e chiedono le dimissioni di Giuseppe Bertolucci dal Comitato nazionale per il centenario di Giovannino Guareschi. Sotto accusa le frasi del regista riportare oggi alla Gazzetta di Parma. Scrive Bertolucci facendo riferimento alla parte tagliata del documentario: “Guareschi è un autore che ha avuto i suoi meriti. Ma qui il suo testo è insostenibile, addirittura razzista. Una delle sue cose peggiori. Gli abbiamo fatto un piacere a non recuperarlo”. Rispondo Alberto e Carlotta Guareschi a Vincenzo Bernazzoli, presidente del Comitato: “Lei capirà benissimo che non possiamo, pur rispettando l'opinione del Maestro Bertolucci, accettare che da un autorevole esponente del Comitato d'Onore per Giovannino Guareschi escano affermazioni di questo tenore, soprattutto considerando la circostanza del centenario. Così saremmo del parere che, in qualità di Presidente del Comitato d'Onore, Lei invitasse il Maestro a rassegnare le proprie dimissioni, per permetterci di non trovarci in assoluto imbarazzo a rimanere all'interno di un Comitato dove, evidentemente, c'è chi pensa che Guareschi sia tutto fuorché un autore da celebrare”.